«Non vogliamo la guerra», ma bombardiamo. C’è qualcosa che non torna nelle parole di Joe Biden.
Il Medio Oriente è una pentola a pressione, la striscia di Gaza è in fiamme, e i palestinesi continuano a morire, sfiorando oramai quota 30mila civili. E gli Stati Uniti mostrano i muscoli a un Iran da cui ci si può letteralmente aspettare di tutto.
Tuttavia, più che con il governo di Teheran, in questo momento il confronto-scontro è coi ribelli Houthi, accusati di aver ucciso 3 soldati americani la settimana scorsa.
Un episodio gravissimo per cui lo stesso Biden aveva immediatamente promesso una «reazione».
Washington parla di «legittima difesa», anche a proposito dei recenti attacchi alle navi occidentali in transito in quella zona, ma l’atmosfera tra Iraq, Siria e Yemen si fa davvero torrida, e fa tremare tutto.
Con il gruppo armato yemenita che, a mezzo Twitter, promette battaglia, letteralmente «fino alla morte».
Sfugge alle volte il motivo, che non sempre viene riportato dalla stampa occidentale: «il genocidio in corso a danno del popolo palestinese».
Nessuna intenzione di arrendersi, insomma. Nessun passo indietro, da nessuna delle due parti. E dunque il rischio di un’escalation di fatto già in corso, con la Casa Bianca che intende lanciare un messaggio a tutti i protagonisti in gioco, Cina e Russia comprese, ma che forse, persino nelle analisi di Cnn, incappa nell’errore di «lanciare il messaggio sbagliato».
Altro che pace e diplomazia, con le sue bombe Biden mette ulteriormente a repentaglio l’immagine di un’America che pare invece fare quasi sfoggio del suo peggiore ritratto imperialista.
Tra Stati Uniti, Regno Unito e Israele, altro titolo a caratteri cubitali di Cnn: «Non è colpa loro se ci odiano».