Carlo Calenda: «Schlein troppo a sinistra. Salvini dice no al Mes? I nostri voti in Aula ci sono»

"Possiamo collaborare per il salario minimo"

Carlo Calenda
Carlo Calenda
di Andrea Bulleri
Lunedì 26 Giugno 2023, 00:48 - Ultimo agg. 17:22
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Santanchè «lasci se non è in grado di chiarire». E sulla ratifica del Mes «il governo alla fine dirà sì: se mancheranno i voti della Lega, arriveranno dall’opposizione». Carlo Calenda, leader di Azione, non risparmia critiche al governo. Ma sul Fondo salva-Stati si dice pronto a offrire una mano. 


Cominciamo dalla guerra in Ucraina: che scenario vede dopo il tentato golpe in Russia? 
«La reputazione interna di Putin ne esce sbriciolata. Il che non è per forza un fatto positivo, perché aumenta la sua pericolosità. Io sono uno strenuo difensore del supporto all’Ucraina, ma per restare saldo al comando Putin avrà bisogno di riaffermare la sua forza. E questo potrebbe indurlo a un’escalation molto pericolosa». 


Chi nel nostro Paese non nasconde una certa antipatia per Zelensky, in queste ore è rimasto in silenzio...
«C’è un gruppo, che va da una parte del Movimento 5 stelle ad alcuni quotidiani, che ritiene che l’aggressione contro Kiev sia stata provocata da una pretesa di influenza della Nato. Una tesi assurda, smentita dallo stesso Prigozhin. I putiniani d’Italia hanno capito di aver fatto una figuraccia: abbiamo dato loro fin troppo spazio, nel servizio pubblico».

 
A proposito di M5S. Elly Schlein e Giuseppe Conte si sono visti più volte in piazza: prodromi di una convergenza stabile? 
«Se Schlein convergesse sulle tesi grilline, che – lo ricordo – vanno dalla contrarietà al Mes fino al no all’invio di armi a Kiev, il Pd si spaccherebbe in due.

Dunque credo che continueranno ad abbracciarsi in piazza, ma le differenze resteranno inconciliabili». 

Esclude di creare un fronte opposto alla destra con Pd e 5S? 
«Totalmente. Azione è nata proprio quando Italia viva, Pd e M5S hanno dato vita al governo Conte II. Il nostro obiettivo è costruire un centro liberale e riformista che aiuti a superare il bipolarismo». 


E se i dem mollassero i grillini? Si alleerebbe con Schlein?
«Dipende cosa sarà diventato il Pd in quel momento. Allo stato attuale, un’alleanza è impossibile: con la linea di Schlein c’è troppa distanza. La segretaria ha legittimamente impresso una svolta a sinistra: dall’economia, con la proposta di una patrimoniale, all’ambiente, col no ai termovalorizzatori e sposando la linea di Frans Timmermans (vicepresidente della Commissione Ue, ndr) che io giudico folle. Ma...». 


Ma? 
«Ma sui singoli temi possiamo creare convergenze. Con i dem presenteremo presto una proposta di legge unitaria sul salario minimo: va superata l’idea che una proposta è sbagliata o giusta a seconda di chi la fa».

 
Ma anche i 5S sposano la battaglia per il salario minimo. 
«La loro è una proposta che non funziona: per alcune categorie di lavoratori, rischia di trasformarsi in un boomerang. Noi diciamo sì a una soglia minima di 9 euro l’ora nel quadro della contrattazione collettiva, senza bypassare i sindacati. E introducendo i contratti nazionali dove sono assenti. Per ribadire che per meno di 9 euro l’ora, in Italia, non si deve poter lavorare». 


Elezioni europee: è vero che ha proposto ad Alessio D’Amato, del Pd, di fare il capolista?
«Non gliel’ho proposto. Ma lo accoglierei a braccia aperte perché è stato autore della miglior campagna vaccinale, quella del Lazio, ed è persona seria e competente». 


A quanto punta, nelle urne per Bruxelles?
«Non ho in mente soglie. Puntiamo a costruire una grande area liberaldemocratica, che accolga chi non si riconosce negli estremismi di Pd e 5S e negli slogan della destra».


Matteo Renzi ne farà parte? 
«Ha scelto lui di autoescludersi, quando ha fatto in modo che il partito unico del Terzo polo non vedesse la luce chiedendo mani libere per Italia viva. Un cambiamento di rotta incomprensibile per due milioni di elettori che ci hanno sostenuto alle Politiche, con il mio nome nel simbolo». 


Dica la verità: spera di prosciugare Forza Italia. 
«No. Vogliamo accogliere gli elettori, più che gli eletti: c’è una parte del Paese che vorrebbe vedere all’opera concretezza, più che ideologia, sulla scia del governo Draghi. Come sulla sanità, dove abbiamo un piano per tagliare di un anno le liste di attesa». 


FI può sopravvivere, senza Berlusconi? 
«Non lo so. Il rischio è finire assorbiti dalla Meloni. Forza Italia è Berlusconi: senza di lui, forse non è». 


Veniamo al Mes: alla fine il centrodestra dirà sì alla ratifica del Fondo salva-Stati? 
«Certo che dirà sì, anche se dopo un balletto con l’Ue che ci saremmo potuti evitare. Ci sarà un cambio di rotta, come su molte altre promesse elettorali. E se Meloni non avrà il sì della Lega, i voti arriveranno dall’opposizione. Sul Mes noi ci siamo, come abbiamo sempre detto. Così come sulla riforma della Giustizia del ministro Nordio, che sosterremo: il nostro progetto era molto simile». 


E sul caso Santanchè? La ministra si deve dimettere? 
«Report ha sollevato accuse gravissime. Santanchè venga a risponderne in Aula: se non è in grado di chiarire, deve dimettersi». 


Azione però fa del garantismo la sua bandiera. E qui non c’è neanche una richiesta di rinvio a giudizio. 
«Un rinvio a giudizio non cambierebbe nulla: si è innocenti fino a condanna definitiva. Il problema non è la rilevanza penale, ma il fatto che quelli denunciati sono comportamenti inaccettabili: un ministro dev’essere al di sopra di ogni sospetto. Se è in grado di chiarire, resti. Altrimenti lasci».

 
Le città italiane sono alle prese con l’emergenza taxi. Che fare? 
«Aumentare le licenze. Nella Capitale in particolare ce ne sono il 20% in meno che a Milano. E consentire subito il sistema della doppia guida. Ma a Roma va evitato anche ulteriore caos, fermando il progetto della zona verde: impensabile che dall’oggi al domani 700mila macchine diventino fuori legge. E chi non può permettersi di cambiare auto, che dovrebbe fare?».
 

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