Napoli, sbarca la nave dei migranti: 76 a bordo, c'è anche una bimba di 7 mesi

Il Comune gestisce la nuova emergenza: «Pronti ad accudire anche 24 minorenni»

I naufraghi soccorsi da Emergency
I naufraghi soccorsi da Emergency
di Luigi Roano
Lunedì 14 Agosto 2023, 07:06 - Ultimo agg. 15 Agosto, 08:45
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Sono 76 e sbarcheranno stamane al porto si tratta di migranti partiti dalla Libia ma di diverse nazionalità. Una vigilia di Ferragosto che li vedrà almeno al sicuro, non andranno a ingrossare la conta dei morti da chi fugge da terre dove la speranza di vita è molto bassa. Si tratta di 45 uomini, 7 donne e 24 minori di cui 16 non accompagnati. «Le condizioni mediche - fanno sapere da Emergency - delle persone sono buone. Abbiamo visto 3 casi di vertigini che hanno richiesto farmaci per via orale 3 casi di scabiosi con sintomi lievi».

La Life Support di Emergency sbarcherà dunque stamane alle 7 e la macchina dell’accoglienza coordinata dalla Prefettura si è messa già in moto. L’Asl Napoli 1 diretta da Ciro Verdeoliva ha messo a disposizione della Prefettura l’Hub prima accoglienza per la salute dell’Ospedale del Mare. Struttura all’avanguardia dove i migranti verranno trasferiti appena sbarcati al porto. Per poi essere smistati dalla Prefettura nei centri di accoglienza una volta stabilite le loro condizioni di salute. Pienamente in campo il Comune, l’assessore al Welfare Luca Trapanese spiega il percorso che seguiranno i migranti: «Noi - racconta l’assessore - appena dall’Ospedale del mare saranno fatti gli esami. Già nel nosocomio comunque saranno accolti da una cooperativa che lavora con il Comune che penserà a tutte le loro necessità. Poi passeranno con noi non li manderemo nei Cas ma in uno nostro Cas ce ne è uno in via Volpicelli dove potranno essere avviati in percorsi scolastici e di avviamento al lavoro».

Ad affiancare il Comune la Consulta dei migranti con la rieletta alla carica di presidente Fatou Diako. Un organismo composto da tutte le associazioni di migranti che ha sede in via Vespucci sotto l’egida dell’Uhcnr ovvero l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, l’agenzia specializzata nella gestione dei rifugiati e che fornisce loro protezione internazionale ed assistenza materiale in sinergia con le Istituzioni locali. «I ragazzi - spiega Trapanese - saranno ricollocati nelle nostre comunità daremo loro una possibilità perché possano diventare cittadini, avere un lavoro e un futuro. Napoli è stata, è e sarà sempre pronta all’accoglienza». 
I 76 naufraghi soccorsi in acque internazionali in zona Sar Maltese, sono partiti la sera di venerdì 11 agosto dalle coste libiche. «Ci è stato subito assegnato dalle autorità competenti il porto di Napoli per lo sbarco dei 76 naufraghi a bordo della Life Support - spiega Domenico Pugliese comandante della nave - la banchina che ci è stata assegnata nel porto, lunica attrezzata per lo sbarco dei naufraghi, dovrà essere liberata una volta concluse le operazioni per essere disponibile alla Capitaneria di porto. Di conseguenza a sbarco terminato la Life Support si sposterà al porto di Augusta». I 76 naufraghi soccorsi provengono principalmente da Egitto e Siria, ma anche Etiopia ed Eritrea, tutti paesi colpiti da conflitti, instabilità politica ed economica e insicurezza alimentare.
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«I naufraghi, partiti dalle coste libiche ci hanno raccontato di gravi violazioni dei diritti umani che avvengono quotidianamente nei centri di detenzione libici - racconta Mohamed Hamdi, mediatore culturale a bordo della Life Support - queste sono storie che, seppur nella loro individualità, contengono degli elementi comuni alle testimonianze raccolte durante altri soccorsi di naufraghi partiti dalla Libia. Da quello che ci viene raccontato, violenze di ogni tipo, estorsioni, rapimenti ed esecuzioni sommarie sono allordine del giorno in Libia e restano impunite». I racconti che arrivano Life Support sono da brividi: «Sono partito dallEgitto perché la vita lì è diventata insostenibile, non si trova lavoro, è tutto troppo costoso, diventa complicato anche permettersi da mangiare - racconta un ragazzo egiziano di 26 anni - a volte non riuscivo nemmeno a comprare del pane. È vivere questo?». Il racconto si fa serrato: «Sono il primogenito e i miei fratelli e sorelle più piccoli non hanno modo di procurarsi da vivere in Egitto, quindi ho deciso di partire per cercare lavoro e poter mandare dei soldi a casa. Sono stato imprigionato insieme ad altre persone egiziane, ci tenevano in una casa piccolissima tutti insieme e ci trattavano come animali. Ci picchiavano senza motivo, a volte per il gusto di farlo oppure per farsi mandare più soldi dai nostri familiari. È stato terribile. Quando ho visto la Life Support, pensavo che fossero libici e stavo per buttarmi in mare. Avrei preferito morire annegato che tornare in carcere in Libia. Ancora non riesco a credere di essere stato portato in salvo». 
 

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