Noi, i roghi e il fiato corto della politica

di Vittorio Del Tufo
Lunedì 16 Ottobre 2017, 23:10
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Tra dieci giorni i ministri Lotti e Pinotti taglieranno il nastro alla Caserma Boscariello dando avvio ai lavori per la realizzazione della Cittadella dello Sport di Miano. In una parte di quella stessa caserma dovrebbero essere trasferiti - fino al 31 dicembre - i rom provenienti dal campo di Cupa Perillo, distrutto dal rogo del 27 agosto e dichiarato «inabitabile» dall’Arpac e dall’Asl. Ma i lavori per attrezzare la mega-tendopoli procedono a rilento e facciamo una certa fatica a immaginare che i nomadi possano abbandonare la caserma nei tempi previsti, visto che devono ancora entrarci.

In altre parole: mentre il governo imprime un’accelerazione al progetto della Città dello Sport, destinato a riqualificare l’area di Napoli Nord, la soluzione d’emergenza prevista dal Comune per garantire un tetto, almeno fino a Capodanno, alle famiglie provenienti dal campo di Cupa Perillo procede con il freno tirato. È un corto circuito che dimostra in modo piuttosto eloquente quanto le politiche di integrazione dei rom siano ancora lontane da una soluzione strutturale: l’agenda resta dettata dall’emergenza e solo dall’emergenza, mentre la cronaca si incarica ogni giorno di confermare quanto sia esplosiva la situazione dei campi rom nell’intera e immensa area a Nord di Napoli, un’autentica polveriera ma soprattutto una bomba igienico-sanitaria a cielo aperto. 


Sui cittadini costretti a combattere contro le esalazioni prodotte dagli incendi si continua a scaricare un’emergenza che si trascina da anni. Tutto ciò che è temporaneo diventa definitivo, mentre tra le fiamme prospera l’economia degli stracci e delle macerie e i clan lucrano affari nell’ombra. La verità è che sulla tragedia dei rom e sul disastro dell’accoglienza, anzi della finta accoglienza, gli occhi restano chiusi come saracinesche.

È del tutto evidente che, in attesa di altre soluzioni che al momento non sembrano materializzarsi, i rom sono destinati a bivaccare alla «Boscariello» ben oltre i limiti previsti. Ma è un tema più complessivo quello che periodicamente si affaccia alla ribalta della cronaca. Vi sono intere zone della città e della provincia, già deprivate di sogni e servizi, costrette a convivere non solo e non tanto con le baraccopoli eternamente da evacuare (e mai evacuate) ma con i roghi tossici che in quelle baraccopoli continuano a divampare. Roghi di rifiuti, come quello che ha ridotto in cenere una parte del campo di Cupa Perillo lo scorso 27 agosto, ma anche roghi di camorra e incendi che consentono ad aziende e opifici fuorilegge di smaltire illegalmente gli scarti industriali. È soprattutto sui rom - in questo scenario di illegalità a tutto campo - che si registra il tramonto di molte illusioni.

Di piani «organici» per una soluzione definitiva del problema sentiamo parlare da anni, senza che passi significativi in avanti siano stati compiuti sul fronte della (vera) accoglienza, dell’integrazione delle popolazioni nomadi, della loro scolarizzazione, del loro difficile inserimento nel tessuto sociale del territorio. Non sono questioni di poco conto, perché toccano la carne viva e i nervi scoperti di tutti coloro che abitano a ridosso dei campi rom e, quando sentono parlare di «città rifugio» e di «città solidale» si chiedono se quelle parole abbiano ancora e davvero un senso. La politica si assume una responsabilità gravissima se continua a scaricare sui cittadini il costo dell’emergenza e a trasferire sulle amministrazioni (e dunque sulle generazioni) future il problema dell’accoglienza e dell’integrazione dei rom.

L’accoglienza senza integrazione - e in particolare senza scolarizzazione - soprattutto in realtà difficili e degradate ha il fiato corto e produce malessere sociale, alimentando rigurgiti di razzismo e derive di intolleranza in una città che intollerante e razzista non è mai stata.
Ecco il frutto avvelenato della politica dei rinvii e degli occhi chiusi. Ci auguriamo che la caserma Boscariello di Miano sia sufficientemente ampia da ospitare sia la Cittadella dello Sport sia i rom provenienti dal campo di Cupa Perillo. Ma ci auguriamo soprattutto che la politica si riappropri del suo ruolo di programmazione e cominci davvero a mettere ordine nella giungla, anziché limitarsi a inseguire in eterno l’emergenza.
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