Bledar Dedja, la doppia vita del 39enne ucciso nel bosco a Paderno: a casa moglie e figlia, nelle chat l'amante gay di 17 anni

Omicidio di Paderno, Bledar Dedja ucciso nel bosco da un minorenne
Omicidio di Paderno, Bledar Dedja ucciso nel bosco da un minorenne
di Maria Elena Pattaro
Domenica 25 Febbraio 2024, 08:46 - Ultimo agg. 18:15
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Le risposte che gli inquirenti cercavano erano nascoste nella “doppia vita” di Bledar Dedja, fatta di appuntamenti clandestini. In quel secondo cellulare che usava per gli incontri extraconiugali. È lì, ricostruendo lo scambio di messaggi, che i carabinieri hanno trovato indizi cruciali per chiudere il cerchio sul suo assassino.

 

Chi è il killer di Bledar

Il presunto killer è un 17enne italiano, della zona. Da ieri il ragazzo è in stato di fermo in un apposito centro di permanenza per i minori, in attesa della convalida. È accusato di omicidio e difeso dall’avvocata Elisa Berton. I due probabilmente si erano conosciuti in un locale della zona e quello non era neppure il loro primo incontro.

 

La moglie sapeva

Del resto era risaputo che il 39enne albanese frequentasse ambienti gay e la moglie stessa, sentita nell’immediatezza del delitto, aveva messo gli inquirenti sulla pista del delitto passionale.

Ai carabinieri aveva rivelato che qualche anno prima aveva ingaggiato un investigatore privato perché sospettava che il marito la tradisse. Il corpo, riverso nella boscaglia di via dei Colli, a Paderno di Borso del Grappa, è stato trovato con pantaloni e mutande abbassate. Un dettaglio che aveva indirizzato subito le indagini su un incontro sessuale finito nel sangue. 

Il movente

Il motivo? Forse una prestazione non pagata, un ricatto, un litigio scoppiato perché le cose non erano filate come previsto. Saranno le indagini, condotte dai carabinieri del comando provinciale di Treviso e della compagnia di Castelfranco, a chiarirlo. Di certo gli inquirenti ritengono di avere indizi solidi contro il minorenne, al punto da disporne il fermo di indiziato di delitto emesso dal pm Giovanni Parolin della Procura dei minori di Venezia. La Procura lagunare è stata messa al corrente dalla Procura ordinaria di Treviso non appena gli indizi raccolti hanno iniziato a convergere sul 17enne. 

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La doppia vita

Il fermo è scattato prima che arrivassero gli esiti delle analisi condotte dal Ris di Parma sulla scena del crimine, sull’auto della vittima e sui reperti raccolti. Segno che, al netto delle analisi, ci sono forti elementi che inchiodano il minorenne. Le chat e probabilmente anche alcuni frame di videosorveglianza che immortala i movimenti del presunto killer prima e dopo il delitto. Secondo gli inquirenti, il 17enne quel pomeriggio aveva concordato un appuntamento nel bosco con il 39enne. Si sono visti in una stradina laterale di via dei Colli, in mezzo alla boscaglia. Un luogo al riparo da sguardi indiscreti. L’incontro è avvenuto sicuramente dopo le 16.15, quando Bledar è uscito dall’Antica Abbazia, il ristorante in cui lavora come giardiniere e tuttofare. Alla moglie aveva detto che doveva incontrare degli amici. L’ultima telefonata, alla cognata, è delle 16.15. Ma quell’incontro è sfociato in una brutale aggressione, i cui motivi non sono ancora stati del tutto chiariti.

L'aggressione e il colpo fatale

L’assassino lo ha massacrato con venti fendenti. Quello letale, sferrato alla schiena, gli ha perforato un polmone, senza lasciargli scampo. Dedja ha cercato di difendersi: le braccia infatti erano piene di tagli e con una mano era anche riuscito ad afferrare la lama. Ma non è bastato. Nella colluttazione anche il 17enne è rimasto ferito a una mano. Poi è scappato a piedi, sbarazzandosi dell’arma del delitto: un grosso coltello da cucina che i carabinieri, armati di metal detector, avevano cercato per giorni nella boscaglia. Ma anche dei vestiti impregnati di sangue e delle chiavi dell’auto di Dedja. La Mercedes bianca classe B, parcheggiata sul luogo del crimine, era stata trovata chiusa. Delle chiavi nessuna traccia: né addosso al proprietario, né a terra. Tanto che i parenti, per aprirla, avevano usato la chiave di riserva. Dall’interno non mancava nulla, portafoglio compreso. Una circostanza che aveva portato a escludere la pista dell’aggressione a scopo di rapina. Si era parlato anche dell’ipotesi di una seconda persona coinvolta, usata come esca. Ma al momento non sembrano esserci evidenze di un complice. 

La reazione dei parenti

La notizia del fermo del presunto assassino è stata accolta con sollievo dalla famiglia di Bledar, che ha lasciato moglie e due figli piccoli. «Finalmente si comincia a fare giustizia» affermano i parenti, che hanno riposto fin da subito grande fiducia negli inquirenti. «Confidavamo nel buon operato della Procura e dei carabinieri - aggiunge il loro legale, l’avvocato Guido Galletti del foro di Treviso -. In poco più di un mese sono arrivate le prime importanti risposte». Ora la famiglia albanese vuole andare fino in fondo per scoprire perché Bledar è stato ucciso in modo così brutale. 

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