San Giuseppe, la festa del papà:
28 anni senza don Peppe Diana

San Giuseppe, la festa del papà: 28 anni senza don Peppe Diana
di Don Tonino Palmese *
Sabato 19 Marzo 2022, 10:30
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Ci apprestiamo a vivere giorni molto intensi nella nostra regione. Il 21 marzo Napoli torna a ospitare la Giornata della Memoria e dell'Impegno in ricordo delle vittime delle mafie, il nome di ciascuno di loro rimbomberà tra le colonne di Piazza del Plebiscito e come gocce, piccole ma costanti, scalfiranno la roccia dell'abitudine e dell'indifferenza che spesso attanaglia le nostre vite. Vogliamo iniziare questi giorni pubblicando l'introduzione di don Tonino Palmese al libro “Cuori spenti” di Raffaele Sardo, edito da Guida, quarto volume dedicato alle vittime di ogni reato, alle loro storie, alle loro vite, a quelle di coloro che li hanno amati e continuano a farlo.

Oggi è 19 marzo, San Giuseppe, la festa del papà. Il nostro pensiero va a tutti quei padri a cui troppo presto è stato sottratto questo dolce nome dalla mano sanguinaria di chi gli ha ucciso un figlio, e a quei figli e a quelle compagne a cui la criminalità ha tolto i loro affetti. In questo giorno, nel 1994, la barbarie camorristica mise fine anche alla parabola terrena di don Peppe Diana, ucciso nella sua sacrestia a Casal di Principe prima di celebrare la messa. Le sue parole, mutuate dal profeta Isaia, “per amore del mio popolo non tacerò”, continuano a interrogarci in questi momenti in cui la violenza dei boss tormenta con forza alcuni territori campani, e il suo martirio ci sprona a seguirne l'esempio nella vita dedicata al bene comune.

La Fondazione Polis della Regione Campania, fin dalla sua costituzione,  ha tra i suoi primari obiettivi quello di garantire pari dignità a tutte le vittime innocenti della criminalità e da sempre lo fa’ soprattutto attraverso il recupero e la narrazione delle storie. Raccontare la storia di una vittima, attraverso le parole di un familiare, come Raffaele Sardo cerca di fare nei suoi libri, significa strappare quell'evento dall'oblio e dall'esclusivo ricordo privato e restituirlo alla memoria e alla responsabilità pubblica.  

Questo volume vuole puntare l'attenzione proprio su questi due aspetti: l'eguale dignità delle vittime e il  grande valore della testimonianza dei familiari, resistenti al dolore quotidiano della perdita e costruttori di comunità e di memoria pubblica. “Cuori Spenti” evoca sia il drammatico momento del termine della vita sia il lento logorio dei sentimenti di chi si è visto improvvisamente strappato l'amore di un marito, di una moglie, di un  promesso sposo, di un figlio...

Dopo “Al di là della notte”, “Come nuvole nere” e “La sedia vuota”, questo libro mette in luce quanto il condividere il dolore con chi ha subito la stessa sorte e costruire comunità’ resistenti, restituisca dignità e crei equità nel dolore tra chi ha avuto il proprio caro strappato dalla mano della camorra,  da un'azione eversiva o terroristica, per una lite o uno “sgarro” o per ragioni di lotta in favore dei diritti degli ultimi della terra. 

La memoria delle vittime, dalla prospettiva di chi  è stato colpito, è un'occasione per interrogarsi e per permettere ad alcune realtà, come ad esempio quella scientifica, si pensi alla psicologia e alla giurisprudenza, di comprendere cosa è accaduto, di chiedersi cosa fare per arginare quello che è accaduto e per evitare che ciò che è accaduto accada di nuovo.

Questa comprensione serve dunque per poter avanzare una  proposta sociale, educativa e culturale.

Il racconto delle nostre storie permette di capire cosa sia accaduto per davvero, fanno comprendere cosa sia il crimine e come questo vada nella direzione della sottrazione dell'innocenza e dell'infanzia.

Se circoscriviamo il crimine ad una logica territoriale diventa soltanto l'espressione di una lotta  di quartiere o di bottega ma, se allarghiamo il focus di riflessione e di analisi del fenomeno, comprendiamo che esso rappresenta una lotta che avviene da sempre, dall'eterno, dall'assoluto.  Dobbiamo avere il coraggio di non cadere nella trappola del minimalismo territoriale della camorra e del crimine e comprendere che il criterio che li riproduce è da rintracciare nella logica del “sistema”.

La criminalità, la camorra sono espressioni di un sistema e sopravvivono perché incontrano altri sistemi che glielo permettono. 

Il nostro compito istituzionale e pubblico è quello di dire chiaramente che le nostre vittime sono innocenti e lo sforzo da compiere è di essere un sistema/comunità alternativo che contrasta e ribalta quello della violenza criminale e della sopraffazione. 

In un territorio come la Campania, martoriato dalla violenza, l'impegno della Fondazione è proprio quello di far germogliare un seme di vita dal sangue innocente, affinché quei cuori spenti continuino a battere nella  testimonianza dei familiari e nell'impegno e nell'azione di chi ha la responsabilità pubblica, civile ed etica di trasformare lo stato delle cose. Quello che a loro è stato sottratto dalla violenza criminale siamo obbligati a restituirglielo noi.

* presidente Fondazione Polis

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