Terremoto Marocco, oltre 2.000 morti: si scava a mani nude. «Interi villaggi scomparsi»

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Terremoto Marocco, oltre 2.000 morti: si scava a mani nude. «Interi villaggi scomparsi»
Terremoto Marocco, oltre 2.000 morti: si scava a mani nude. «Interi villaggi scomparsi»
di Francesca Pierantozzi
Lunedì 11 Settembre 2023, 00:23 - Ultimo agg. 15:21
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Tafeghaghte non esiste più. Erano 1.400 abitanti sulle pendici dell’Alto Atlante, nella regione di Marrakech-Safi: case di argilla, alcune costruite magari stanza dopo stanza, anno dopo anno, per la famiglia che si allargava. Le notizie che arrivano dal paese epicentro della scossa di venerdì sera, dicono che non c’è più una sola costruzione in piedi. Si scava senza interruzione alla ricerca di superstiti, come si scava in tutto il Marocco occidentale. È cominciata la corsa contro il tempo che segue la catastrofe. Il bilancio continua ad aumentare, ed è provvisorio: le cifre ufficiali comunicate ieri pomeriggio parlano di 2.122 morti e 2.421 feriti, di cui un migliaio in condizioni molto gravi. Più della metà delle vittime si registra nella provincia di Al Haouz, una settantina di chilometri a sud di Marrakech.

 

LA TESTIMONIANZA

Zahra Benbrik, 62 anni, è stata intervistata da tutte le tv locali. La donna è nata e vissuta sempre a Tafeghaghte. Dice di aver perso 18 parenti. «Sono morti tutti, non c’è consolazione, resta da tirare fuori ancora il corpo di mio fratello». A Marrakech le vittime ufficiali sono per ora 17. All’ospedale Mohammed VI ritengono però che il bilancio sia purtroppo da correggere. Tanti dei decessi avvenuti all’ospedale della città non sono ancora stati registrati: «manca il tempo, per ora pensiamo a curare». Secondo l’Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari (Ocha), più di 300.000 persone a Marrakech e nei dintorni hanno bisogno di aiuto. Il re ha inviato tutti a pregare per i defunti. Il dispositivo di soccorso prevede la mobilitazione di circa 50 uomini, di mezzi dell’esercito, oltre che della protezione civile. Offerte di aiuto sono arrivate da molte parti del mondo. Per ora, secondo il sito di informazione marocchino “Le 360”, le autorità hanno «accettato» soltanto mezzi e personale da Spagna, Regno Unito, Qatar e Emirati Arabi Uniti.

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NUOVE SCOSSE

La terra marocchina ha continuato a tremare ieri. La scossa più grave ha segnato 4.5 sulla scala Richter, sempre con epicentro nella stessa regione, sull’Alto Atlante. Un centinaio di persone continuano a trovare rifugio sull’immensa piazza Jamaa el Fna. Sono soprattutto sfollati della Medina: la cittadella vecchia di Marrakech, classificata patrimonio dell’Umanità, è semidistrutta. In alcune zone dei 700 ettari di vicoli, case e riad, alcuni risalenti anche al tredicesimo secolo, i danni sono «impressionanti» come ha raccontato Eric Falt, direttore regionale dell’Ufficio Unesco per il Maghreb, che già ieri ha visitato il sito con una piccola squadra di esperti. «Dopo una catastrofe come questa, la cosa più importante è salvare e proteggere vite umane - ha detto Falt al termine del sopralluogo - ma bisogna anche prevedere immediatamente la seconda fase, che comprenderà la ricostruzione delle scuole e dei beni culturali danneggiati dal terremoto». C’è già una prima constatazione: «I danni sono molto più gravi di quanto ci aspettassimo. Abbiamo rilevato crepe importanti sul minareto della Koutoubia, la struttura più famosa, ma anche la distruzione quasi totale del minareto della moschea Kharbouch sulla piazza Jamaa el Fna».

Più gravi di quanto lasciato pensare dalle prime immagini anche i danni alle mura di cinta della città del XII secolo. In alcuni tratti le pietre poste dagli Almoravidi, la dinastia che fondò Marrakech, sono andate in polvere, aprendo squarci nei bastioni. Semidistrutto anche il quartiere del Mellah, l’antico quartiere ebraico che il re Mohammed VI aveva fatto restaurare nel 2016, favorendo tra l’altro il ritorno alle relazioni diplomatiche con Israele. La maggior parte delle abitazioni a un piano con la caratteristica pietra d’ocra sono crollate. Ad aver resistito meglio al terremoto sono in realtà i riad restaurati negli ultimi decenni dagli europei, soprattutto francesi, che hanno seguito l’esempio di Yves Saint Laurent e sono diventati proprietari delle caratteristiche costruzioni della città.

«Ci sono grosse disparità - spiega Sylvain Schroeder proprietario di una decina di riad nella Medina - le abitazioni restaurate hanno delle strutture in cemento e non hanno subito danni.

Le altre, anche quelle che la scossa non ha buttato giù, presentano tutte crepe, alla prima pioggia rischiano di crollare, come castelli di carta». 

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