Incendio all'ospedale di Tivoli, ipotesi choc termico per i pazienti morti. «Non li ha uccisi il fumo»

L’autopsia: i tre decessi causati dal freddo durante la fuga o dal blackout dei macchinari

Incendio all'ospedale di Tivoli, ipotesi choc termico per i pazienti morti. «Non li ha uccisi il fumo»
Incendio all'ospedale di Tivoli, ipotesi choc termico per i pazienti morti. «Non li ha uccisi il fumo»
di Valeria Di Corrado e Alessia Marani
Martedì 12 Dicembre 2023, 00:13 - Ultimo agg. 14 Dicembre, 07:01
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Pierina di Giacomo, Romeo Sanna e Giuseppina Virginia Facca, le tre vittime del rogo dell’ospedale di Tivoli, non sarebbero morte per l’inalazione del fumo ma per lo choc termico o per lo stop improvviso dei macchinari a cui erano collegati. È quanto emergerebbe in prima battuta dalle autopsie effettuate ieri all’istituto di medicina legale del Verano, a Roma. Il quesito dei pm di Tivoli - che indagano per incendio colposo e omicidio plurimo colposo - posto al dottore Luigi Cipolloni, nominato come consulente della Procura insieme alla tossicologa forense Maria Chiara David, del resto, è chiaro: verificare se il blackout possa avere determinato la morte, per esempio, della signora Di Giacomo, visto che era collegata a un caschetto per l’ossigeno (di cui è stato disposto il sequestro), o se a causare il decesso siano state le esalazioni di monossido di carbonio sprigionate dal fumo o, ancora, uno choc termico dovuto allo sbalzo tra la temperatura interna nei reparti di degenza (a detta dei testimoni molto alta) e quella esterna. 

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Il signor Sanna è stato fatto evacuare dalla medicina d’urgenza così com’era vestito, nonostante la sua età avanzata.

Lui, come molti altri pazienti infatti, indossavano solo il pigiama o addirittura un camice leggero. «Pensare che l’indomani sarebbe stato dimesso e a casa lo aspettava la sua famiglia», spiega l’avvocato Lorenzo Marcovecchio dello studio legale 3A. I consulenti avranno sessanta giorni di tempo per depositare le loro conclusioni incrociando i dati degli esami istologici con quanto contenuto nelle cartelle cliniche che, tuttavia, sono ancora dentro l’ospedale. Ma l’ipotesi che i tre anziani siano stati intossicati dal fumo sembra la meno probabile.

Ieri mattina si è svolto un vertice in Procura per fare il punto sulle indagini, a cui hanno partecipato i vigili del fuoco, gli agenti della Squadra mobile e del commissariato. Al termine di questo incontro, il procuratore di Tivoli Francesco Menditto ha affidato una maxi consulenza tecnica per verificare se ci siano state delle falle nell’impianto antincendio (a questo fine sono stati sequestrati i tablet della squadra antincendio), se i sistemi di sicurezza siano scattati e come mai in alcune zone non si sia attivato il generatore elettrico.

L’ISOLA ECOLOGICA

Tutto questo per chiarire cosa non abbia funzionato nella gestione dell’emergenza. Ma se nel cortile del San Giovanni Evangelista si era formata una piccola discarica a cielo aperto, da cui è partito il rogo nella notte tra venerdì e sabato, le responsabilità sono da rintracciare nelle società incaricate del conferimento e della raccolta dei rifiuti nell’isola ecologica del nosocomio. Gli inquirenti stanno cercando di ricostruire il puzzle di comportamenti negligenti e incauti che hanno permesso si creasse un cumulo in cui i rifiuti speciali ospedalieri erano tenuti insieme a quelli urbani. Quella “montagna”, inoltre, strabordava dal container adibito perché c’erano dei ritardi nella raccolta. Per giunta, era stata imprudentemente affiancata alle mura dell’ospedale. Il primo focolaio ha interessato probabilmente proprio i sacchetti di rifiuti normali, a cui erano mischiati anche dei cartoni, poi le fiamme si sono estese a quelli speciali che hanno fatto da detonatore, visto che contengono materiali altamente infiammabili. Una cicca di sigaretta, complice il vento di quella sera, potrebbe avere fatto da innesco. Sull’asfalto vicino ai resti carbonizzati dell’isola ecologica ce ne sono decine. «Dalle finestre dei reparti che affacciano nel cortile gettano sempre mozziconi - racconta uno dei dipendenti dell’ospedale - A pochi metri dal punto in cui si è sviluppato il rogo ci sono i silos di ossigeno e le bombole di azoto liquido. Se le fiamme fossero arrivate fin lì, sarebbe esploso l’intero palazzo. Sarebbe potuta diventare una strage».

RIMPALLO DI RESPONSABILITÀ

Nel mirino di chi indaga, quindi, potrebbe finire la ditta interna al nosocomio incaricata di conferire i sacchetti nell’isola ecologica, smistandoli a seconda della tipologia, e la ditta alla quale era stato appaltato il servizio di raccolta dei rifiuti speciali. Oltre, appunto, alla municipalizzata. «Verificheremo il perché e se ci fossero rifiuti al posto sbagliato, come parrebbe, e perché sia successo. L’appalto prevede che quelli ospedalieri siano raccolti ogni giorno, se per il festivo dell’Immacolata ciò non è stato fatto è grave - ha spiegato il direttore generale della Asl Roma 5, Giorgio Santonocito - Inoltre, i rifiuti avrebbero dovuto essere chiusi in un gabbiotto o container. Ovviamente c’è un rimpallo delle responsabilità». La Regione Lazio, intanto, ha istituito una commissione di inchiesta interna. Fuori l’ospedale le forze dell’ordine non fanno passare nessuno. Si teme che qualcuno possa manomettere prove o eliminarle.

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