Ferragni, l’anno nero. Da Sanremo alla polvere: crisi reputazionale iniziata con il caso Pandoro

I tempi di "pensati libera" oggi sembrano lontanissimi

Ferragni, l’anno nero: da Sanremo alla polvere: crisi reputazionale iniziata con il caso Pandoro
Ferragni, l’anno nero: da Sanremo alla polvere: crisi reputazionale iniziata con il caso Pandoro
di Mario Ajello
Lunedì 5 Febbraio 2024, 00:09 - Ultimo agg. 22 Febbraio, 11:23
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Lo scorso Sanremo fu un’apoteosi (non unanime) per Chiara Ferragni. Al festival, il suo monologo in favore di un femminismo moderno e orgoglioso, il suo discorso contro il sessismo e lo slogan «Pensati libera» sono diventati immediatamente iper-pop, «sono andati virali» come dicono i giovani e insomma hanno davvero spaccato. E ora? Se domani o nei prossimi giorni Chiara, con o senza Fedez, si presentasse all’Ariston, partirebbero probabilmente i fischi. Un rivolgimento della fortuna di Chiara troppo impietoso, nel giro di un anno. Ma così è. Dopo il pandoro-gate, dopo la scivolata Balocco, un effetto a catena sta colpendo l’influencer per antonomasia e una a una la stanno mollando molte delle aziende con cui aveva contratti pubblicitari. Adesso Chiara - per fermare la deriva - ha deciso di passare all’offensiva non solo comunicativa ma pure legale. Anche perché il suo impero da oltre 30 milioni l’anno di fatturato si sta pericolosamente sbriciolando sotto i colpi continui che bersagliano quella che era una leadership reputazionale: ovvero tutti volevano Chiara per promuovere il proprio marchio, perché la sua immagine non era soltanto estetica e commerciale, ma comprendeva anche valori - la solidarietà, l’assistenza - di tipo etico-morali. Messa in dubbio la missione umanitaria sul pandoro, partite le inchieste della magistratura per truffa aggravata, Chiara l’eroina della nazione - di cui Meloni ad Atreju non parlò bene - s’è trasformata agli occhi dei più, e magari con un cattivismo eccessivo, nella reietta. Di fatto, ieri, Ferragni ha reagito all’ultimo abbandono, quello dei quaderni, delle matite e delle Cartiere Paolo Pigna di cui Chiara è stata finora l’icona, e lo ha fatto così anche per avvertire le altre aziende che vorrebbero eventualmente scaricarla: «Da parte di Pigna c’è un comportamento strumentale». E ancora la società Fenice, cioè Chiara: «L’illegittimità della decisione unilaterale di Pigna è stata aggravata dalla scelta di comunicare al pubblico, prima ancora che a Fenice, la cessazione della partnership. Ci riserviamo di agire nelle sedi più opportune nei confronti dei soggetti che abbiano messo in atto comportamenti in violazione dei contratti di collaborazione». Traduzione: da ora in poi, partono causa contro chi, senza averne le motivazioni, scarica Chiara. 

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LE CARTE BOLLATE

Si tratta di una mossa difensiva, che racconta di una difficoltà estrema.

Pigna ha interrotto nei giorni scorsi i rapporti commerciali con le aziende collegate a Ferragni perché la sua campagna commercial-umanitaria con Balocco, finita nel mirino degli inquirenti, stride con il codice morale delle cartiere con sede ad Alzano Lombardo (Bergamo) che «esclude la collaborazione con soggetti terzi sanzionati dalle autorità competenti per aver assunto un comportamento non etico, corretto e rispettoso delle leggi». E così, siamo alla sfida Pigna-Ferragni che rientra - ah, quanto era bello svettare come star a Sanremo un anno fa, prima della polvere attuale - in una fase in cui non c’è pace per una donna di talento la cui ascesa pareva inarrestabile e la cui leadership reputazionale e compassionevole stava diventando un modello anche politico. E ora non solo è indagata per la beneficenza sul pandoro, sulle uova di Pasqua e sulla bambola Trudi, ma molti dei suoi sponsor hanno fatto marcia indietro, rompendo le collaborazioni: prima la Safilo (occhiali), poi la Coca-Cola e via così. Il museo degli Uffizi invitavano Chiara come testimonial ed era boom, e adesso un albergo in Val d’Aosta solo perché c’è andata lei giorni fa patisce la negatività Ferragni ormai generalizzata visto che il suo mondo, l’universo digitale dove lei sta perdendo valanghe di follower, è subissato di messaggi del tipo: «Basta con le influencer viziate e narcisiste, che fanno finta beneficenza». Nel momento in cui cessa la sua credibilità e la sua funzione etica, perché un brand dovrebbe associarsi a Chiara? Quando un influencer da valoriale diventa disvaloriale, il problema si fa serio. E altro che la stoffa sanremese «Pensati libera», un anno dopo Chiara sventola le carte bollate. 

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