Genova, Brigate rosse: indagine per omicidio su blitz via Fracchia

Genova, Brigate rosse: indagine per omicidio su blitz via Fracchia
Domenica 27 Agosto 2017, 13:34 - Ultimo agg. 28 Agosto, 12:56
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A 37 anni di distanza dal blitz genovese nel covo Br di Fracchia in cui vennero uccisi dai carabinieri quattro brigatisti rossi la procura della repubblica di Genova, in seguito alla presentazione di un esposto denuncia di un cittadino, ha aperto un fascicolo per omicidio «in danno di Riccardo Dura», uno dei terroristi uccisi. «Un atto dovuto», come spiega all'Ansa il procuratore di Genova Francesco Cozzi nel confermare l'apertura del fascicolo. Che aggiunge: «Adesso valuteremo modi e tempi di eventuali accertamenti».

A presentare l'esposto nei giorni scorsi, come scrive il Secolo XIX che stamane ha anticipato la notizia, è stato Luigi Grasso, ricercatore universitario che nel 1979 venne accusato di terrorismo e negli anni successivi completamente prosciolto. «Quello di Dura è stato un omicidio volontario, venne ucciso con un solo colpo alla nuca» si legge nell'esposto presentato da Grasso. L'eventuale inchiesta sarà affidata dai magistrati ai poliziotti dell'antiterrorismo.


«Omicidio volontario»​. Grasso alla decisione di presentare l'esposto è arrivato dopo una ricerca personale negli archivi giudiziari che gli ha permesso di ottenere il fascicolo di via Fracchia: in cui c'è la ricostruzione dei fatti spiegata da Michele Riccio, il capitano che guidò l'assalto, uomo di fiducia del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa al quale era stato affidato il compito di condurre la battaglia contro le Br. Dalla lettura di quei fatti Grasso è arrivato alla conclusione che l'uccisione del brigatista Riccardo Dura è un omicidio volontario.

Il blitz. Durante l'irruzione morirono quattro componenti delle Brigate rosse: Annamaria Ludmann, proprietaria dell'appartamento e Lorenzo Betassa, Piero Panciarelli, Riccardo Dura, militanti clandestini della colonna genovese.
L’operazione dei carabinieri prese il via grazie alle dichiarazioni di un pentito, Patrizio Peci. I militari avrebbero intimato più volte di aprire, poi sarebbero entrati in azione. L'azione, però, si concluse con un violento conflitto a fuoco che provocò la morte dei quattro brigatisti, oltre al ferimento del maresciallo dei carabinieri Rinaldo Benà. Le modalità dell'irruzione e la dinamica dei fatti, però, rimasero non del tutto chiari, dando vita a polemiche sull'operato dei carabinieri e sulla necessità di uccidere tutti i brigatisti.
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