Riace, revocati gli arresti domiciliari a Mimmo Lucano ma divieto di dimora

Mimmo Lucano
Mimmo Lucano
Martedì 16 Ottobre 2018, 22:03 - Ultimo agg. 17 Ottobre, 11:31
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Il tribunale del riesame di Reggio Calabria ha revocato gli arresti domiciliari al sindaco di Riace Domenico Lucano sostituendoli con la misura del divieto di dimora a Riace. La decisione è stata depositata stasera. Per Lucano, però, è una vittoria a metà. I giudici, infatti, hanno stabilito contestualmente il divieto di dimora nel comune di cui era alla guida fino al momento dell'arresto e prima della sospensione dalla carica decisa dal prefetto di Reggio Calabria. Lucano, quindi, lascerà i domiciliari ma sarà costretto anche a lasciare Riace. Per quanto tempo è ancora presto per poterlo dire.

Prima di conoscere la decisione del Tribunale del riesame, subito dopo l'udienza, Lucano aveva detto a chiare lettere, con decisione, che il modello di accoglienza e integrazione creato nel suo comune sarebbe andato avanti. Obiettivo che, certamente, Lucano perseguirà anche stando fuori, ma comunque bisognerà vedere quando la sua assenza influirà sui tanti migranti che a Riace vivono e che in lui hanno un sicuro, se non l'unico, punto di riferimento. E che ora si trovano a dovere decidere se rimanere ma senza i finanziamenti pubblici, o se pure accettare il trasferimento in un altro Sprar dopo la chiusura dell'esperienza riacese decisa dal Viminale.

La Procura di Locri aveva chiesto invece un aggravamento delle contestazioni mosse al sindaco ora sospeso di Riace. Il gip di Locri infatti, nella sua ordinanza di custodia cautelare, ha contestato i reati di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina e illeciti nell'affidamento del servizio di raccolta dei rifiuti, lasciando cadere le accuse più gravi mosse dai pm: associazione a delinquere, concussione, truffa aggravata, abuso e malversazione.

 



«Riace - aveva detto oggi Lucano all'uscita dal Palazzo di giustizia di Reggio Calabria dopo l'udienza del Tribunale del riesame che doveva decidere sul suo caso - rappresenta un'idea che va contro la civiltà della barbarie. Anche senza contributi pubblici andiamo avanti lo stesso, da soli, perché negli anni abbiamo costruito dei supporti all'integrazione che oggi fanno la differenza». La chiusura dello Sprar, decisa dal ministero dell'Interno e la conseguente possibilità che i migranti che vivono a Riace - alcuni da anni - se ne possano andare, non lo spaventa. Anzi. Rivendica lui la chiusura dello Sprar. «Voglio trasmettere questo messaggio - dice - al Governo: vogliamo uscire dallo Sprar. Lo voglio io come volontà politica. Non voglio avere a che fare con chi non ha fiducia e con questo Governo che spesso non rispetta i diritti umani».

Su come andare avanti senza i soldi del Viminale, Lucano un'idea ce l'ha già. E si tratta di puntare sui laboratori
artigiani avviati in questi anni dai migranti che si sono stabiliti in paese e sul frantoio. Rendere produttive, in
definitiva, le attività di un borgo ormai conosciuto in tutto il mondo. In sintesi, spiega Lucano, fare un'accoglienza spontanea «così com'era cominciata» nel 1998 con lo sbarco di duecento profughi dal Kurdistan. Da allora Riace non è più solo il paese dei Bronzi ma anche quello dell'accoglienza e di Lucano, inserito due anni fa dalla rivista americana «Fortune» al 40/mo posto della classifica dei 50 leader più influenti del mondo.


 

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