Incendi, la mafia dietro i roghi: le fiamme usate per creare lavoro. Ecco la regia delle cosche

Fiamme create ad arte per farsi assumere nelle attività di estinzione e ricostruzione

«Roghi per creare lavoro», la regia delle cosche dietro la piaga incendi
«Roghi per creare lavoro», la regia delle cosche dietro la piaga incendi
di Valeria Di Corrado
Martedì 25 Luglio 2023, 23:45 - Ultimo agg. 26 Luglio, 12:26
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Una vera e propria «industria del fuoco» si nasconde dietro gli incendi che devastano boschi e campagne in Italia. Vili, armati di un fiammifero, approfittano delle temperature torride che fanno propagare più velocemente le fiamme. L’obiettivo è fare affari dalle ceneri delle foreste, infischiandosene del fatto che gli alberi - assorbendo anidride carbonica e producendo ossigeno - sono gli unici nostri alleati per tamponare gli effetti del cambiamento climatico che noi stessi alimentiamo. La Sicilia è tra le regioni più colpite dai roghi estivi: già nel 2021 ce n’erano stati 8.133, con una media di 135 al giorno solo a luglio e agosto. In quell’anno l’isola ha potuto vantare il triste primato nazionale di avere la maggiore superficie coperta dal fuoco, ben 87.000 ettari. Oltre il 77% degli incendi verificatisi nel periodo compreso tra il 2010 e il 2020 è stato di natura dolosa. 
Nel piano della Regione Siciliana sull’antincendio boschivo relativo al 2020 si parla chiaramente dell’«industria del fuoco», ossia delle fiamme appiccate volontariamente «per creare posti di lavoro: nelle attività di avvistamento (dei roghi, ndr), di estinzione e nelle attività successive di ricostituzione».

«Il ricorso a mano d’opera precaria e poco qualificata, con una finalizzazione spesso più assistenziale che produttiva, ha talvolta indotto l’insorgenza di un ciclo vizioso, dove l’incendio volontario da parte di operai stagionali può costituire lo strumento per mantenere o motivare occasioni di impiego - si legge nel piano Aib della Sicilia - Anche gli incendi appiccati come protesta contro la mancata assunzione o come estrema forma di dissenso contro la minacciata chiusura di cantieri rientrano in questa logica, in cui il bosco assume ruolo di “ostaggio”».

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PASCOLI E CANADAIR

Tra le altre motivazioni che spingono ad appiccare il fuoco c’è anche la volontà di eliminare i boschi per accaparrarsi terreni da coltivare o destinare al pascolo, in modo da intercettare i redditizi contributi comunitari, o la volontà di trasformare aree rurali in aree edificabili. È stato pure ipotizzato un collegamento tra i roghi e il business del fotovoltaico.

Ci sono inoltre agricoltori che, per pulire il terreno in vista della semina, bruciano stoppie e cespugli, ma poi perdono il controllo delle fiamme. Ma non finisce qui. «Sicuramente c’è un business degli aerei perché purtroppo in Italia ci rivolgiamo agli operatori privati - aveva avvertito il dirigente del Servizio4-antincendio boschivo del Corpo forestale della Sicilia, Rosario Napoli, ascoltato dalla commissione Antimafia regionale nell’ambito dell’indagine sui roghi nell’isola del 2021 - Un’ora di elicottero costa 2.300 euro a base d’asta; un’ora di Canadair 4.600 euro». 

L’OMBRA DELLA MAFIA

Ma gli incendi sono spesso legati anche al ciclo dei rifiuti, su cui le mafie nostrane allungano i loro tentacoli. C’è chi li stocca in siti abusivi (per lo più capannoni dismessi in campagna) e poi dà fuoco per poterli smaltire, generando roghi più estesi. Dall’operazione “Black fire” della Dda di Bari è emerso che tonnellate di rifiuti speciali di notte venivano trasportati in siti agricoli nei comuni di Foggia, San Severo, Apricena, Serracapriola, Poggio Imperiale, Carpino, e immediatamente dati alle fiamme. E poi ci sono incendi che divampano negli impianti di trattamento regolarmente autorizzati a causa di «condotte negligenti di sovra stoccaggio, miscelazione di rifiuti potenzialmente infiammabili, non corretto utilizzo di impiantistica di trattamento meccanico».

 

A monte - come si legge nella relazione della Dna del 24 novembre 2020 - ci sono «reiterate violazioni delle prescrizioni al fine di “alleggerirsi” del carico dei rifiuti incamerati». Chissà se, al termine dell’inchiesta della Procura, si accerterà che cause simili hanno generato l’incendio divampato lunedì scorso nei pressi della quarta vasca della discarica di Bellolampo, a Palermo. Nell’ultima relazione della Direzione nazionale antimafia (primo semestre del 2022), in relazione alla criminalità organizzata pugliese, si legge: «Il fenomeno dei danneggiamenti mediante incendi continua a manifestarsi in tutto il territorio regionale con riferimento soprattutto al settore agricolo. Tali aggressioni sarebbero presumibilmente mirate sia all’assicurarsi un “servizio di protezione” imposto alle strutture produttive, sia alla gestione di aziende particolarmente appetibili per le possibilità di riciclaggio, che per gli introiti derivanti dai finanziamenti pubblici di cui potrebbero godere». 

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