Rave party, sesso e riti satanici: i misteri dell'ex hotel Eremo sul Vesuvio

Rave party, sesso e riti satanici: i misteri dell'ex hotel Eremo sul Vesuvio
di Francesca Mari
Mercoledì 31 Agosto 2022, 23:58 - Ultimo agg. 2 Settembre, 07:09
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Uno scenario che sembra uscito dai romanzi di Lovecraft, tra horror e dark fantasy, sorprende i visitatori a ridosso dell’Osservatorio Vesuviano, a Ercolano, a una altitudine di 590 metri. Tra i sentieri protetti e le distese verdeggianti del Vesuvio, scavalcando un cancello fatiscente e districandosi tra rovi spinosi ed erbacce si accede in uno degli edifici abbandonati più misteriosi, spettrali e controversi del territorio. È l’ex Hotel Eremo, un albergo in stile Liberty risalente ai primi del ‘900 e in disuso dagli anni Novanta. Da quando i proprietari - l’ultimo, il commendatore Mario Paudice che l’ha lasciato agli eredi residenti tra Roma e Portici - se ne sono completamente lavati le mani. Anzi, raggiunti al telefono, hanno preferito non dichiarare nulla.


Oggi l’hotel è uno «scheletro» inquietante che conserva ancora il suo fascino e dalle cui terrazze si gode la vista del Golfo di Napoli; ma soprattutto è meta di atti vandalici, scorribande di motociclisti, sede di rave party abusivi e sesso estremo, di giri di droga, di cerimonie illegali; addirittura, da anni si vocifera di riti satanici. Inoltre, l’albergo costituisce un pericolo per l’incolumità pubblica ma, nonostante le continue ordinanze del Comune di Ercolano che intimano ai proprietari interventi di messa in sicurezza (l’ultima nel 2021), nulla è stato fatto.

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L’albergo fu edificato nel 1902 dall’imprenditore britannico John Mason Cook, nei pressi della ferrovia vesuviana da lui stesso realizzata che da Pugliano conduceva fino a quota 700; da qui, la famosa funicolare portava i turisti fino al Gran Cono.

L’hotel, che secondo la leggenda sorse nel punto in cui un’eremita fino ad allora aveva offerto cibo ai viandanti (da cui il nome), in principio doveva offrire ristoro ai turisti durante il Gran Tour; poi, con gli anni, diventò una location per cerimonie sfarzose e matrimoni. Ma da oltre trent’anni quel luogo lussuoso, teatro di ricevimenti e amori ufficiali o clandestini nella fase felice della Bella Époque e del post dopoguerra, è in preda al degrado e all’illegalità. Intorno al suo scheletro sono stati installati decine di ripetitori telefonici e televisivi che, dicono i maliziosi, frutterebbero centinaia di migliaia di euro ai titolari; motivo per cui non sarebbero disposti a vendere.

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La struttura ha resistito a due eruzioni del Vesuvio, quella del 1906 e quella del 1944, e per quanto fatiscente è scelta come set cinematografico: qui è stata girata una scena del film su Leopardi «Il giovane favoloso», di Mario Martone. Sebbene non accessibile per motivi di sicurezza, vi si può entrare indisturbati. Dal cancello principale, scavalcando muri cadenti, si giunge nel grande piazzale dove campeggia un Cristo a braccia aperte e con gli occhi dipinti di rosso. L’ingresso al piano terra è completamente fatiscente, con balaustre crollate e pareti scrostate, e per accedere ai due piani superiori (l’albergo disponeva di 32 camere, la sala ristorante e salottini da the) bisogna percorrere scalinate a rischio crollo e senza corrimano.

Perlustrando cautamente gli interni, oltre alle finestre e i cavi divelti, le mura pericolanti, le ragnatele e rifiuti sparsi per terra (bottiglie di alcolici, residui di cibo, indumenti intimi strappati, sanitari rotti, preservativi, coperte e molto altro), si notano migliaia di scritte con le bombolette spray, disegni come svastiche e creature sataniche, frasi oltraggiose e blasfeme come: «Danzo con il diavolo» o «Dio p....»; oltre a un altare con delle candele spente dove si svolgono concerti live e rave party abusivi.

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Durante la visita, nella hall al primo piano irrompono (entrando da un ingresso sul retro) tre motociclette con centauri bardati e casco nero: in stile Gomorra. Sono minorenni che si ritrovano abitualmente lì per fumare marijuana. «Veniamo qui da anni - dicono - e nessuno ci dice niente. Facciamo feste e concerti, beviamo fino a notte fonda. Si svolgono anche riti satanici, ma fanno scomparire le prove». E il Comune di Ercolano? «C’è un menefreghismo assoluto da parte dei proprietari - tuona il sindaco, Ciro Buonajuto - ai quali abbiamo intimato più volte la messa in sicurezza. Mi impegno a dare l’esecuzione all’ordinanza e trovare i fondi per eseguire i lavori in danno. Come accesso al Vesuvio mi auguro che qualche imprenditore generoso possa rilevarlo e riqualificarlo perché sarebbe la ciliegina sulla torta per lo sviluppo turistico intorno al Vesuvio, per il quale stiamo lavorando da anni».
 

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