Pd, si cambia: Rosato nuovo capogruppo alla Camera

Pd, si cambia: Rosato nuovo capogruppo alla Camera
Mercoledì 17 Giugno 2015, 03:42
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Nino Bertoloni Meli
Roma. Novello Mao-Tse-tung, adesso Matteo Renzi spara sul quartier generale. Contro se stesso, quindi? Non proprio, ma contro una buona fetta di partito che di renzismo non vuol saperne, anzi si contrappone. Soprattutto in periferia, vera terra di nessuno, dove non si sa chi comanda e come, altro che cacicchi. «Ora mi devo occupare del partito», promette il premier segretario, e perché sia chiaro il concetto annuncia a mo' di sfida: «La vera critica da farmi non è di aver messo al governo i miei, ma di non averceli messi al partito».
Si annuncia una sorta di rivoluzione nel Pd. E circola l'ipotesi di un vice segretario unico con l'identikit di provenienza non Ds. Ieri intanto è andata a posto la prima casella: il capogruppo della Camera, posto lasciato vacante dal dimissionario Roberto Speranza e occupato adesso da Ettore Rosato eletto ieri con 239 sì su 291 votanti (40 bianche e nulle, 12 i voti dispersi). A Speranza mancarono un centinaio di voti quando fu eletto apogruppo.
Nel calderone delle cose da fare, o da non più fare, finiscono a forza le primarie, «la base costitutiva del Pd», secondo il mantra veltroniano, strumento che Renzi vorrebbe se non abolire, impossibile, certamente ridimensionare. E le primarie diventano nuovo oggetto di scontro con la minoranza interna, in un curioso gioco di specchi: i fautori ora remano contro, i contrari dicono alt, le primarie non si toccano. Come stanno le cose? Lorenzo Guerini, il vice segretario, annuncia che entro l'estate la commissione sulla riforma del Pd sarà varato un documento da sottoporre ai circoli.
Il tesseramento ripartirà, l'obiettivo è di raggiungere quota mezzo milione di iscritti. «Dopo Spd e Cdu, siamo il terzo partito in Europa», chiosa Guerini. Che cosa far fare, a questa massa di aderenti? «Intanto, si riapprioprieranno dell'elezione dei dirigenti locali, nel senso che i segretari provinciali e regionali torneranno a essere appannaggio dei soli iscritti, le primarie per quel livello non ci saranno più». Già, le primarie. Spiega Guerini: «Lo strumento rimane, mica lo aboliamo dallo statuto, ma non significa che sono obbligatorie. Le primarie rimangono per l'elezione del segretario nazionale, così come rimane il doppio incarico di leader e candidato premier, per tutto il resto si valuterà. Si è visto che sovente la conta più che per scegliere candidati e dirigenti, è servita per appianare beghe interne laddove il partito non riusciva a decidere».
Argomenti che non convincono la minoranza, che già sta sul piede di guerra. Attacca Nico Stumpo, capo dell'organizzazione ai tempi di Bersani: «Eh no, finora ci si appellava alle primarie pure per scegliere se il cappuccino andava preso con la brioche o con i biscotti, e adesso si dice che non vanno più bene? Non se ne parla. Le primarie le puoi togliere al massimo per i segretari locali, ma per i sindaci, i governatori, i parlamentari, devono restare». E se vengono tolte, quale sarebbe il problema? «Semplice», risponde Stumpo: «Senza primarie comanda chi già comanda, i dirigenti locali li decide il centro, e insomma il partito, come si usa dire con frase orribile, non è più scalabile. Io non sono per le Opa sul partito, ostili o non ostili che siano, ma Renzi deve dimostrare di governare, non solo di comandare».
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