Autonomia differenziata, Carfagna in aula: «Non servono scelte al buio»

Autonomia differenziata, Carfagna in aula: «Non servono scelte al buio»
di Nando Santonastaso
Giovedì 3 Marzo 2022, 07:00 - Ultimo agg. 4 Marzo, 12:09
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«Nessuna bozza di testo è passata ancora al vaglio dei miei uffici e ovviamente attendo che il Parlamento diventi protagonista di questa discussione e che le necessarie interlocuzioni coinvolgano anche i Presidenti delle Regioni meridionali, che non mi risulta sino ad oggi siano stati coinvolti». Mara Carfagna, ministro del Sud e della Coesione territoriale, risponde con la consueta chiarezza al Senato, durante il question time, all'ipotesi che sia ormai in arrivo a Palazzo Chigi il disegno di legge sull'autonomia rafforzata, preparato dalla collega (anche di partito) Maria Stella Gelmini. E che in esso sia contemplato anche il cosiddetto bonus Sud, l'idea di una quota compensativa per il Mezzogiorno proposta dal governatore del Veneto Zaia una volta ottenuta l'autonomia da parte delle Regioni più ricche. A chiedere lumi in Aula è l'economista di Leu Stefano Fassina, che ricorda, nell'illustrare la sua interrogazione, come il tema sia espressamente previsto nella legge di Bilancio 2022 con un Ddl collegato. È l'ultima tappa di una vicenda che solo in apparenza può sembrare, per così dire, dimenticata ma che in realtà, come il Mattino ha anche di recente documentato, resta più viva che mai almeno in una certa parte del Paese (e per alcune forze politiche, Lega in testa).

Carfagna ricorda che il tema di fondo, già discusso durante il precedente governo, rimane quello dell'attuazione dell'articolo 116 comma 3 della Costituzione nella parte in cui prevede la possibilità di attribuire alle Regioni che ne facciano richiesta forme e condizioni particolari di autonomia in alcune materie espressamente previste.

Tema che si è riacceso «anche a seguito dei referendum in Lombardia e Veneto e delle conseguenti iniziative intraprese nel corso del 2017 da Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna». Oggi però, avverte il ministro, «la discussione non è sulla doverosa attuazione della previsione costituzionale, ma sulle modalità e sui riflessi finanziari e perequativi che da tali modalità discendono, in virtù del principio di necessaria correlazione tra funzioni e risorse».

Si torna in sostanza, all'annosa e ancora irrisolta questione del rapporto funzioni-risorse: questione delicata, dice il ministro, «che risente, tra l'altro, della mancata attuazione del decreto legislativo numero 68 del 2011 nella parte relativa alla definizione dei Lep, i Livelli essenziali delle prestazioni, nelle materie dell'assistenza, istruzione e trasporto pubblico locale. L'osservazione che fu fatta a seguito del ddl Boccia (allora ministro per gli Affari regionali, ndr), e che ne ha sostanzialmente fatto emergere le criticità, fu proprio la mancata definizione da subito dei Lep, ossia di un livello minimo essenziale che comunque fosse garantito in ogni Regione, così da evitare discriminazioni nel godimento dei diritti sociali in ragione della residenza». 

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Per ora, in ogni caso, ogni valutazione sull'evoluzione politica e normativa della questione sembra prematura. «L'istruttoria sarà complessa e politicamente delicata, poiché si riproporranno i medesimi temi già posti in rassegna, rispetto ai quali in questi ultimi anni nulla è mutato sul piano normativo», dice Carfagna. Alla quale ovviamente non sfugge che comunque, prima o poi, il dibattito si riproporrà: «Sono certa ammette - che dovremo tempestivamente occuparci della questione, a valle dell'emergenza pandemica e del drammatico scenario internazionale. Il quadro è a mio avviso evidentemente complesso e si può reggere solo a determinate condizioni: creare una cornice unica che tenga insieme i diritti eguali che prescindano dai certificati di nascita o di residenza; la definizione dei Lep e dei fabbisogni standard, che si considera una condizione preliminare e necessaria per arrivare all'approvazione della legge; l'archiviazione del principio della spesa storica, penso per esempio alla salute; le azioni perequative immediate e di sistema e anche il rispetto comunque dell'equilibrio di bilancio».

Insomma, «parlare adesso al buio di condizioni dell'autonomia, di possibili fondi perequativi orizzontali, di bonus Sud - di cui leggo sui giornali - o del rapporto di tali possibili iniziative con i Lep non credo sia utile». Il messaggio è anche stavolta molto chiaro: «L'attuazione dell'articolo 116 comma 3 della Costituzione e le maggiori condizioni di autonomia che ne dovrebbero derivare sono un traguardo politico a cui tutti vogliamo contribuire, ma per portare a termine con successo questo percorso la priorità è quella di evitare ogni contrapposizione tra territori e aree del Paese». Non sarà facile, anche in questo caso, ma intanto il consenso ottenuto dal ministro quando ha introdotto per la prima volta un Lep sul servizio asili nido, sugli assistenti sociali e sul trasporto scolastico dei portatori di disabilità, con le necessarie risorse, indica che la strada può non essere tutta in salita. «Si è trattato probabilmente dei primi Lep della storia dotati di effettività e concretezza, dopo i Lea in materia sanitaria. Abbiamo dimostrato che definire da subito i Lep anche a livello regionale, misurandone l'efficacia e garantendone le risorse, è possibile». 

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