Luigi de Magistris: «Mi candido alle Politiche, Manfredi non sindaco ma commissario»

Luigi de Magistris: «Mi candido alle Politiche, Manfredi non sindaco ma commissario»
di Luigi Roano
Giovedì 14 Aprile 2022, 00:00 - Ultimo agg. 15 Aprile, 07:10
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Allora, ex sindaco Luigi de Magistris, lei ha governato per 10 anni Napoli: nel libro che sta per arrivare in libreria cosa racconta della sua avventura?
«È un libro fotografico con 85 fotografie e 51 episodi, pillole di dieci anni di passione. Flash, aneddoti, retroscena inediti di una esperienza che a mio avviso ha restituito con la fondamentale partecipazione dei napoletani orgoglio e dignità di una città che avevo ereditato dall’emergenza rifiuti e da una classe politica non all’altezza della storia di Napoli. Non è un libro celebrativo, ma chi l’ha attraversata in questi anni si riconoscerà». 

Appesa la toga e la fascia tricolore qual è il suo futuro? Torna in politica come ha provato in passato?
«Una sola volta ci ho provato ma mai alle Politiche, era il 2018 e provammo a fare una lista per le Europee. Ma poi ha prevalso il mio amore per la città». 

E quindi ora tenta la scalata in Parlamento?
«Non ho più nessun incarico e mi posso muovere da uomo libero e per la prima volta c’è il convinto impegno di costruire una coalizione sociale, popolare e politica per candidarmi alle Politiche dell’anno prossimo». 

Una coalizione, dunque, sempre ben distante dagli schieramenti tradizionali? 
«Il quadro attuale rende agevoli le scelte: abbiamo da un lato il draghismo del “tutti insieme” che produce danni incalcolabili. Dall’altro la guerra che segna il confine con chi ci si può alleare e chi no. Noi stiamo costruendo un fronte dei non allineati al sistema. Dove non è sufficiente aggregare chi non sta nel draghismo. L’operazione è più ampia, vogliamo aggregare gli italiani che sono contro la guerra, quel 50% che non vota da anni, chi non vede la sinistra in Parlamento, i delusi dei pentastellati e i moderati radicati nei valori costituzionali». 

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L’operazione è complessa... 
«Sbaglia chi dice che siamo di estrema sinistra perché la sinistra non c’è più. Davanti a noi c’è un grande centro molto ingolfato e confuso però molto attraversato dalle forze tradizionali. Vogliamo costruire un campo del “non siamo né di destra né di sinistra”. E occupare il campo netto e chiaro della pace e dei diritti costituzionali che non può allearsi con le forze che contribuiscono alla distruzione di questi valori. La nostra coalizione si candiderà per governare, saremo una alternativa di governo».

Dove si candida a Napoli o in Calabria?
«Saremo nel Paese, vedremo con la coalizione, decideremo poi dove candidarmi. I miei punti di forza sono la Campania e la Calabria, potrei candidarmi in entrambe, la legge attuale lo consente. L’obiettivo è costruire un consenso e una forza nazionale. Altrimenti rischiamo di prendere un buon risultato e non essere sufficientemente presenti in Aula. Le candidature saranno forti, di uomini e donne affidabili, che sanno governare e sono a disposizione degli italiani. Ci sarà innovazione che non è solo questione di età, fermo restando che i giovani ci saranno». 

Cosa ha provato nel vedere Draghi consegnare un assegno a 1 miliardo e 231 milioni al sindaco Manfredi quando ai suoi tempi arrivavano solo proroghe per pagare il debito?
«Deve essere ancora più apprezzato il lavoro della mia amministrazione. Il debito ereditato, molto pesante più grande di quello che abbiamo lasciato, con i tagli e con le leggi che hanno messo in ginocchio i comuni, eppure guardiamo i turisti che affollano Napoli: abbiamo trasformato la città dei rifiuti cancellata dal turismo nella prima meta a livello di crescita turistico-culturale. A oggi l’attuale amministrazione non ha mossa una foglia, sta inaugurando opere che abbiamo programmato, finanziato e cantierato noi. I nuovi treni, l’ipogeo, piazza Municipio, le edicole digitali, la conferma di tutti i dirigenti stanno vivendo con il nostro lavoro».

Nemmeno un pizzico di invidia per Manfredi e il “Patto per Napoli”?
«È accaduto qualcosa che è al confine tra un chiaro delitto morale e politico e un fatto che rasenta l’illecito. Non ho mai visto che in campagna elettorale viene annunciato un patto tra esponenti del governo e uno dei candidati a sindaco. Non ho mai visto che una volta eletto Manfredi, parlamentari della maggioranza dichiarano che deliberatamente non sono stati dati soldi dovuti a Napoli. E Manfredi su questo ci dà ragione».

Magari la sua allergia agli schemi della politica tradizionale non l’ha aiutata o no?
«Non ho fatto un golpe, sono stato eletto due volte dalla maggioranza dei napoletani. Per me è un fatto di una gravità inaudita. Lesivo della volontà popolare. Il danno non l’hanno fatto a me, ma ai napoletani. Vengono dati denari per consentire al Comune di avere maggiore agibilità, contrariamente di quello che è stato fatto a me. Io ho sempre separato il livello istituzionale da quello politico. Loro il Patto l’hanno firmato quando non c’era più il sindaco anomalo. È una operazione verità che va fatta. Detto questo il Patto è al ribasso, doveva essere la compensazione del debito ingiusto, ne ha parlato anche Manfredi, invece si aumenteranno le tasse. Noi attiveremo tutte le forme di vigilanza democratica e controllo popolare, perché queste grosse somme che arriveranno non vengano gestite in taluni ristretti salotti di professionisti: è denaro pubblico». 

A sei mesi dall’addio a Palazzo San Giacomo sta venendo fuori che lei certe scelte su delle persone non le rifarebbe: come stanno le cose?
«Con il senno di poi è chiaro che sono state fatte delle scelte sbagliate e io sono uno che sa fare autocritica. Ma certi errori sono arrivati perché contrariamente a quanto si pensa lascio molta libertà alla mia squadra. Alessandra Clemente l’ho voluta candidata sindaco e demA l’ha votata all’unanimità. Poi lei non è stata brava a convincere, è mancata umiltà e capacità di aggregazione».

Ultima domanda: potesse dare un consiglio a Manfredi cosa gli direbbe?
«Vorrei capire qual è la sua visione di città. Tutti i sindaci si caratterizzano per degli atti dove si capisce il loro pensiero. Non posso dare consigli perché non verrebbe praticato. Posso dire che i napoletani il sindaco lo vogliono toccare, sentirlo vicino, ora a Palazzo San Giacomo ci sono i lucchetti. Manfredi è una figura diversa e rispettabile rispetto a me, Bassolino o a Valenzi che siamo molto diversi tra noi. Sembra un commissario più che un sindaco, ci vorrebbe più cuore, lui fa solo l’amministratore». 
 

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