Noto: «Match piatto senza sangue e arena I vincitori veri? Forse soltanto i supporters»

Noto: «Match piatto senza sangue e arena I vincitori veri? Forse soltanto i supporters»
Lunedì 18 Maggio 2015, 03:26
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Alessandra Chello

Gli sfidanti nell'arena elettorale napoletana ai raggi x di Antonio Noto, sondaggista, esperto di comunicazione e patron della Ipr Marketing.
Il look. «Non mi ha colpito nessuno in particolare. Esposito tende a darsi l'aria di un non proprio figlio dei fiori e ha rimarcato sempre il fatto che si sposta in Renault 4 e viaggia in camper. Dunque, con delle premesse così, più che scontata la scelta di indossare un pullover arancione. Per quel che riguarda gli altri candidati, mi sono sembrati tutti più o meno sullo stile berlusconiano. Anche la grillina Ciarambino, che era l'unica donna sul parterre, ha scelto una mise decisamente classica: scura con camicia bianca dal grande colletto».
La comunicazione. «Sono tutti non certo alla prima esperienza mediatica. Vozza è un deputato storico, Esposito è un giornalista e gli altri sono politici e amministratori di lungo corso con eccezione della pentastellata. Dunque sanno tutte persone che sanno perfettamente come stare davanti a una telecamera senza rivelare particolare nervosismo o tensione. Ma nessuno ha davvero sfoderato un particolare appeal degno di nota».
I temi. «Disoccupazione giovanile, reddito di cittadinanza, sicurezza, turismo, sanità. Più che programmi però mi sono sembrati slogan. Promesse. Certo, il tempo eccessivamente stringato non ha remato a favore, ma credo che non sia mai uscita fuori una sola dichiarazione al vetriolo. Fosse anche una promessa strillata».
Il buchi. «De Luca non ha chiarito bene la faccenda che lo riguarda relativamente alla legge Severino. Forse gli unici che sono apparsi per così dire un po' più liberi anche dialetticamente sono stati Esposito e Ciarambino, ma questo solo perché non avevano certo argomenti sui quali farsi scusare o comprendere».
Il difetto. «Hanno tenuto bene il palco, non ci si è di certo annoiati, ma è mancato del tutto il colpo di teatro. Ci si aspettava il famigerato coniglio dal cilindro e invece zero. Forse perché il format scelto per il confronto si ispira nettamente a quelli americani e allora viene in mente che il pubblico a un certo punto si aspetta di vedere la zampata. L'affondo. Il ko. E invece nessuno lo ha fatto. Nessuno si è spinto una spanna oltre la rete nei confronti dell'altro. Caldoro non ha mai attaccato il suo nemico De Luca, mentre l'ex sindaco di Salerno se ci ha provato ha usato toni che non sono stati da scintille. Un fair play plastificato».
I supporter. «Forse a pensarci bene sono quelli che hanno vinto: in uno scontro televisivo bisogna essere irriverenti, bisogna saper dare il cazzotto al concorrente al momento giusto. Forse, a questo punto, gli unici che hanno cercato di mettere in un angolo i candidati sono stati proprio per questo, soltanto i supporter. Non tutte degne di nota, ma la maggior parte intelligenti e incalzanti le loro domande. Ma, non c'è dubbio: niente sangue e arena che mancano anche in questa campagna elettorale. Poco incisivo e distante il tema super gettonato: gli incandidabili. Argomenti che non trascinano il pubblico e gli elettori».
L'appello finale. «Non si usa più da vent'anni. Il format ha senso solo con lo scontro. Altrimenti è una tribuna politica. Potevano recuperare un po' nel finale, ma non l'hanno fatto. La storia della bella Campania sole, mare e arte è arcinota e nessuno ci crede più ormai. Una cosa è certa: un Berlusconi dei tempi migliori non si sarebbe di certo lasciato incartare da un format tv e avrebbe detto quello che voleva lui, lasciando il segno. Altro che appello finale...».
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