Brexit, ora i napoletani di Londra
​hanno paura: che autogol!

Brexit, ora i napoletani di Londra hanno paura: che autogol!
di Carlo Porcaro
Mercoledì 4 Settembre 2019, 08:36
4 Minuti di Lettura
I napoletani che vivono a Londra temono gli effetti della Brexit. Hanno messo radici in Gran Bretagna per sentirsi al centro del mondo esportando il loro talento e ora che si prospetta l'uscita dall'Europa provano un certo disorientamento. Non tanto per gli aspetti burocratici del no-deal, quanto per l'attrattività di una città da sempre fiera di essere multietnica, patria di diritti e opportunità. Dall'architetto che progetta gli stadi dei Mondiali in Qatar al parrucchiere che ha pettinato Pippa Middleton, passando per il noto pizzaiolo e l'organizzatore di eventi, i napoletani di casa a Londra vivono con ansia l'avvicinarsi del 31 ottobre, data entro cui dovrebbe essere formalizzata l'uscita del Regno Unito dalla Comunità europea.

 

IL PIZZAIOLO
A Londra si può gustare un'ottima pizza napoletana. Napoletana doc, s'intende. Qui hanno aperto una pizzeria i vari Michele, Capuano nonché Ciro Salvo di 50 Kalò. Un luogo in cui trionfa il made in Naples, con manodopera spesso straniera e clienti da ogni parte del globo. «Lo ammetto, abbiamo paura per gli effetti della Brexit, ma siamo in attesa degli sviluppi di questi giorni», spiega Salvo. Quale è il timore principale? Facile, che fuggano gli stranieri. «Abbiamo paura di non trovare più personale: io ho 25 dipendenti, non so come farò. Senza squadra come porto avanti la mia attività? si chiede -. Lo scenario peggiore è il fuggi-fuggi dei lavoratori non inglesi che diventerebbero extracomunitari, però aspettiamo ancora». L'applicazione dei dazi doganali sulle merci da importare per il pizzaiolo «sarebbe il male minore, perché è vero che aumenterebbe il costo delle materie prime ma qui è in gioco il futuro di Londra: la Brexit per me sarebbe un grande autogol, qui vivono di turismo e grazie a coloro che investono».
IL MANAGER
Frequenta la capitale britannica dal lontano 1984, ne ha viste di tutti i colori e sente che ora le posizioni politiche estreme di Boris Johnson potrebbero dare un brutto colpo allo storico fascino di Londra. Rosario Dello Iacovo, manager di una società di servizi che si occupa di eventi tra cui l'organizzazione degli steward negli stadi, ammette che «qualche problema con gli status giuridici ce l'ha chi non ha un lavoro, ma qui l'occupazione vola e trovare un impiego non è affatto difficile». Per avere la card di residente bisogna risiedere in modo dimostrabile da cinque anni in Inghilterra «ma a me sono dimostrabili solo 3 anni, ma tramite le applicazioni sui telefonini ti registri presso le autorità competenti». La ricaduta della Brexit «dipende dagli esiti». La situazione è chiara, le città per il remain contro la campagna che vuole lasciare l'Ue «ma per me personalmente non cambia niente, ho comunque uno stato giuridico di pre-residente che posso trasformare in residente tra due anni e chiedere la doppia cittadinanza, cambia sicuramente la percezione perché Londra è sempre stata la città degli esuli, è il mondo che ti accoglie con mille etnie e 308 lingue parlate. Con i furgoni dell'anti-immigrazione contro i caraibici è cambiato qualcosa svela Dello Iacovo -. Però sia chiaro che gli stranieri qui lavorano eccome: non c'è un solo italiano che campa con la social card, vanno tutti a lavorare la mattina. I brexiteer invece ci accusano di togliergli il lavoro».
IL PARRUCCHIERE
Due anni dopo la caduta del Muro di Berlino, nel 1991 il parrucchiere Adolfo Vallono ha aperto il suo negozio a Londra, quartiere Chelsea. Ora può vivere un'altra clamorosa trasformazione mondiale, la Brexit. «Ormai sono quasi british, ho il passaporto britannico: Londra è e sarà sempre una città multirazziale, ora è molto più europea di quando arrivai e quindi andarsene sarebbe davvero un paradosso», racconta. Serpeggia, soprattutto nel settore finanziario e delle multinazionali, il timore che la capitale inglese non sia più il cuore dell'Europa che conta. «In questi giorni sto sentendo molti europei che pensano di essere trasferiti altrove, le banche soprattutto». Anche Vallono ha usato l'app con cui far risultare al Governo che vivi da 5 anni, «altrimenti lo devi fare ogni anno e senza lavoro qui diventa come l'America: tutto molto più complicato». Soft deal o hard deal, che cosa augurarsi? «Per l'economia meglio un accordo risponde - altrimenti sarà una mazzata importare i prodotti. Chi compra spenderà di più, mentre se devi vendere il mercato sarà crollato».
L'ARCHITETTO
Fulvio Wirz, architetto dello studio associato intitolato a Zaha Hadid, non nasconde il proprio stato d'animo pur consapevole che la professionalità di chi viene da Napoli rappresenta una certezza nel mare dei dubbi: «Temo la Brexit come si teme qualunque cosa sulla quale non si ha il controllo e di cui non si conoscono le conseguenze. Mi fido degli esperti e so quanto un no deal possa nuocere non solo all'Inghilterra ma all'Europa ed al mondo intero dice -. Perché in controtendenza con la cultura ed i mercati globali».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
© RIPRODUZIONE RISERVATA