Ci sono due buchi temporali nella fuga della Punto nera nella notte tra sabato e domenica. Il primo è nella zona del Miranese: l’auto, presumibilmente guidata da Filippo Turetta, dopo il primo aggancio di una telecamera in zona industriale a Fossò (23.30) sarebbe passata per un varco “targa-system” a Scorzè. Il tempo di percorrenza di questo tratto, secondo gli investigatori, sarebbe superiore al necessario di almeno 20 minuti. Poi c’è un secondo rallentamento nella tabella di marcia: la Punto ha infatti impiegato 2 ore per passare dalla diga del Vajont a Pecol. Un tratto che, a seconda della velocità di guida, può variare dai 40 agli 80 minuti. Come mai l’auto ci ha messo così tanto? Via via che passano i giorni, i misteri si infittiscono. L’elemento temporale però fornisce una traccia su cui lavorare, indica i luoghi su cui concentrarsi. La procura di Venezia sembra convinta sempre più che non si sia trattata di una fuga irrazionale ma di un percorso premeditato da Turetta. Il fatto stesso che non abbia effettuato alcun pagamento elettronico o prelievo bancomat indica che avesse con sé contanti.
L’IPOTESI FUGA ALL’ESTERO
Se la destinazione era l’Austria, poi, per lui non era una strada sconosciuta.
I FILMATI
I militari dovrebbero avere filmati molto eloquenti. Le tracce di sangue sono state trovate di fronte allo stabilimento Christian Dior, che conta 11 telecamere perimetrali sul tetto puntate sul piazzale. Se è vero che non ci sono altri avvistamenti della Punto nera in via Quinta Strada, è sicuro che l’auto sia passata in via Prima Strada, a 500 metri di distanza, immortalata da una telecamera della polizia locale. «Sappiamo che l’ultimo avvistamento è dalle parti di San Candido, non abbiamo certezze dell’Austria - dice l’avvocato della famiglia, Stefano Tigani - È importante visionare le telecamere delle stazioni di servizio: deve per forza aver fatto rifornimento, chiediamo anche aiuto ai camionisti». E la sorella di Giulia: «Non penso che Filippo sia una persona cattiva, se ha sbagliato penso possa rimediare». Sempre più stanco, papà Gino. «Oggi non dovrei essere qui davanti a voi, dovrei essere a festeggiare la laurea di mia figlia. Non facciamo processi adesso, vogliamo solo riabbracciarli».