Taxi a Napoli, è assalto ai turisti: i furbetti del tassametro nel suk della Ferrovia

Accordi sul prezzo, corse rifiutate e fastidio per le tariffe predeterminate

Turisti in attesa di prendere posto su un taxi al parcheggio della stazione in piazza Garibaldi,
Turisti in attesa di prendere posto su un taxi al parcheggio della stazione in piazza Garibaldi,
di Paolo Barbuto
Giovedì 17 Agosto 2023, 23:57 - Ultimo agg. 19 Agosto, 17:14
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Il mondo dei taxi nel suk della ferrovia è un universo a parte: non è più stazione ferroviaria, non è ancora Napoli, è un luogo dove non esistono regole, nel quale vince chi urla, chi si fa più furbo degli altri, chi strombazza e grida parole irripetibili, chi si fa languido per acciuffare la corsa migliore.

Una giornata trascorsa ai margini dell’area d’attesa dei taxi è un susseguirsi di colpi di scena ai quali i turisti assistono spaesati e spaventati: dove inizia la coda per salire a bordo della prima auto disponibile? Quanto si paga per raggiungere un albergo? È normale aprire una trattativa con il tassista per discutere il prezzo, prima ancora di montare in auto?

Al vertice della catena alimentare del “mondo a parte” delle auto bianche, ci sono loro, i tassisti, pronti a sbranare i viaggiatori, soprattutto a quelli più in difficoltà. La domanda standard che arriva prima ancora di far salire a bordo il passeggero è «dove devi andare?». Se la risposta corrisponde a un percorso conveniente, il cliente è ammesso nell’abitacolo con un sorriso; se la corsa è troppo breve la procedura più in voga nel “mondo a parte” dei tassisti prevede di lasciare il passeggero a terra, che se la cavi da solo per coprire quei pochi chilometri che deve percorrere. Nei giorni di presenza massiccia di polizia e vigili, come ieri, ad esempio, invece bisogna accettare qualunque richiesta, però la procedura ufficiale prevede che vengano lanciate maledizioni e parolacce a mezza voce prima di partire per la corsa poco redditizia.

 

Prima di proseguire con il racconto, però, è necessaria una puntualizzazione: nel vasto novero dei tassisti napoletani la maggioranza è composta da persone perbene e rispettose delle regole. Però come in ogni grande gruppo ci sono elementi borderline che creano difficoltà, che contribuiscono a gettare discredito sull’intera categoria.

I tassisti perbene lo sanno e chiedono, con vigore, che i controlli vengano aumentati: perché chi rispetta le regole non ha nulla da temere.

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La giornata al posteggio dei taxi di piazza Garibaldi è fatta di lunghe attese e di improvvisi sprint, dipende dall’orario d’arrivo dei treni più affollati che, in genere, sono quelli dell’alta velocità che hanno effettuato l’ultima sosta a Roma.
Nei momenti di stanca il mondo delle auto bianche torna ad essere pacifico, rilassato. Quando s’avvicina qualche raro cliente non c’è il vorticoso movimento che circonda la grande folla: il primo della fila chiede preventivamente quale sarà la destinazione, talvolta cerca di contrattare un prezzo «a tassametro spento», poi si allontana con tranquillità.

Ovviamente anche nei momenti tranquilli ci sono picchi di parossismo. Come quando si avvicinano all’auto bianca due ragazzi olandesi: quanto costa andare all’aeroporto? Ci hanno detto che è vicino... La risposta è immediata, da navigato contrattatore di tariffe: voi quanto volete pagare? I ragazzi si guardano: vanno bene dieci euro? Il tassista si fa feroce, poggia il palmo della mano sul gomito del ragazzo e lo spinge verso la vicina fermata dell’Alibus: se vuoi spendere cinque euro a testa vatti a prendere il pullman.

Ieri mattina intorno al posteggio taxi della stazione c’era una intensa presenza di controlli: polizia, vigili della sezione turistica. La recente denuncia del deputato dell’Alleanza Verdi-Sinistra, Francesco Borrelli, che ha segnalato le lunghe attese e il «respingimento» delle corse poco redditizie, ha fatto alzare l’asticella delle verifiche.
Anche se la polizia era in borghese, i tassisti hanno subito fiutato l’aria. Tutti buoni, quasi buoni...
«Chi dice che non prendiamo le corse brevi è un bugiardo - si è infervorato un tassista - a noi convengono perché così torniamo prima e facciamo altre corse». Poi è partita la consueta contestazione alle decisioni del Governo, l’attuale protesta per il set di paolo Sorrentino che blocca le strade e limita il lavoro delle auto bianche, la storica tiritera sulla necessità di avere turni più morbidi per adeguarsi alle esigenze del turismo. 
Arriva una donna. Il primo della fila dice al secondo: prendila tu. Il secondo sorride, fa salire in auto la signora. Poi si rabbuia, abbassa il finestrino e senza rispetto per la donna urla: «Chesta fa ‘na predeterminata. Va al Beverello. Tredici euro. Che bel regalo che mi hai fatto».

Con l’arrivo del successivo treno dell’Alta Velocità la giostra ricomincia a girare vorticosamente. Consuete difficoltà per i turisti dopo aver varcato la soglia della stazione: dove ci si mette in coda per prendere il taxi? I napoletani lo sanno, l’hanno imparato. Chi scopre Napoli per la prima volta, invece, non sa cosa fare. Non c’è un’indicazione precisa sul percorso da seguire per raggiungere i taxi, le auto sono tutte lì davanti, sicché la gente pensa che si possa prendere posto su quella più vicina. Scoppia il caos: «no, dovete venire qua». Urla il primo della fila al quale spetta la corsa. I turisti obbediscono. Alcuni, chissà come, comprendono che certi coni di cemento grigio, legati da catene, rappresentano il percorso da seguire per mettersi in fila. Si forma un serpente di persone. Ma salire a bordo è impresa lunga: prima c’è la contrattazione sul luogo da raggiungere, poi la difficoltà di imbarcare i bagagli, infine la sistemazione a bordo dei passeggeri. I tassisti in fila scalpitano, allora vanno dai turisti e li invitano a seguirli fino alla loro auto ancora in coda.

Qualche furbo prova a prendersi gli stranieri con le valigie che spetterebbero a un collega. Scoppia una rissa verbale. Nel frattempo gli altri tassisti in coda iniziano a strombazzare per chiedere strada. In dieci secondi si produce un girone dantesco di rumore, parolacce, portiere che sbattono e clacson che non smettono di suonare. La donna straniera in fila col passeggino guarda il marito impaurita, l’uomo comprende e porta moglie e figlio lontano da quel caos: si piazza a un metro da una coppia di agenti di polizia in divisa. Tornerà mezz’ora dopo, quando in coda non ci sarà più nessuno.

Nei momenti di maggiore intensità c’è un tassista gentile che è agli ultimi posti della fila e cerca di mettersi a disposizione delle persone. La scena è tenera e imbarazzante, l’uomo si avvicina alle persone e chiede «taxi?». Vorrebbe indirizzare i viaggiatori sul percorso corretto, ma quelli pensano che sia un abusivo che vuole agganciarli e lo allontanano in malo modo. 
In fila c’è una donna infortunata, cammina con le stampelle, è sola e ha bisogno di un taxi. Nemmeno per lei c’è pietà: per accelerare le procedure di imbarco rispetto agli altri che si attardano avanti, le viene chiesto di scavalcare la catena che delimita la coda. La donna disperata esegue, rischia di inciampare, ma esegue. E finalmente raggiunge il suo taxi.

D’improvviso nessuno si muove più. Tutti restano fermi, anche con i passeggeri a bordo: un ragazzo con una Toyota nera ha appena posteggiato, contromano, proprio sul percorso di uscita delle auto bianche, è sceso in cerca qualcuno. Un tassista lo raggiunge: vuoi toglierti da lì? Il ragazzo della Toyota nera, evidentemente, viene da un mondo più crudele di quello dei tassisti: no, non me ne vado, sta arrivando una persona. A te che ti costa aspettare? Tacciono tutti. I tassisti, i passeggeri, i clacson. 
Arriva la “persona”, la Toyota nera si allontana sgommando, i taxi ripartono. 
 

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