Crisi di governo, nodo Commissioni: la maggioranza ha i numeri solo in tredici su 28

Crisi di governo, nodo Commissioni: la maggioranza ha i numeri solo in tredici su 28
di Marco Esposito
Martedì 19 Gennaio 2021, 23:47 - Ultimo agg. 20 Gennaio, 18:10
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Il Parlamento ha dato la fiducia al governo Conte, ma in quei ventotto parlamentini che sono le Commissioni - quattordici alla Camera e quattordici al Senato - la maggioranza sovente si fa stretta, strettissima fino a trasformarsi in una minoranza. Soltanto in tredici commissioni su ventotto le forze che appoggiano il governo di Giuseppe Conte hanno ancora un margine per approvare i provvedimenti legislativi ai quali l’esecutivo tiene. Negli altri casi si deve speculare sull’assenza di uno o più parlamentari di opposizione o sulla buona volontà dei senatori a vita. Inoltre Italia Viva in quanto (ex) forza di maggioranza si è assicurata fino alla fine della legislatura ben quattro presidenze nelle commissioni permanenti, due alla Camera e due al Senato e quindi possono influire direttamente sui lavori parlamentari. Ma ecco la mappa delle situazioni più critiche.


LA PRIMA
Sia alla Camera che al Senato la commissione permanente più delicata è la prima, perché per gli Affari costituzionali passano per un parere o per un voto decisivo tutti i provvedimenti legislativi. Ebbene, dopo la scelta di Italia Viva di sfilarsi dalla maggioranza in entrambi i rami del Parlamento la situazione diventa si assoluta parità: la maggioranza può contare su 24 voti sui 48 componenti alla Camera (contando anche il voto favorevole della deputata di Bolzano Renate Gebhard, del gruppo misto, che lunedì ha votato la fiducia al governo. L’opposizione parte da 21 voti e quindi in teoria è in svantaggio tuttavia i tre rappresentanti di Italia Viva non sono certo tenuti a continuare ad astenersi, come hanno fatto negli ultimi due giorni, e potrebbero unire i propri voti a quelli dell’opposizione di centrodestra pareggiando il peso delle forze di governo e quindi impedendo l’approvazione dei provvedimenti. Situazione analoga al Senato dove i componenti della prima commissione sono 24, dodici fedeli sostenitori del governo (compreso il senatore del gruppo misto Sandro Ruotolo), undici dell’opposizione, con il pallino del voto decisivo nelle mani dell’unico rappresentante di Italia Viva, Leonardo Grimani, ex sindaco della cittadina umbra di San Gemini, nota per l’acqua minerale. 

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IL TIMONE
In quattro commissioni, come si diceva, Italia Viva esprime il presidente. La più delicata è probabilmente la commissione Finanze della Camera, guidata dal 30 luglio 2020 da Luigi Marattin, deputato fedelissimo di Renzi, il quale nel 2016 lo nominò alla presidenza della Commissione tecnica fabbisogni standard e poi nel 2018 lo inserì nelle liste del Pd in una posizione blindata nella circoscrizione Parma-Piacenza-Reggio Emilia. Nella commissione Finanze i deputati partecipanti sono 47, con la componente governativa che si ferma a 23 voti, quindi sotto la soglia necessaria. Diventa indispensabile quindi il voto del pentastellato Raffaele Trano, passato al gruppo Misto, il quale però lunedì ha espresso il voto di fiducia. Alla Camera Italia Viva può contare anche sulla presidenza della nona commissione permanente, quella che si occupa di Trasporti, poste e telecomunicazioni. A guidare i lavori è la deputata ligure Raffaella Paita, la quale come Marattin ha utilizzato le elezioni di metà legislatura (a fine luglio del 2020) per conquistarsi lo scranno in quanto componente della maggioranza e adesso può mantenere l’incarico indipendentemente dalla sua collocazione politica fino al 2023. Qui i componenti sono soltanto 43 con la maggioranza che si ferma a 21. La sorpresa in soccorso dell’esecutivo potrebbe arrivare da Antonino Germanà, parlamentare messinese eletto in Forza Italia e passato al Misto: lunedì non si è presentato per dare, o negare, la propria fiducia al governo Conte.
In Senato la situazione è un po’ diversa perché Italia Viva non ha i numeri per dar vita da sola a un gruppo parlamentare per cui la sigla che appare è Italia Viva-Psi. Ed è proprio l’esponente del Partito socialista Riccardo Nencini il presidente della settima commissione permanente, quella che si occupa di Istruzione pubblica e beni culturali. Il senatore toscano ha votato la fiducia perché non è un renziano ma un alleato tecnico. Tuttavia gli equilibri nella sua commissione evidenziano la delicatezza della situazione: su 24 componenti, la maggioranza può contare appena su 10 voti, tanti quanti l’opposizione. Ci sono poi i due componenti di Italia Viva-Psi (Nencini e Daniela Sbrollini) e sono liberi da vincoli di schieramento anche i due senatori del gruppo misto: Gaetano Quagliariello, che però è vicino all’opposizione, e Liliana Segre, che ieri ha emozionato tutti recandosi a votare la fiducia al governo ma che non è immaginabile possa seguire con continuità i lavori. 


A Palazzo Madama Italia Viva ha anche la presidenza della dodicesima commissione permanente, che ha per tema Igiene e sanità ovvero la materia più delicata in fase di pandemia. A guidare i lavori è la senatrice renziana Annamaria Parente, napoletana eletta del Lazio. Uno sguardo alle forza in campo rende chiara la difficoltà che può incontrare il governo nel portare avanti i propri provvedimenti. Su 24 componenti le forze governative si fermano a 10 voti sicuri, con i senatori del Misto Luigi Di Marzio e Matteo Richetti che non sono vicini al governo.


IL VIETNAM
In tale quadro la metafora più immediata è quella del Vietnam, ovvero di una possibile guerriglia permanente contro l’esecutivo. A Palazzo Madama, in particolare, il governo potrebbe contare su numeri relativamente sicuri soltanto in tre commissioni permanenti su quattordici e cioè Agricoltura, Lavoro e Politiche europee. Ma con l’arrivo da Forza Italia di Maria Rosaria Rossi e Andrea Causin scatta la maggioranza nelle commissioni Difesa e Territorio.
 

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