Coronavirus a Napoli, la caposala del Covid hospital: «Noi infermieri eroi, adesso ci insultano»

Coronavirus a Napoli, la caposala del Covid hospital: «Noi infermieri eroi, adesso ci insultano»
di Ettore Mautone
Lunedì 19 Ottobre 2020, 00:00 - Ultimo agg. 14:00
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È delusa e arrabbiata Michela Belardo, caposala della Covid unit del Loreto mare, per le reazioni ingenerose e in molti casi gratuite e fuori luogo, piovutele addosso sui social a commento dell’intervista pubblicata ieri dal Mattino. Tantissimi i commenti di sostegno e di stima ma in altri casi è arrivata anche la critica, inattesa e feroce, fino a sfiorare l’offesa personale. Il virus? «Non esiste, è tutta un’invenzione. Che sia anche letale è tutto da dimostrare». E poi il complotto, gli interessi della Cina, i progetti nascosti per far fallire persone e imprese. «Questo capita quando le difficoltà di vita, le minacce alle sicurezze soverchiano le forze di elaborazione individuali e collettive – avverte Fabrizio Starace, psichiatra napoletano direttore del dipartimento di Salute mentale di Modena - mandando in corto circuito i meccanismi del pensiero logico, del ragionamento deduttivo. La rabbia covata a lungo per un virus nuovo e sconosciuto che con una pandemia ha cambiato i paradigmi sociali su cui si sono costruite le certezze delle famiglie, mettendo in ginocchio un modello di società, viene elaborata in sentimenti di rabbia e odio sociale. La realtà scomoda per essere accettata deve allora essere rimossa, perché troppo spiacevole. Una regressione». 

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«Il virus è contagioso? Allora è meglio che lo prendano tutti». E così tra un’imprecazione, un improperio, auguri di morte, inneggiando alla salvifica immunità di gregge il sottopopolo dei social si fa beffe della realtà. «La stimata collega tratteggia con competenza la realtà clinica dei malati, le paure, le attese e le speranze di tanti operatori in camice bianco, eroi della prima ora, quasi dimenticati oggi rispetto alle immutate difficoltà professionali aggiunte a private. I social così diventano l’ennesimo inqualificabile sfogatoio, emblema di uno spaccato sociale intollerante e regressivo – avverte Teresa Rea, vicepresidente dell’Ordine campano delle professioni infermieristiche - ad aprile eravamo eroi ora ci hanno dimenticato e ci insultano pure solo per aver espresso un parere.

Eppure siamo gli stessi professionisti in prima linea che rischiavano e continuano a rischiare la vita. I negazionisti sono fuori dal contatto con il reale. Noi oggi negli ospedali vediamo una pressione identica alla prima ondata. Il virus è sempre uguale, contagiosissimo e pericoloso. Se è meno letale è solo perché lo conosciamo meglio. Ma i morti ci sono, le rianimazioni sono piene e in Campania ci sono mille malati ricoverati con la polmonite. Anche come Ordine abbiamo aperto uno sportello psicologico per sostenere i colleghi e i cittadini. Chiediamo semmai di sederci ai tavoli per ragionare su come riorganizzare l’assistenza». 

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«Ognuno di noi ha problemi ma per noi la paura è doppia – aggiunge Maria, infermiera al Cotugno - l’opinione pubblica non ha percezione della realtà. Monta una sorta di psicosi collettiva che investe anche le istituzioni che scontano un calo di credibilità. La gente si aspettava che questo virus fosse archiviato e oggi frustrata dalla realtà nega, rimuove, non usa la mascherina e attribuisce a qualcosa di esterno da sé la responsabilità di quello che accade». 

«Molti - aggiunge Raffaele, caposala al Monaldi - sono arrabbiati per un virus complesso da arginare ma anche perché non tutto funziona come dovrebbe. Basta pensare ai tamponi, alle norme su isolamento e quarantena, ai tempi per i test e gli esiti. C’è chi si sente abbandonato e reagisce con rabbia. Bisogna invece rinsaldare gli strati intermedi della società e marciare nella stessa direzione per ricucire la solidarietà. Alla collega va tutto il nostro apprezzamento per il lavoro che fa e per quello che ha detto. Tutto vero: il virus è sempre uguale, forse lo individuiamo precocemente e curiamo prima per questo fa meno danni». 

 

«L’informazione all’opinione pubblica deve essere condotta in maniera corretta - conclude Franco Ascolese, neo confermato presidente dell’Ordine delle professioni sanitarie tecniche della prevenzione e riabilitazione - con i cittadini dobbiamo lavorare gomito a gomito per ricostituire un’alleanza condividendo iniziative comuni. Ci sono i medici al letto del paziente ma ci sono anche gli infermieri, i tecnici e gli operatori sanitari, tutti professionisti formati e con competenze che vanno riconosciute e valorizzate. Esprimiamo preoccupazione anche in questa fase di riorganizzazione in cui siamo mancati ai tavoli che contano per decidere come qualificare l’offerta assistenziale. I cittadini andrebbero resi anch’essi partecipi. Bisogna potenziare i servizi del territorio e inviare medici e infermieri a casa per non far sentire sole le famiglie». 

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