Blinken-Xi Jinping, Usa-Cina: invertiti i rapporti di forza?

Legami economico-commerciali e dialogo aperto, costante e schietto. Ma nessuna interferenza

Blinken-Xi Jinping
Blinken-Xi Jinping
di Luca Marfé
Martedì 20 Giugno 2023, 16:44 - Ultimo agg. 21 Giugno, 10:14
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Invertiti i rapporti di forza?
La domanda è legittima. È addirittura necessaria.

Le forze in gioco sono le due più grandi forze al mondo: Stati Uniti e Cina.

I rapporti sono complessi, a dir poco tesi: forse persino rovesciati, appunto.

La visita di Blinken a Pechino è storica, epocale.

Prima l’incontro con l’omologo, il titolare degli Esteri Qin Gang, poi il faccia a faccia con il presidente in persona, Xi Jinping.

Le rispettive diplomazie celebrano «progressi» ed evidenziano il bisogno di «stabilizzare i rapporti bilaterali».

Ma la realtà dei fatti è parecchio più complicata, e soprattutto divisiva.

La guerra in Ucraina, la posizione sulla Russia. Per non parlare di Taiwan, terreno fertile di un possibile nuovo scontro, diretto, dunque peggiore del precedente, di Kiev e dintorni.

E ancora: le sanzioni, i Diritti Umani, il concetto stesso di democrazia.

Tutto.
Tutto sembra dividere Usa e Cina.

E non c’è diplomazia che tenga. Non c’è documento di sintesi che possa effettivamente avvicinare due Paesi, due realtà, e due modelli, che di fatto sono opposti, sono opposti in tutto.

E poi ci sono degli aspetti “estetici” da analizzare.

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Perché se è vero che il segretario di Stato americano è stato ricevuto dal suo evidentemente più alto in grado presidente cinese (gesto che in diplomazia va valutato come di grande apertura, quasi di alta concessione), è altrettanto vero, però, che il fare di Xi è sprezzante.

Che la stretta di mano è debole. Che gli sguardi neanche si incrociano. Che sembra, insomma, più una maniera per il dragone di schiacciare l’aquila, che non una chissà quale forma di cortesia.

“Non prendiamo ordini dagli Stati Uniti né accettiamo disposizioni su come dovremmo muoverci, quali che siano i temi”.
È questo, chiarissimo, il messaggio forte della Cina al mondo.

Legami economico-commerciali e dialogo aperto, costante e schietto.
Ma nessuna interferenza. Specie sulla politica di “una sola Cina”, riguardo a quella Taiwan che Pechino sente sua e basta.

Di queste 48 ore sino-americane, dunque, che cosa resta?

Resta l’immagine di un’America che ci prova, seppur con un presidente lontano e debole.
E resta impressa l’immagine di una Cina che, no, di piegarsi ai diktat occidentali, non ci pensa nemmeno.

Che la seconda sia oramai più forte della prima?
Che siano davvero invertiti i rapporti di forza?
La domanda è legittima. È addirittura necessaria. E resta lecita.

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