Trump parla all'America: «Appello all'Unione, ma con il Messico costruirò un muro»

Donald Trump allo stato dell'Unione
Donald Trump allo stato dell'Unione
di Anna Guaita
Mercoledì 6 Febbraio 2019, 07:48 - Ultimo agg. 7 Febbraio, 13:01
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Ha parlato per un’ora e 22 minuti, interrotto da 98 applausi. Donald Trump ha battuto se stesso, ieri sera, nel suo secondo discorso sullo stato dell’Unione, superando di due minuti quello dell’anno precedente. Ma la struttura non è cambiata: numerosi appelli alle iniziative bipartisan e inviti a «rompere venti anni di paralisi e a sanare vecchie ferite», alternati a momenti intensamente ideologici, come l’attacco all’immigrazione illegale proveniente dal sud, la rinnovata promessa di costruire un muro lungo quel «confine senza legge», la minaccia contro l’inchiesta del Russiagate. La speaker della Camera, la democratica Nancy Pelosi, ha represso ogni reazione di protesta del suo partito, alzando severamente la mano ai primi fischi, e gli attacchi del presidente sono caduti nel silenzio.

Donald Trump ha aperto la serata, che vede le Camere riunite e la presenza di tutte le cariche istituzionali, senza neanche aspettare che Pelosi lo presentasse, come vuole la tradizione. Si è tuffato subito a parlare, ricordando il passato eroico del Paese, e salutando un gruppo di veterani dell’invasione della Normandia, di cui si celebra il 75esimo anniversario, e l’astronauta Buzz Aldrin, che partecipò allo sbarco sulla luna 50 anni fa.

Il discorso ha avuto vari momenti di respiro bipartisan, come quando il presidente ha ricordato il passaggio della legge di riforma del sistema penale federale, o quando ha salutato uno dei successi maggiori dell’economia in crescita e cioè il record di posti di lavoro per le donne: il folto gruppo di donne elette nelle file del partito di opposizione lo ha applaudito, e scandito «Usa, Usa!» ottenendo da lui un sorriso compiaciuto. Ma ci sono anche stati momenti di estrema durezza. Ad esempio quando se l’è presa con l’inchiesta sulle presunte collusioni con la Russia durante la campagna elettorale del 2016, inchiesta che ha definito «una ridicola indagine di partito», minacciando che non sarà possibile vivere «in pace e governare» se essa continuerà. Ancora più dura la teoria che se non fosse stato eletto lui i democratici avrebbero mosso «una grande guerra contro la Corea del nord». E poi l’affondo sull’immigrazione illegale, che ha dipinto come una delle più grandi tragedie del Paese, ignorata dal partito democratico e dai «ricchi liberal che vivono dietro alti muri, e protetti da guardie».

Il discorso doveva avvenire il 29 gennaio, ma la speaker Pelosi aveva ritirato l’invito al presidente, poiché era ancora in atto lo shut down di parte delle attività federali. Fra dieci giorni, anzi, scadranno le tre settimane di tempo che Trump aveva concesso ai due partiti per trovare una soluzione per il rifinanziamento delle agenzie federali. Il presidente chiede che la legge contenga un fondo di 5,7 miliardi per la costruzione del muro al confine con il Messico: «Ci vuole un muro, e lo costruirò» ha ribadito ieri sera.

Tutta la parte centrale del discorso è stato un elenco di proposte che Trump vorrebbe vedere realizzate, come «la sconfitta dell’Hiv entro dieci anni», il divieto di «effettuare aborti tardivi», lo sviluppo di nuove infrastrutture, la lotta contro il cancro infantile, il calo dei costi dei farmaci (molti hanno notato la totale assenza di proposte sull’ambiente). Ha poi ricordato quelli che giudica i suoi maggiori successi, come la lotta commerciale alla Cina, l’opposizione al socialismo di Maduro in Venezuela, l’uscita dall’accordo sul nucleare iraniano, il riconoscimento di Gerusalemme come capitale di Israele, la guerra contro l’Isis, il dialogo con la Corea del nord. E su quest’ultimo punto ha anche annunciato che il suo secondo appuntamento con Kim Jong-un sarà il 27 febbraio, in Vietnam.

Questo è stato il terzo discorso di Trump alle Camere riunite, ma solo il secondo sullo stato dell’Unione: nel febbraio del 2017 il neoeletto presidente parlò alle Camere, ma essendosi appena insediato, come è tradizione per tutti i presidenti, si limitò a un discorso in cui guardava avanti, alla realizzazione dei suoi programmi. Lo scenario ieri sera è stato diverso rispetto al 2017 e al 2018: la Camera, l’aula che ospitava la seduta, è adesso a maggioranza democratica, e il numero di donne al Senato e alla Camera è aumentato. Era difficile non notarle, vestite di bianco, come le suffragette dell’inizio del Novecento a sottolineare la loro resistenza nei confronti di un presidente spesso recepito come antifemminista. Quattro di queste donne hanno già dichiarato di essere in corsa contro di lui per la presidenza nel 2020, la senatrice di New York Kirsten Gillibrand, la senatrice della California Kamala Harris, la senatrice del Massachusetts Elizabeth Warren e la deputata delle Hawaii Tulsi Gabbard.

Altro segno dei tempi: gli invitati. Fra i 13 invitati dal presidente, c’erano persone che riflettono i temi a lui cari, ad esempio tre donne sopravvissute a un’aggressione omicida condotta da un immigrato illegale del Guatemala. C’era anche un ragazzino di 11 anni, Joshua Trump, vittima di bullismo per l’omonimia con il presidente.

 
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