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GIORGIA MELONI

Elezioni, accordo nel centrodestra: «Il premier a chi ha più voti»

Sì alla regola generale, ma il nome si deciderà solo dopo le elezioni

Centrodestra, c'è l'accordo: chi prende più voti indica il premier
Centrodestra, c'è l'accordo: chi prende più voti indica il premier
di Francesco Malfetano
Articolo riservato agli abbonati
Mercoledì 27 Luglio 2022, 19:03 - Ultimo agg. : 28 Luglio, 09:55
4 Minuti di Lettura

Volti distesi e abiti informali. E soprattutto «un clima costruttivo» che, nonostante qualche attimo di tensione quando la discussione finisce sui collegi, è stato mantenuto fino all’ultimo. Tant’è che, garantiscono i presenti, «è assolutamente positivo» il bilancio finale del vertice di centrodestra tra Silvio Berlusconi, Matteo Salvini e Giorgia Meloni tenuto ieri a Montecitorio (come richiesto da quest’ultima, per evitare il rito della cena a Villa grande) nella sala Salvadori del gruppo della Lega. Oltre ai tre leader per Forza Italia hanno partecipato il coordinatore azzurro Antonio Tajani e la senatrice Licia Ronzulli (in realtà con il Cavaliere, al gran ritorno a Montecitorio dalle consultazioni del premier Draghi di febbraio 2021, almeno all’ingresso c’era anche Marta Fascina); per i leghisti il ministro e capo delegazione Giancarlo Giorgetti e il senatore Roberto Calderoli e per FdI, il senatore Ignazio La Russa. Presenti, inoltre, il presidente di Noi con l’Italia, Maurizio Lupi; per l’Udc il presidente Antonio De Poli e il portavoce Antonio Saccone e Luigi Brugnaro, presidente Coraggio Italia.

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NIENTE SORPRESE
Un incontro senza particolari sorprese in cui, oltre a stabilire di riaggiornarsi per definire il programma da presentare agli elettori, è stato raggiunto l’atteso accordo sulle modalità di scelta del premier. «Decidono gli italiani: chi prende un voto in più, indica chi governerà l’Italia nei prossimi cinque anni» annuncia in serata al Tg5 Salvini. In realtà si tratta di un ritorno al punto di partenza. Quella declamata dal leader leghista infatti era «la regola sempre adottata finora» per dirla con le parole della Meloni. Più che altro in questa fase va quindi riconosciuta la capacità della leader di FdI di rispedire al mittente la proposta avanzata la settimana scorsa da Forza Italia (ovvero l’elezione del candidato premier da parte di una assemblea degli eletti, subito dopo il voto) e poi già liquidata dallo stesso Cavaliere: «È un tema che non mi appassiona». Un primo round a favore di Giorgia che comunque l’ex Cavaliere - appoggiato in realtà dal solo Lupi - ha chiuso con una battuta: «Non c’è problema, tanto con me in campo in campagna elettorale saremo noi di Forza Italia ad ottenere il 20%». A corredo di questo punto poi - in quella che è stata una discussione terminata solo dopo oltre 4 ore, costringendo la Meloni ad annullare un’intervista televisiva e Berlusconi e Salvini, primo ad arrivare in sneakers e jeans, a lasciare in anticipo - si è anche stabilito che ognuno potrà correre con il proprio simbolo e il proprio capo politico, come avvenuto nel 2018.Tradotto: decideremo in seguito chi sarà il premier. Con il rischio che FI e Lega si “inventino” una federazione all’ultimo per sommare i loro risultati. Differente in ogni caso la situazione per le circoscrizioni estere dove il centrodestra si presenterà con una lista unica. Del resto alla fine del vertice è una nota finale a marcare il punto: «L’unità del centrodestra è la migliore risposta possibile alle accuse e gli attacchi, spesso volgari, di una sinistra ormai allo sbando».

I COLLEGI
Qualche attimo di tensione c’è stato solo al momento di trovare «miracolosamente la quadra», come dice Giorgetti, per la divisione dei collegi da assegnare. Al punto da rendersi necessaria una pausa di mezz’ora per far rasserenare tutti. Alla fine però, complice uno «spirito costruttivo» riconosciuto dagli alleati alla Meloni, l’accordo arriva. «È stata trovata un’intesa per correre insieme nei 221 collegi uninominali, selezionando i candidati più competitivi in base al consenso attribuito ai partiti» si legge nel vago comunicato. I numeri trapelano solo dopo: a FdI andranno 98 seggi, 70 alla Lega, 42 a Forza Italia, compreso l’Udc, e 11 a Noi con l’Italia più Coraggio Italia. «È l’algoritmo del buonsenso» chiosa Calderoli all’uscita.

 

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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