Napoli: Liberato in concerto al Plebiscito, sarà una Piedigrotta postmoderna

Stasera il primo dei tre show sold out, in totale quasi 70mila spettatori. Atteso un ricordo di Giogiò

Liberato in concerto al Plebiscito
Liberato in concerto al Plebiscito
di Federico Vacalebre
Sabato 16 Settembre 2023, 00:00 - Ultimo agg. 17 Settembre, 07:48
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Il dialetto di Liberato, si sa, è scontraffatto assaje, contratto, nervoso, contaminato e newpolitano come si conviene al cantante misterioso: «Sold out tt cos uagliù, tournamm’ a cas» è il messaggio social con cui ci ricorda i tre clamorosi sold in piazza del Plebiscito, da stasera a lunedì, 22.500 persone a sera, quasi 70.000 persone. Se la mascherina di Osimhen ha portato il Napoli al suo terzo scudetto, il mascheramento regala al nostro sconosciuto protagonista (sì vabbè, è Gennaro Nocerino, ormai lo sanno tutti, ma in quanti ci credono davvero?) il suo primo Plebiscito, nella piazza che è stata e resta e resterà la piazza di Pino Daniele.

Pure sul mascheramento dovremmo ragionare: volete mettere il casual del suo cappuccio al posto dei caschi da motociclista dei Daft Punk che sempre si tirano in ballo in questi casi? L’Elena Ferrante del suono urban, il Banksy postmelodico prima di Napoli ha espugnato Berlino, Parigi, Londra e Dour (in Belgio), a dimostrazione che il fenomeno nato il 14 febbraio 2017, con la pubblicazione su YouTube di «Nove maggio», non solo dura ormai da un po’, ma ha varcato i confini nazionali.

Forte, certo, della curiosità innestata dall’identità segreta, ma anche di un suono, di un linguaggio, di un immaginario che hanno precorso, e in qualche modo guidato, il boom della Napoli turistificata, gentrificata, venduta e svenduta che stiamo vivendo. 

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Se il mainstream italiano parla (anche) napoletano lo si deve (anche, forse soprattutto) a lui, oltre che a «Gomorra». Tutti gli altri, sono venuti dopo, compresi i divetti di «Mare fuori»: «Gaiola portafortuna», «Me staje appennenn’ amò», «Partenope»... hanno aperto la porta, mostrato la strada, imposto una tendenza, guidato la moda, creato un hype...

 


Così il Plebiscito Liberato stasera echeggerà di melodie, neomelodie, rap, neorap, trap, neotrap, dance, neodance... Tutto frullato come in un remix che produce emozione, consenso, curiosità, fatturato, hashtag e post a quantità. E, in qualche modo, diventa l’Araba Fenice da cui la canzone verace è rinata, forte di radici e di ali. Non è un caso che la festa stasera comincerà, verso le 19.30, con le selezioni nostalgiche del neapolitan power e dintorni dei Napoli Segreta, per continuare poi con i giovanissimi dei Thru Collected. 

 

Liberato e la sua band saliranno sul palco prima delle 22, promettendo una Piedigrotta postmoderna, da portare martedì mattina, giorno di San Gennaro, anche nel carcere di Poggioreale (mantenendo il segreto sulla sua identità). Una scelta politica, si sarebbe detto un tempo, una dimostrazione di non voler soltanto cavalcare l’onda, di (ri)conoscere il disagio di una città stritolata da un’antica grande bellezza e una moderna grande violenza.

Il successo dello show è garantito, l’ingolfo di traffico pure, vista anche la concomitanza con il «Bufala fest»: qualcuno già protesta, il Comune ha emesso una ordinanza per vietare la vendita di bevande in qualsiasi contenitore. La curiosità è forte: lo show di Liberato è costruito su una scaletta solida, ma rinnovata, lo ha promesso lui, lo ha annunciato lui, la mantiene nel più rigido top secret. Quel che è certo è che, con gli altri suoi hit glocal, vedrà in un posto d’onore «Tu t’è scurdat’ e me», versi che, a pochi metri dal luogo dell’omicidio di Giogiò, assumono un altro senso, parlano di un altro disamore. Quello della città per i suoi figli. Finora Liberato non ha mai lanciato messaggi dal palcoscenico, al massimo ha reso omaggio ai suoi miti musicali (il Lazzaro Felice) e calcistici (i campioni del Napoli). Stanotte un semplice saluto, una cosa tipo «ciao Giogiò nun ce scurderemo ‘e te» moltiplicherebbe gli applausi che pure merita.
 

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