Matteo Messina Denaro, il testamento: a chi vanno i suoi beni e l'attacco alla Chiesa. I pizzini della contabilità con nomi e regali

Determinante il riconoscimento della figlia Lorenza, nata nel 1996, di cui non aveva mai negato la paternità

Matteo Messina Denaro, il testamento: a chi vanno i suoi beni e l'attacco alla Chiesa
Matteo Messina Denaro, il testamento: a chi vanno i suoi beni e l'attacco alla Chiesa
di Mario Landi
Lunedì 25 Settembre 2023, 09:51 - Ultimo agg. 26 Settembre, 09:29
5 Minuti di Lettura

Matteo Messina Denaro, il testamento: a chi andranno i suoi beni ammesso che denaro, immobili e altre proprietà a lui riconducibili vengano un giorno dissequestrati? Il che è ampiamente improbabile così come non sarà facile ricostruire la rete di prestanomi ai quali il boss si è affidato per decenni. Tra i legittimi eredi c'è sicuramente la figlia Lorenza, nata nel 1996 e la cui paternità il mafioso aveva sempre riconosciuto. Gli atti del riconoscimento e dell'acquisizione del cognome sono stati completati proprio nei giorni alla vigilia della morte del boss 62enne avvenuta nella notte all'ospedale San Salvatore dell'Aquila.

Ma il capo di Cosa Nostra ha lasciato un testamento? In realtà, a quel che si è appreso finora, Messina Denaro ha affidato le sue volontà a un pizzino datato 2013 che però è relativo solo alle disposizioni per il funerale. Disposizioni ribadite di recente con gli inquirenti. Per quanto riguarda invece le ingenti somme in contanti che gli garantivano la latitanza, gli investigatori negli anni trovato nei covi la contabilità del boss latitante che su pagine di quaderni segnava diligentemente in colonna spese ed elargizioni con tanto di nomi: entrate, uscite, saldo, spese, indicazioni ai complici di quanto dovessero spendere per questo e per quello.

In uno di questi pizzini contabili, datato novembre 2011, si parte da un saldo di 85.970 mila euro: tra le voci un compenso (1.500 euro) per un avvocato e un regalo da 2.500 euro.

Le ultime ore

Messina Denaro è morto all'una e 57 di oggi 25 settembre, era ricoverato in una stanza blindata dell'ospedale San Salvatore dell'Aquila, nell'ala blindata dove erano state aggiunte ulteriori misure di sicurezza, tra sorveglianza attraverso le videocamere e la presenza massiccia di agenti dei vari Corpi di polizia. Era entrato in ospedale l’8 agosto, dopo aver sostenuto le cure chemioterapiche nell’ala di massima sicurezza del carcere delle Costarelle, dove il 17 gennaio è stato portato in regime di 41 bis subito dopo l’arresto a Palermo. Ha affrontato i cicli di chemioterapia nella speranza di combattere il cancro che lo aveva colpito nel 2020.

 

Il testamento biologico

In estate i medici hanno dovuto trasferirlo al “San Salvatore”: prima per problemi di natura urologica e poi per un intervento all’intestino, a causa di una occlusione. Per questa ragione ha affrontato una degenza lunga post operatoria nel reparto di Terapia Intensiva e poi è stato trasferito in quello riservato ai detenuti. La sua salute si è rapidamente deteriorata, costringendo i medici a interrompere la chemioterapia a causa della sua debolezza fisica. Per questa ragione è stato sottoposto a terapia del dolore e poi sedato. In un testamento biologico, il boss ha espresso chiaramente la sua volontà di non subire accanimento terapeutico, chiedendo agli operatori sanitari di idratarlo, ma di non rianimarlo né alimentarlo artificialmente.

Le ultime volontà

In un pizzino datato 2013 e che riportava anche la sua firma, aveva scritto:  «Rifiuto ogni celebrazione religiosa perché fatta di uomini immondi che vivono nell’odio e nel peccato». I carabinieri del Ros hanno ritrovato l’annotazione in mezzo a tante altre nel covo di Campobello di Mazara, il giorno dell’arresto, il 16 gennaio.

 «Non sono coloro che si proclamano i soldati di Dio a poter decidere e giustiziare il mio corpo esanime. Non saranno questi a rifiutare le mie esequie. Il rapporto con Dio è personale, non vuole intermediari e soprattutto non vuole alcun esecutore terreno. Gli anatemi sono espressioni umane non certo di chi è solo spirito e perdono».

E ancora: «Sono io in piena coscienza e scienza che rifiuto tutto ciò perché ritengo che il mio rapporto con la fede è puro, spirituale e autentico, non contaminato e politicizzato. Dio sarà la mia giustizia, il mio perdono, la mia spiritualità. Chi come oggi osa cacciare e ritenere indegna la mia persona non sa che non avrà mai la possibilità di farlo perché io non lo consento, non ne darò la possibilità».

Parole molto forti scritte in seguito a un episodio preciso: nel maggio di 10 anni fa la Chiesa ha proclamato beato don Pino Puglisi, il parroco di Brancaccio trucidato dalla Mafia, ricordando la scomunica irrevocabile ai mafiosi ai quali va negato il funerale religioso.

La famiglia

L'ex padrino di Cosa nostra non risulta avere richiesto particolari cure e trattamenti, ha lasciato fare ai medici, ma il suo trasferimento in ospedale è stata sollecitata con forza dalla sua famiglia, rappresentata dalla legale e nipote Lorenza Guttadauro e dalla figlia Lorenza, da settimane all’Aquila. 

Il boss, attraverso una rete di complici che portavano pizzini, ha sempre matenuto i contatti con i familiari: aveva un fratello e quattro sorelle ovvero Salvatore Messina Denaro, fratello maggiore, Anna Patrizia Messina Denaro, la più piccola, fra loro Bice Maria, Giovanna e Rosalia. Tutti finiti, prima o poi, nel mirino degli investigatori: Salvatore e Rosalia sono anche finiti in carcere. Rosalia è la madre di Lorenza Guttadauro, l'avvocata che ha assistito il boss dal momento del suo arresto e che ha visto andare in carcere anche il padre, Filippo Guttadauro. 

La figlia

Lorenza Alagna, ora Lorenza Messina Denaro, è la figlia che il boss ha avuto durante la latitanza da Francesca Maria Alagna: è stata la stessa giovane, 26 anni (è nata il 17 dicembre 1996), che ha ottenuto di ricevere all’anagrafe il cognome del padre. Era arrivato subito l'assenso del padre. L'atto notarile era stato firmato pochi giorni prima della morte del mafioso che aveva scritto più volte, anche al sindaco di Castelvetrano, Antonio Vaccarino, dell'affetto per la figlia. Vaccarino, morto due anni fa, ha tenuto a lungo rapporti epistolari, insomma, pizzini, con il latitante per conto dei servizi segreti. Nei giorni dell'arresto la figlia sembrava invece voler mantenere le distanze con il padre:  «Io non esisto», aveva detto 

Le disposizioni dopo la morte

L’irreversibilità del coma di Messina Denaro ha portato i medici a interrompere tutte le procedure che lo tengono in vita, e il suo avvocato, che è anche tutore legale, è stato presente durante questo processo.

© RIPRODUZIONE RISERVATA