Treno deragliato: la morte di Mario,
figlio di ferroviere a pochi mesi dalla pensione

Treno deragliato: la morte di Mario, figlio di ferroviere a pochi mesi dalla pensione
di Gigi Di Fiore
Venerdì 7 Febbraio 2020, 07:00 - Ultimo agg. 12:55
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Inviato a Capua 

I suoi colleghi lo chiamavano «maestro». E Mario Dicuonzo maestro lo era stato davvero, facendo da istruttore a decine di corsi di formazione per macchinisti dei treni dell'Alta velocità, organizzati da Trenitalia. Un ferroviere nel sangue, che tra pochi mesi sarebbe andato in pensione dopo 30 anni di lavoro.

Era un predestinato, Mario. Il padre era stato per diversi anni capostazione a Capua. E tutta la famiglia Dicuonzo - padre, madre e i tre figli maschi - ha vissuto a lungo nella casa della palazzina della stazione di Capua di proprietà delle Ferrovie di Stato. Mario aveva fatto il concorso per macchinista, per entrare nell'azienda dove aveva lavorato per tanto tempo il padre. La stessa scelta l'aveva fatto l'altro fratello Maurizio. Il concorso l'avevano vinto entrambi e nel 1981 Mario aveva lasciato definitivamente Capua per trasferirsi al Nord, sua sede di lavoro. Da molti anni, viveva a Pioltello in provincia di Milano con la moglie Chiara e la figlia Federica. Lombardo e cittadino di Pioltello per adozione, ma ripeteva che la sua terra era l'Italia intera a bordo dei treni che conduceva con abilità e sapienza. Un addio alle radici lo aveva dato anche Maurizio, ferroviere come Mario, che vive a Piacenza ed è macchinista sui treni regionali tra Milano e Bologna.

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Domenico, che tutti chiamano Mimmo, è l'unico dei tre fratelli Dicuonzo che continua a vivere a Capua. È il più grande ed è dipendente comunale, nell'ufficio commercio e attività produttive. Era al lavoro, quando ha sentito della tragedia di Lodi. Come per un sesto senso, ha preso il cellulare e ha chiamato il fratello Mario, il più piccolo tra loro tre. Nessuna risposta. Poi gli è arrivata la comunicazione ufficiale. Ed è corso a Caserta, a prendere la moglie al lavoro e, insieme, sono tornati nella loro casa del centro storico di Capua ad attendere che il figlio sedicenne tornasse dalla scuola.

«La notizia della morte di mio fratello è stata per me un colpo al cuore - dice proprio Mimmo Dicuonzo - Non ci sono parole per esprimere il dolore che ho provato. Mi sentirò con mio fratello Maurizio, andrò da mia cognata e mio nipote».

Oggi Mimmo partirà per Milano. Al Comune sono tutti scossi. Il sindaco, l'architetto Luca Branco, dice: «Mimmo è un dipendente comunale, ma anche un amico. Una persona sempre disponibile e pronta. Valuterò con i colleghi dell'amministrazione comunale se prendere qualche iniziativa pubblica per il nostro concittadino di nascita, che si era allontanato da Capua da 30 anni».
 


Mario tornava sempre a Capua a trovare il fratello. Naturalmente, c'era tornato anche per i funerali prima della madre e poi del padre, che gli aveva trasmesso il Dna del ferroviere. Di quel lavoro era orgoglioso, a 59 anni ripeteva che gli consentiva di viaggiare e di conoscere l'Italia anche se con piccoli sacrifici. «Lavoro usurante» il suo, che avrebbe potuto lasciare a 60 anni. Ancora un poco e poi si sarebbe dedicato completamente alla famiglia. A Pioltello hanno proclamato il lutto cittadino. Il sindaco Ivonne Cosciotti ha diffuso un comunicato ufficiale: «Mario Dicuonzo era da tempo un nostro concittadino, siamo vicini alla famiglia».

Mario era iscritto al sindacato, tessera Fit-Cgil, ma non aveva mai voluto accettare incarichi attivi. Pensava più al lavoro, con il sorriso sulle labbra e una professionalità che tutti gli riconoscevano. I suoi colleghi del sindacato lo ricordano come «un pioniere dell'Alta velocità. Un ferroviere con la effe maiuscola». Tanto che Mario era stato inserito nella squadra iniziale dei macchinisti destinati a guidare i super treni dell'Alta velocità. Non badava ai turni, spesso faceva quello dell'alba in partenza da Milano. Proprio come ieri. Amava i treni dell'Alta velocità, che gli facevano passare al volo per la sua terra di origine per poi tornare a casa nella stessa giornata. Un miracolo, possibile per un lavoro che aveva assorbito la sua vita, ereditato dal padre che, da capostazione, aveva potuto fare una carriera più tranquilla. Mario era alla guida del Frecciarossa 9595 diretto a Salerno anche ieri, con il collega calabrese Giuseppe Cicciù con cui si era trovato spesso. Il primo Av della giornata, il viaggio stavolta è durato solo pochi minuti. Il corpo di Mario, come quello di Giuseppe, l'hanno trovato a 500 metri di distanza dalla motrice che guidavano. Il loro ultimo e fatale viaggio. 

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