Sottomarino Titan, gli ultimi secondi prima dell'implosione. «Luci spente per risparmiare la batteria». La rivelazione della moglie di una delle vittime

Le ultime ore del sommergibile negli abissi dell'oceano Atlantico: l'equipaggio al buio nella sua discesa verso il Titanic

Il sommergibile Titan. Nel riquadro Shahzada Dawood con il figlio 19enne Suleman
Il sommergibile Titan. Nel riquadro Shahzada Dawood con il figlio 19enne Suleman
di Silvia Sfregola
Lunedì 3 Luglio 2023, 11:13 - Ultimo agg. 4 Luglio, 07:02
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Si pensava che con la forza dell'implosione il Titan in fibra di carbonio si fosse praticamente vaporizzato, disintegrando tutto all'istante, compresi i passeggeri a bordo, prima ancora che si rendessero conto che qualcosa non andasse. A quasi due settimane dal ritrovamento dei detriti del sommergibile, che trasportava cinque persone alla ricerca del relitto del Titanic nelle acque dell'Atlantico, per la Guardia Costiera americana non ci sarebbero dubbi sulla presenza anche di resti umani fra i rottami riportati a galla.

Il 18 giugno il sommergibile di “OceanGate” scompare in mezzo all'oceano dopo un'ora e mezza dall'inizio della missione e l'ultima discesa del Titan avviene «nel buio più totale mentre i passeggeri ascoltavano musica e ammiravano creature marine bioluminescenti» come rivelato da Christine, la moglie di Shahzada Dawood, l'uomo d'affari pakistano a bordo del batiscafo con il figlio 19enne Suleman. 

 

Gli attimi finali del Titan prima dell'implosione

Christine, insieme all'altra figlia 17enne Alina, si trovava sulla nave di appoggio della spedizione, la “Polar Prince”, e aveva salutato il marito e il figlio, entusiasti per la missione, prima dell’ingresso nel sommergibile.

Dopo che il Titan aveva perso i contatti, la donna aveva continuato a sperare in un miracolo ma poi, trascorse le fatidiche 96 ore e finito l’ossigeno a disposizione nel batiscafo, si era preparata al peggio. Christine, di origini tedesche, ha raccontato che lei e il marito avevano prenotato due posti a bordo del sommergibile tempo fa ma la missione era stata annullata a causa della pandemia di Covid. Quando poi l’occasione si era ripresentata, aveva deciso di lasciare il suo posto al figlio, ossessionato dal Titanic fin da quando aveva costruito un modellino Lego di 10mila pezzi del transatlantico affondato nel 1912.

 

L'immersione del marito e del figlio e degli altri 3 passeggeri a bordo, il ceo di “OceanGate” Stockton Rush, (61 anni), l'esperto francese del Titanic Paul-Henri Nargeolet (77) e l'esploratore inglese Hamish Harding (58) era iniziata alle 8. Un'ora e 45 minuti dopo, esattamente alle 9:45, il contatto veniva perso segnando l'inizio del dramma. È ormai assodato che la Marina degli Stati Uniti ha registrato il suono di un'implosione: esattamente cinque giorni dopo, i detriti del sottomarino sono stati trovati sul fondo del mare, a 1.600 piedi dal relitto del Titanic.

«La discesa sarebbe avvenuta al buio» ha raccontato al New York Times la signora Dawood rivelando un particolare inedito. «Perché i fari sarebbero stati spenti per risparmiare la carica della batteria per quando sarebbero scesi sul fondo del mare. Prima dell'immersione hanno spiegato a mio marito e a mio figlio che probabilmente avrebbero visto creature bioluminescenti». Shahzada era un appassionato del Titanic e aveva letto le storie scritte dall'esploratore Nargeolet, uno dei maggiori esperti mondiali del relitto, morto anche lui sul Titan. La signora Dawood ha raccontato anche di essere rimasta colpita dalla professionalità di tutti quelli che erano a bordo della Polar Prince: «Sembrava un'operazione perfetta e si vedeva che l'avevano già fatto molte volte». Non c'era tensione, nessuno sembrava aver paura di nulla e il marito scherzava sull'abbigliamento di bordo fornito dalla OceanGate: giacca e pantaloni impermeabili, stivali con la punta d'acciaio, giubbotti di salvataggio, elmetti. Hanno posato per una foto. «Sembro piuttosto grasso» aveva ironizzato Shahzada. «Io e Alina ci siamo dette Oh, Dio, spero che non cada in acqua» ha confessato Christine al New York Times. «Tutti e cinque sono saliti sul sottomarino e i sommozzatori hanno chiuso il portellone. Qualcuno ha stretto tutti i bulloni». E sempre al quotidiano americano la signora Dawood ha raccontato che quando ha sentito qualcuno dire che la comunicazione con Titan era stata persa è andata sul ponte della nave dove in molti l'avevano rassicurata: «Le comunicazioni possono essere inaffidabili» le avevano detto. «Se ci fosse stato un problema, la missione sarebbe stata interrotta e il sottomarino avrebbe lasciato cadere i pesi a bordo e sarebbe risalito in superficie». «Ho guardato l'oceano per ore sperando di vederli riemergere» ha rivelato. Ma l'unica cosa che è riemersa, giorni dopo, sono stati solo i detriti del sommergibile imploso.

 

L'inchiesta sulla nave che ha lanciato il Titan

Secondo le prime ricostruzioni, il Titan sarebbe imploso poco dopo l'immersione, per questo sarà cruciale analizzare le comunicazioni prima che la nave perdesse i contatti, soprattutto alla luce del fatto che non c'è una scatola nera. Poi ci sarà l'analisi dei detriti ritrovati sul fondo del mare a oltre 3.000 metri di profondità. Gli investigatori sono al lavoro per stabilire le cause e il ruolo nella tragedia del materiale utilizzato per la costruzione del sommergibile, fibra di carbonio per di più di bassa qualità e «riciclata» come avrebbe confessato il ceo Rush ad un giornalista che sarebbe dovuto partire per una missione a giugno.

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