Xi Jinping va a Mosca. Dal 20 al 22 marzo, lo aspetta Vladimir Putin.
Il potenziale è colossale: probabile, infatti, che si tratti dell’incontro dell’anno.
Mentre l’Occidente è in affanno sul fronte banche, e mentre si continua a parlare solo e soltanto di armi, l’Oriente si compatta e in particolare la Cina si sforza di parlare di pace.
Ma, domanda secca: che cosa significa questo faccia a faccia?
Punto primo: significa innanzitutto, e prima o poi bisognerà addirittura prenderne atto, che la Russia isolata non è, non lo è affatto. L’«amicizia senza limiti» e la «cooperazione strategica» tra l’orso e il dragone sono confermate e anzi si rinsaldano.
Punto secondo: significa anche una relazione personale strettissima. In due Paesi in cui si fa una certa fatica a parlare di democrazia, infatti, le figure dei due leader sono evidentemente determinanti. Nelle loro mani si concentra il 99 percento del potere, forse persino tutto il 100. E allora una tale vicinanza, una tale amicizia personale appunto, va quasi al di là dei due Stati, e sugella un’intesa uomo a uomo che assume i connotati di ciò che in una storia novecentesca potrebbe essere descritta come una sorta di patto d’acciaio. Difficile, se non impossibile, da incrinare. Altro elemento gigantesco di cui, a prescindere dalla propaganda dell’una e dell’altra parte, l’Occidente deve necessariamente tenere conto.
Punto terzo: significa infine che Xi Jinping onora Putin. E cioè che, nonostante i molti errori commessi dall’omologo russo, a partire dall’aver invaso un altro Stato sovrano, tanto per citarne uno a caso, è il presidente cinese che da Pechino vola a Mosca. E certi dettagli, “dettagli” tra virgolette, in diplomazia contano, e contano pure parecchio.
In estrema sintesi, dunque: un’enorme muraglia cinese attorno alla Russia.
La Casa Bianca e la Nato sono avvisate. Chissà se “mezze salvate”.
E l’Unione Europea?
Mentre il mondo si muove, oggettivamente non pervenuta.
Con la guerra sull’uscio di casa.