Invertiti i rapporti di forza?
La domanda è legittima. È addirittura necessaria.
Le forze in gioco sono le due più grandi forze al mondo: Stati Uniti e Cina.
I rapporti sono complessi, a dir poco tesi: forse persino rovesciati, appunto.
La visita di Blinken a Pechino è storica, epocale.
Prima l’incontro con l’omologo, il titolare degli Esteri Qin Gang, poi il faccia a faccia con il presidente in persona, Xi Jinping.
Le rispettive diplomazie celebrano «progressi» ed evidenziano il bisogno di «stabilizzare i rapporti bilaterali».
Ma la realtà dei fatti è parecchio più complicata, e soprattutto divisiva.
La guerra in Ucraina, la posizione sulla Russia. Per non parlare di Taiwan, terreno fertile di un possibile nuovo scontro, diretto, dunque peggiore del precedente, di Kiev e dintorni.
E ancora: le sanzioni, i Diritti Umani, il concetto stesso di democrazia.
Tutto.
Tutto sembra dividere Usa e Cina.
E non c’è diplomazia che tenga. Non c’è documento di sintesi che possa effettivamente avvicinare due Paesi, due realtà, e due modelli, che di fatto sono opposti, sono opposti in tutto.
E poi ci sono degli aspetti “estetici” da analizzare.
Perché se è vero che il segretario di Stato americano è stato ricevuto dal suo evidentemente più alto in grado presidente cinese (gesto che in diplomazia va valutato come di grande apertura, quasi di alta concessione), è altrettanto vero, però, che il fare di Xi è sprezzante.
“Non prendiamo ordini dagli Stati Uniti né accettiamo disposizioni su come dovremmo muoverci, quali che siano i temi”.
È questo, chiarissimo, il messaggio forte della Cina al mondo.
Legami economico-commerciali e dialogo aperto, costante e schietto.
Ma nessuna interferenza. Specie sulla politica di “una sola Cina”, riguardo a quella Taiwan che Pechino sente sua e basta.
Di queste 48 ore sino-americane, dunque, che cosa resta?
Resta l’immagine di un’America che ci prova, seppur con un presidente lontano e debole.
E resta impressa l’immagine di una Cina che, no, di piegarsi ai diktat occidentali, non ci pensa nemmeno.
Che la seconda sia oramai più forte della prima?
Che siano davvero invertiti i rapporti di forza?
La domanda è legittima. È addirittura necessaria. E resta lecita.