Ucraina, la resistenza del popolo: nonne col fucile e inno urlato a squarciagola

Ucraina, la resistenza del popolo: nonne col fucile e inno urlato a squarciagola
di Antonio Menna
Venerdì 4 Marzo 2022, 07:00 - Ultimo agg. 13:46
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«Gli occupanti russi riceveranno solo una cosa dagli ucraini: la resistenza. La ricorderanno per sempre e mostrerà che non rinunciamo a ciò che è nostro». Le parole di Volodymyr Zelensky, inatteso leader ucraino, con maglietta verde militare e immagini sgranate da cellulare, sono intrise di retorica. Come fare diversamente, del resto, dentro una guerra così sproporzionata e violenta, dove tuonano armi e psiche? Il capo chiama alla raccolta la sua popolazione civile, non avendone abbastanza di militare, e agita, con tutte le armi della propaganda, anche quella dal basso, dei cellulari e dei social, il racconto di un popolo fiero e romantico che si oppone quasi a mani nude all'invasore spietato e cinico. Così arrivano, insieme al romanzo russo di razzi e carri armati, i racconti ucraini di anziane signore che sfidano i militari, di comunità che intonano l'inno davanti ai carri armati, di uomini che imbracciano goffi un fucile e donne che resistono e accolgono, infine perfino partoriscono. È Davide contro Golia ma i giganti sembrano loro, gli ucraini, i volti comuni della guerra, così simili a noi tutti: le nostre mogli, le nostre nonne, noi stessi, se ci trovassimo da un giorno all'altro invasi e schiacciati da un prepotente violento. Si chiama identificazione e l'ultima speranza a morire è che arrivi ovunque, fino in Russia, magari, a intenerire quelle stesse mamme, quelle stesse nonne, per invertire il circuito della guerra e mandarlo in corto. 

Così è il sindaco stesso di Enerhodar, Dmitro Orlov, a girare con un cellulare e a mandare in rete il video che mostra la sua gente scendere in strada in massa per mettersi di traverso rispetto all'avanzata dei mezzi russi, e proteggere così la centrale nucleare di Zaporizhzhya, la più grande d'Europa, con sei reattori. Il video diventa ovviamente virale. La forza e il coraggio del popolo, titolano i siti web. La resistenza si compone di nuclei di gente comune, che si addensa, si affolla lungo uno stradone di campagna. Poi, ovviamente, i carri armati russi sono arrivati. Hanno avuto la meglio. Si è visto qualche video con delle esplosioni, le cronache confuse delle propagande incrociate parlano di vittime. La centrale nucleare, alla fine, è ovviamente presa come tutto il territorio di quella zona. Ma quello che conta, in questo conflitto emozionale, non è solo il risultato ma come stai in campo, come te la giochi: la fierezza, lo sprezzo del pericolo, l'orgoglio dei giusti contro l'arroganza degli invasori. 

Ed è lo stesso messaggio che contiene un altro video lanciato in rete anche dai siti dei giornali internazionali più accreditati. Questa volta la scena si sposta. Siamo a Henichesk, regione di Kherson, vicino al confine con la Crimea. Una donna anziana si avvicina a un soldato, che ha un'arma puntata verso il basso. La signora si rivolge al militare ad alta voce, in segno di sfida. Chi siete? - chiede Che tipo di missione state facendo? Siete russi? Siete occupanti, siete fascisti!. Il soldato risponde con imbarazzo e calma. La prego si faccia da parte, dice. Che ci fate nella nostra terra con tutte queste armi? - urla la signora - Prendete questi semi e metteteli nelle vostre tasche, così cresceranno almeno i girasoli quando morirete sulla terra ucraina. Immagini che parlano da sole, video che costruiscono ponti. A Berdyansk, città portuale sud-orientale, i russi hanno preso il municipio senza fatica.

Sono schierati in tenuta militare davanti al portone. Ma i cittadini si sono radunati spontaneamente intorno al Palazzo e hanno cominciato a cantare l'inno nazionale, alzando i pugni, rimanendo fermi sulle gambe. Migliaia di persone comuni schierate come fosse uno sciopero. Invece è la guerra. Ma qui i soldati sono in imbarazzo. Non sono addestrati a fronteggiare persone che cantano. Come lo combatti uno che canta? Il conflitto è soldato contro soldato. Qui è militare contro maestra d'asilo. L'arma diventa imbarazzante, viene tenuta dietro la schiena. La scena è poetica, surreale. Gira il mondo e spara i suoi colpi al cuore. Sono emozioni e forse spostano esiti più dei carri armati. 

Più cruenta ma non meno tenera è la foto che pubblica sul suo profilo Twitter un giornalista della rete televisiva Nbc news, Richard Engel. Mostra una signora anziana di Odessa che, sorridente, distesa su un materassino di gomma, con un fucile di precisione, sembra pronta alla battaglia. È una fase di addestramento, in realtà, quando a molti civili venivano date armi vere o di legno solo per imparare a tenerle in mano mentre si insegnava a ognuno un minimo di tecnica militare, preparandosi allo scenario più atteso, cioè una totale predominanza militare russa. Lo farebbe anche tua madre, dice la donna parlando della sua volontà di combattere l'invasore; poi chiarisce di essere una bisnonna e che i suoi nipoti indossano le uniformi nella battaglia convenzionale. Si combatte tutti la stessa guerra, ognuno con le armi che ha. Comprese le foto in posa davanti ai cronisti stranieri, per dire che non siamo tutti uguali, non siamo come i russi, gli invasori. 

Video

E così, sempre con la forza di un telefonino che riprende tutto, e poi tutto finisce sui social, compare quello che sembra un giovanissimo soldato russo catturato dopo la battaglia che, in una immagine di totale controguerra, non viene malmenato meno che mai torturato o trascinato via, come siamo abituati a vedere sui teatri bellici. Non c'è vendetta ma compassione. Un gruppo di ragazze lo fa mangiare, gli offre un tè caldo e mentre lui piange a dirotto, loro gli danno un cellulare da cui il soldato russo può chiamare la mamma e dirle che è vivo. Umanità contro ferocia. Cosa c'è di meglio per convincere il mondo che guarda su dove si trova la ragione e dove i torti, in questa guerra ad armi impari? 

Ma non si pensi, in questo racconto civile, che il popolo ucraino sia solo bontà e gesti simbolici. Ci sono anche i combattenti veri. E le armi. E le mimetiche. E gli spari. C'è un sindaco, quello di Kiev, Vitali Klitschko, ex pugile, campione dei pesi massimi, che dopo aver chiuso la carriera sportiva nel 2013 ha iniziato quella politica, diventando addirittura il primo cittadino della capitale. Esploso il conflitto, non ci ha pensato un attimo: ha tolto l'abito buono e ha indossato la mimetica. Si è unito alle truppe e combatte, insieme all'inseparabile fratello. E poiché ogni lotta si nutre di speranza, e ogni speranza si nutre di vita, il popolo ucraino, assediato dai carri armati, vuole far sapere a tutti che non smette di seminare futuro e partorire vita. Letteralmente. Così una deputata, Hanna Opko, posta una foto sui suoi social. È corsa come tanti nella metropolitana di Kiev. Vi passano la notte centinaia di persone, al riparo dalle bombe. Proprio lì sotto nasce una bimba. La partorisce, sotto le esplosioni, una giovane donna, con l'aiuto di tutti. Sopra la morte, sotto la vita. La chiameranno Mia. La deputata scatta una foto e la pubblica scrivendo: Difendiamo la vita e l'umanità!. Il mondo adesso lo sa. È una sporca guerra, e si combatte anche così. 

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