Antonio Tajani: «Putin ora è più debole, per l’Ucraina la pace si avvicina»

Il ministro degli Esteri: «Crolla il mito di Putin, per lui la guerra un boomerang»

Antonio Tajani: «Putin ora è più debole, per l’Ucraina la pace si avvicina»
Antonio Tajani: «Putin ora è più debole, per l’Ucraina la pace si avvicina»
di Francesco Bechis
Domenica 25 Giugno 2023, 01:03 - Ultimo agg. 17:20
6 Minuti di Lettura

Un passo avanti per la pace in Ucraina. Un passo indietro per Vladimir Putin e un sistema di potere al Cremlino che, fino a ieri, sembrava inscalfibile. Antonio Tajani, vicepremier e ministro degli Esteri, è convinto che il tentato golpe della Wagner in Russia abbia chiuso un’era.


Ministro la rivolta di Evgenij Prigozin preoccupa il governo italiano?
«Non interferiamo nelle questioni interne russe. Seguiamo con attenzione per garantire l’incolumità di più di 5400 italiani presenti in Russia e ci sono stati contatti con la diplomazia russa per assicurare l’integrità delle nostre strutture diplomatiche e consolari».


I mercenari hanno siglato una tregua. Finisce comunque un’era per Putin?
«È finito il mito dell’unità della Russia di Putin. Questa escalation interna divide lo schieramento militare russo. È l’esito inevitabile quando si sostiene e finanzia una legione di mercenari».

 
Siamo a una svolta della guerra in Ucraina?
«Una cosa è certa: oggi il fronte russo è più debole di ieri. Mi auguro che adesso la pace sia più vicina. Attendiamo di capire le prossime mosse della Russia in Ucraina».


La rivolta può avere ripercussioni sulla presenza della Wagner nei Paesi africani. Per l’Italia è una buona notizia?
«Stiamo valutando con grande attenzione ciò che accade alla Wagner in Africa.

I mercenari di Prigozhin nella regione svolgono attività contrarie all’interesse nazionale italiano ed europeo, ovviamente ci auguriamo che in queste zone la Wagner diventi il meno influente possibile».

 
L’invasione dell’Ucraina si è ritorta contro il Cremlino?
«Si è rivelata un boomerang per Putin. I russi non sono riusciti a vincere, hanno fallito la guerra lampo. Adesso pagano i problemi e le contraddizioni dell’apparato militare».


Preoccupa l’idea di una Russia senza Putin? Temete un’escalation nucleare?
«Non abbiamo elementi per parlare di un simile scenario. Ripeto, gli eventi di queste ore sono affari interni: noi non siamo in guerra con la Russia, siamo contro la sua invasione criminale dell’Ucraina».


La sfida della Wagner al Cremlino può accelerare la controffensiva ucraina?
«Speriamo proceda ancora più spedita e che gli ucraini riconquistino la loro indipendenza». 


La Crimea è un obiettivo legittimo?
«Il primo obiettivo è riportare le truppe russe alle posizioni del 24 febbraio di un anno fa. È chiaro però che nessuno ha mai riconosciuto la Crimea come parte della Federazione russa». 


L’escalation in Russia rischia di rallentare gli sforzi diplomatici per la pace. Avete fiducia nella mediazione del Vaticano?
«Ben vengano tutte le iniziative per la pace, abbiamo apprezzato che papa Francesco abbia ricevuto Zelensky e nominato il cardinale Zuppi come inviato, così come accogliamo la mediazione della Turchia per il corridoio del grano ucraino in Africa. Per noi esiste solo una pace giusta e coincide con il ripristino dell’integrità territoriale ucraina». 


E la mediazione cinese?
«Presenta aspetti positivi ma ha un difetto di fondo: non parla di ritiro immediato delle truppe russe. Un cessate il fuoco che lasci una parte dei territori ucraini in mano ai russi non è una soluzione».

 
A luglio si riunirà la Nato a Vilnius. Siete a favore di un’adesione di Kiev?
«Serve un percorso graduale. Il primo passo è istituire il Consiglio Nato-Ucraina e ripartire dal percorso di allargamento avviato a Bucarest nel 2008 una volta terminato il conflitto».


L’Ucraina entrerà in Ue?
«Faremo di tutto perché possa entrare. A patto ovviamente che rispetti le regole comunitarie e metta a punto le riforme richieste, ad esempio per la lotta alla corruzione. Speriamo in un percorso accelerato per l’Ucraina come per i Balcani occidentali». 


La prossima settimana si tiene un Consiglio europeo decisivo per i migranti e la governance economica. L’Italia oggi è più sola in Ue?
«Al contrario, è protagonista. Il nuovo patto sull’immigrazione è una vittoria italiana».

 
Il disgelo con la Francia durerà?
«Lavoriamo fianco a fianco su tanti dossier. Dai migranti all’unione bancaria fino al nuovo Patto di stabilità».


Vincerete le resistenze dei rigoristi?
«Il nuovo patto è migliore del vecchio. Ma ci batteremo affinché non siano conteggiate nel rapporto debito-Pil spese per investimenti chieste dall’Ue in settori come il Pnrr o la Difesa».


Ministro, l’Italia ratificherà il Mes?
«Deciderà il Parlamento se rinviare questa decisione. Io sono sempre stato favorevole al suo utilizzo ma dopo il Recovery non è più servito». 


Quindi è un no?
«Ci sono seri problemi di governance da risolvere. Il Mes non prevede alcun controllo delle istituzioni comunitarie, a partire dall’Europarlamento: così a decidere sarà lo Stato più forte».

Il “ricatto” non rischia di diventare un boomerang per le trattative su Pnrr e Patto di Stabilità?
«Non c’è ricatto, vogliamo inserire la ratifica del Mes in un discorso complessivo sulla finanza europea e l’armonizzazione fiscale».


A Roma intanto il governo si divide, per ultimo sul caso Santanchè: la ministra si deve dimettere?
«No. Sono un garantista, chiunque è innocente fino al terzo grado di giudizio».

 
Deve chiarire la sua posizione in Parlamento?
«Per me ha già chiarito, se vuole farlo è una sua scelta. Forza Italia non ha chiesto altri chiarimenti». 


Qualcuno, come Mulè, lo ritiene opportuno.
«Sono posizioni personali».

 
La Lega ha molto insistito, ci sono tensioni con il Carroccio?
«Non mi pare, Salvini ha chiarito che non c’è nessun contrasto nel governo. Fidatevi: staremo insieme per cinque anni».


Per la ricostruzione dell’Emilia-Romagna meglio un commissario politico o tecnico?
«Io credo serva un esperto, che abbia esperienza e sia in grado di risolvere velocemente i problemi causati dall’alluvione».


Per Forza Italia si apre l’era post-Berlusconi e già tornano i mal di pancia delle correnti. Licia Ronzulli resta un riferimento?
«Certo, come tutti gli altri. In Forza Italia non esistono correnti, credo nelle persone e non nei personalismi. Ora avremo il Consiglio nazionale, il Congresso si farà più in là nel 2024. Ognuno potrà dare il suo contributo per rafforzare l’identità di un partito cristiano, liberale e riformista».


Marta Fascina avrà un ruolo?
«Non ne abbiamo mai parlato. Quando finirà questo momento di dolore, sono sicuro che sarà una risorsa preziosa per il partito». 
 

© RIPRODUZIONE RISERVATA