LA GUERRA

Israele guerra diretta oggi 10 gennaio, la mezzaluna rossa: «Tel Aviv ha colpito un'ambulanza, 4 morti». Il Sudafrica: «A Gaza viene commesso un genocidio»

Le ultime notizie sul deceimo conflitto fra israeliani e palestinesi

Israele guerra diretta oggi 10 gennaio, la mezzaluna rossa: «Tel Aviv ha colpito un'ambulanza, 4 morti». Il Sudafrica: «A Gaza viene commesso un genocidio»
Israele guerra diretta oggi 10 gennaio, la mezzaluna rossa: «Tel Aviv ha colpito un'ambulanza, 4 morti». Il Sudafrica: «A Gaza viene commesso un genocidio»
Mercoledì 10 Gennaio 2024, 20:17 - Ultimo agg. 11 Gennaio, 00:47

Dal Qatar una nuova proposta per la liberazione degli ostaggi israeliani a Gaza

Il Qatar ha elaborato una nuova proposta per la liberazione degli ostaggi israeliani a Gaza, e stasera quella iniziativa sarà illustrata al gabinetto di guerra dal capo del Mossad David Barnea. Lo ha riferito la televisione commerciale Canale 13. Elaborata dopo un recente incontro a Doha fra il premier del Qatar e famiglie degli ostaggi, la proposta - secondo Canale 13 - include l'esilio da Gaza per alcuni dirigenti di Hamas, ma il movimento resterebbe attivo nel quadro di un 'orizzonte politicò per la Striscia. Tutti gli ostaggi sarebbero rilasciati, ma solo a scaglioni ed in parallelo con un ritiro totale di Israele da Gaza.

Presentato a Tel Aviv docu-reality #Nova sul massacro dei civili israeliani compiuto il 7 ottobre dai miliziani di Hamas

Cinquantadue minuti di terrore. Le immagini dal vivo del massacro compiuto da Hamas il 7 ottobre scorso al festival musicale di Reim - a ridosso di Gaza - dove furono uccisi 364 israeliani dai miliziani del gruppo terroristico. Il docu-reality, presentato oggi a Tel Aviv a giornalisti e diplomatici, si intitola #Nova (dal nome del festival) ed è costruito con le centinaia di video e di messaggini di chi nel corso di quell'appuntamento giovanile è stato ucciso, rapito o è sopravvissuto, ma anche con quelli delle Go-Pro degli stessi miliziani di Hamas poi catturati o uccisi.

Opera del regista Dan Pèer per l'emittente Yes, è una visione che difficilmente si può dimenticare e che fa comprendere molto di quello che è accaduto dopo con la guerra a Gaza. Immagini terribili e senza pietà - da Bataclan a cielo aperto, come sono state definite - che passano dall'iniziale gioia di vivere e divertirsi dei ragazzi al tragico caos cominciato con la pioggia di razzi lanciati da Hamas all'alba del 7 ottobre e continuato con l'arrivo dei miliziani al grido di 'Allah Akbar' e la fascia verde di Hamas intorno alla testa. A colpire non sono solo le immagini ma anche i testi dei messaggi inviati a genitori, amici o alla polizia: invocazioni disperate di aiuto, parole di amore, addii mormorati tra le lacrime, incredulità per una situazione inaspettata e inimmaginabile. I video della festa e quelli dell'arrivo di Hamas - come è stato spiegato dal regista - rivelano uno scontro di culture: da una parte la vita, dall'altra la morte. «Vorrei che fosse visto da ogni persona di età superiore ai 18 anni nel mondo - ha detto Pèer -. È un film che mostra l'olocausto accaduto a Reim». Ed è agghiacciante vedere alla fine del docu il destino di gran parte dei protagonisti involontari del film: tutti uccisi o rapiti, compresi i poliziotti israeliani accorsi nel tentativo di salvare i ragazzi.

Egitto, Giordania e Autorità nazionale palestinese (Anp) accusano Israele: "Gravi violazioni dei seti religiosi in Cisgiordania"

Egitto, Giordania e Autorità nazionale palestinese (Anp) hanno denunciato, durante il vertice svolto oggi ad Aqaba, «la gravità delle ostilità in Cisgiordania e le violazioni dei siti religiosi, che stanno aumentando le tensioni nella regione e potrebbero portare a una situazione incontrollabile». Lo ha riferito il portavoce della presidenza egiziana Ahmed Fahmy dopo il vertice tenuto oggi ad Aqaba tra il re giordano Abdallah, il presidente egiziano Abdel Fattah Al-Sisi e il presidente dell'Anp Abu Mazen. Egitto e Giordania hanno insistito sul loro rifiuto «di ogni piano israeliano che separi il destino di Gaza da quello della Cisgiordania». Hanno poi respinto «categoricamente qualsiasi sforzo, tentativo o proposta volta a liquidare la causa palestinese o a cacciare i palestinesi dalle loro terre, così come è stato affermato il rifiuto totale di qualsiasi tentativo di rioccupare parti di Gaza». È stata invece sottolineata la necessità di consentire il ritorno a casa della popolazione della Striscia di Gaza.

 

 

Durante il vertice, Al-Sisi - ha sottolineato il portavoce - ha detto che l'Egitto sta facendo ogni sforzo per «aprire il dialogo con tutte le parti in vista di un cessate il fuoco immediato a Gaza», evidenziando l'impegno dell'Egitto nel fornire, coordinare e consegnare aiuti umanitari alla popolazione della Striscia di Gaza e nell'accoglienza dei feriti.

Tutto questo «non è tuttavia sufficiente a proteggere la popolazione della Striscia di Gaza dalla catastrofe umanitaria alla quale è esposta» che «richiede una presa di posizione decisa da parte della comunità internazionale per promuovere un cessate il fuoco». «La comunità internazionale - ha aggiunto Al-Sisi - deve assumersi le proprie responsabilità per attuare le risoluzioni internazionali pertinenti, comprese le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza e dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite». Al vertice è stato confermato il «pieno sostegno» all'Anp, e l'appoggio ad una «soluzione giusta e globale della causa palestinese, a condizione che includa la creazione e il riconoscimento dello Stato palestinese stabilito ai confini del 4 giugno 1967, con Gerusalemme Est come capitale».

Israele: "Dopo i successi a Gaza esercito pronto per combattere gli Hezbollah in Libano"

I risultati ottenuti dalle truppe israeliane nella Striscia di Gaza dimostrano la loro capacità di combattere, eventualmente, anche Hezbollah in Libano. Lo ha sottolineato il capo di Stato maggiore delle Idf, il generale Herzi Halevi, parlando alle truppe nell'enclave palestinese. «Qui vedo le capacità, so molto bene che voi sapete come affrontare qualsiasi problema a Gaza, non c'è un chilometro quadrato a Gaza in cui non sapete come entrare e distruggere», ha detto Halevi, citato dai media israeliani. «Dopo quello che avete fatto, non c'è villaggio in Libano, non ci sono aree fortificate in Libano in cui non possiate entrare e distruggere. Vi metteremo nei posti necessari e farete ciò che è necessario», ha aggiunto.

Unicef, Lucia Elmi: «Gli 800mila bambini ammassati a Gaza se non muoiono per i bombardamenti rischiano di morire per le malattie"

«Gli 800mila bambini che vivono ammassati nella Striscia di Gaza se non muoiono per i bombardamenti rischiano di morire per le malattie». A lanciare l'allarme parlando con l'Ansa è Lucia Elmi, la rappresentante speciale Unicef per lo Stato della Palestina che è stata per una settimana in missione nella striscia di Gaza. «Sono rientrata ieri notte - ha spiegato - ero nella città di Rafah nel sud, ho visitato diverse comunità. Abbiamo provato diverse volte ad andare al nord, dove ci sono ancora persone, ma tutte le volte le missioni non sono state permesse» «Nel sud, al confine con l'Egitto, vive 3/4 della popolazione praticamente ammassata - spiega - .Si vedono persone arrivare continuamente su carretti con materassi e qualche coperta. Gente che è stata sfollata di continuo, anche 5/6 volte che vive in condizioni estreme con tende, materiali di recupero, fogli di plastica. A Gaza non ci sono più praticamente alberi, ho visto ragazzini tagliarli. Il legname serve per cucinare, per scaldarsi e i rami per poggiarci le tende così come i pali della luce». «Sono 800mila bambini - prosegue - che vivono in condizioni assolutamente precarie che sono sfuggiti dai bombardamenti e ora sono in condizioni psicologiche molto preoccupanti. Ma soprattutto rischiano di morire per le malattie: i casi di diarrea sono raddoppiati e il più grande rischio è la malnutrizione severa e acuta per 135mila bambini. Per non parlare del fatto che sono tre mesi che questi bambini e adolescenti non vanno a scuola, mentre bisognerebbe ricominciare con una qualsiasi forma di apprendimento in sicurezza». Per questi motivi l' Unicef torna a chiedere «il cessate fuoco, il rilascio di tutti gli ostaggi, compresi due bambini, consentire gli aiuti umanitari senza impedimenti, soprattutto al nord della Striscia di Gaza». «Siamo preoccupati anche per la situazione in Cisgiordania, dove - ricorda Elmi - sono stati uccisi più di 80 bambini negli ultimi tre mesi». Nonostante le difficoltà Unicef continua a portare aiuti: «Abbiamo fornito acqua - sottolinea Elmi - a 1 milione e 300 mila persone e la settimana scorsa per la prima volta dall'inizio di questa guerra abbiamo portato 600mila dosi di vaccini per la polio, la tubercolosi, il tetano poichè le vaccinazioni erano state interrotte da tre mesi». L'immagine che ha colpito di più la rappresentante dell' Unicef durante la sua missione è che «c'erano bambini ovunque. Mentre camminavo per le strade per le visite di monitoraggio mi circondavano, volevano un contatto umano, giocare, stringermi la mano, mi sorridevano. È una cosa che da una parte strappa il cuore, ma dall'altra dà tanta speranza e motivazione per andare avanti».

Israele, diretta guerra oggi 10 gennaio: il decimo conflitto fra israeliani e palestinesi è entrato nel quarto mese con il bilancio delle vittime che diventa sempre più pesante. Il 7 ottobre i miliziani di Hamas usciti dalla Striscia di Gaza hanna trucidato compiendo ogni genere di efferatezza oltre 1.300 civili israeliani, dal giorno seguente i bombardamenti e i raid di Tel Aviv hanno causato oltre 23mila morti, fra i quali una vasta parte è composta da minorenni.  

«Israele ha commesso, sta commettendo e rischia di continuare a commettere atti di genocidio contro il popolo palestinese a Gaza». È in sintesi l'accusa mossa dal Sudafrica contro lo Stato ebraico per la guerra nella Striscia, scatenata dal massacro di Hamas del 7 ottobre e che ha finora ucciso oltre 23 mila palestinesi.

L'istanza è stata presentata da Pretoria il 29 dicembre scorso alla Corte internazionale di giustizia, il principale organo giudiziario delle Nazioni Unite, provocando diverse reazioni internazionali - e l'indignazione di Israele - e sarà discussa domani e venerdì in due udienze pubbliche al Palais de la Paix dell'Aja. La prima giornata sarà dedicata alle argomentazioni dell'accusa che saranno illustrate dalla delegazione sudafricana, guidata dal ministro della Giustizia Ronald Lamola, e composta da un team di diplomatici, avvocati ed esponenti politici internazionali come Jeremy Corbyn, l'ex leader laburista britannico più volte accusato in patria di antisemitismo.

Secondo il Sudafrica, Israele viola la Convenzione contro il genocidio che ha ratificato nel 1950. In particolare, si legge nelle 84 pagine presentate all'Aja, «gli atti e le omissioni di Israele rivestono carattere di genocidio perché accompagnano l'intento specifico richiesto di distruggere i palestinesi di Gaza in quanto parte del gruppo nazionale, razziale ed etnico più ampio dei palestinesi».

Pretoria accusa inoltre Israele davanti alla Corte di giustizia (che dirime le controversie tra gli Stati, mentre la Corte penale internazionale persegue le responsabilità individuali) di non adempiere «ai suoi obblighi di prevenire il genocidio, né a quello di perseguire» i responsabili «dell'incitamento diretto e pubblico a commettere genocidio» come esige la Convenzione.

Nell'istanza, il Sudafrica chiede quindi alla Corte di imporre «misure cautelari» (che sarebbero vincolanti) quali ordinare a Israele di cessare le uccisioni e «i gravi danni fisici e mentali inflitti» ai palestinesi di Gaza e di consentire l'accesso agli aiuti umanitari nella Striscia. Tutte accuse che Israele giudica «infondate».

Venerdì toccherà quindi al suo team di avvocati, tra cui il britannico Malcolm Shaw, spiegare le ragioni della guerra di Israele nella Striscia. «Non c'è niente di più atroce e assurdo» della causa intentata dal Sudafrica, ha anticipato il presidente israeliano Isaac Herzog, mentre proprio alla vigilia dell'udienza il governo di Benyamin Netanyahu ha aperto un sito web «per mostrare al mondo alcuni dei crimini contro l'umanità commessi da Hamas».

«Domani compariremo davanti al tribunale dell'Aja - ha spiegato l'ufficio del primo ministro -: questo sito aiuterà lo Stato di Israele nella sua missione di ricordare al mondo che siamo vittime dell'evento terroristico senza precedenti che abbiamo vissuto». Al fianco di Israele si sono già schierati gli Stati Uniti, così come la Gran Bretagna. Pur ipotizzando che « Israele potrebbe aver violato il diritto internazionale a Gaza», l'ex premier Tory e attuale ministro degli Esteri David Cameron ha criticato la mossa sudafricana: «Non penso che sia utile e nemmeno giusto - ha dichiarato -. Spetta ai tribunali definire il termine genocidio, non agli Stati. La nostra opinione è che Israele abbia il diritto di difendersi». Ma per il presidente del Sudafrica, Cyril Ramaphosa, si tratta di un dovere morale, «una questione di principio».

Il suo partito, l'African National Congress di Nelson Mandela, sostiene la causa palestinese paragonandola alla propria lotta contro l'apartheid. Secondo molti analisti, la decisione di ricorrere alla Corte internazionale sarebbe stata dettata, in chiave interna, dalla necessità di riguadagnare consensi in vista delle elezioni generali del 2024 dimostrandosi fedele ai suoi principi. E sul piano internazionale dalla volontà di aumentare la propria influenza, come membro dei Brics, a favore al Sud globale.

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