Esce oggi il volume «La versione di Giorgia» (Rizzoli, intervista a cura di Alessandro Sallusti). Meloni racconta la sua parabola personale e politica e le sfide che l’Italia governata dalla destra si trova ad affrontare. «Quello che hanno fatto gli altri - dice Meloni - non è la mia specialità». Nel libro si insiste sulla discontinuità rappresentata da questa stagione. Pubblichiamo un estratto dal capitolo «Il filo della verità».
Sir Winston Churchill, grande conservatore, diceva: «L’ottimista vede opportunità in ogni pericolo, il pessimista vede pericolo in ogni opportunità». Condivido. Purtroppo, c’è da dire che da noi il pessimismo è generato soprattutto dalle istituzioni. Sia per quello che dicevo prima, sia perché le scelte della politica sono spesso - e giustamente - considerate ingiuste dai cittadini. Per questo ritengo che siamo noi a dover per primi dare il buon esempio, e poi aspettarci dagli italiani atteggiamenti conseguenti. È giusto che i cittadini non ci facciano sconti, che pretendano il meglio, ed è giusto che se dimostriamo di aver fatto tutto ciò che era umanamente possibile, chiediamo loro di fare del proprio meglio per aiutarci.
In che senso?
«Mi ha sempre fatto riflettere molto il fatto che l’Italia sia l’unica nazione nella quale sia così ben conosciuto il proverbio latino «Fatta la legge, trovato l’inganno».
Già, come la metteremmo, lo chiedo a te.
«Che allora si dovrebbe prendere atto del fatto che nulla cambierà mai davvero. Ma io sono certa che non andrà così. Sono sempre stata convinta di potermi fidare degli italiani, e quasi mai questa mia convinzione è stata smentita. Sono certa che ogni volta che faremo cose giuste, gli italiani ci aiuteranno a farle funzionare al meglio».
È così che combatti lo scoglio di chi dice: «Lo Stato non è roba mia».
Esatto, con l’esempio. È difficile percepire lo Stato come roba tua se fa cose che contrastano con il buon senso, ma se lo Stato fa quello che avresti fatto tu, allora puoi tornare a sentirlo parte di te, e a sentirti parte di lui. È fondamentale che gli italiani vedano un governo che, per carità, ha i suoi limiti e difficoltà, magari fa perfino degli errori. Ma ce la mette tutta, in buona fede, con umiltà e amore. Un governo che non ha amici da piazzare, lobby da compiacere, potenti da ripagare. Che non guarda in faccia a nessuno, che non intende imbrogliarti, che ha il coraggio di dirti anche quello che non si può fare in un dato momento o contesto. Insomma, magari è possibile che tra Stato e cittadini nasca un nuovo rapporto, basato sulla fiducia reciproca. La base di ogni cambiamento».
Ricucire un rapporto con chi ha tradito la fiducia è possibile, ma c’è chi sostiene che è come mettere una pezza su un abito rotto, il segno rimane.
Vedremo, cominciamo a rammendare usando, per esempio, il filo della verità. Governare dicendo sempre la verità è fondamentale, chi non lo ha fatto, e sono stati tanti, alla fine ha sempre pagato un conto salato. Mentire, o tacere, è un’opzione furba nel breve termine e stupida nel medio periodo. In primo luogo, perché comunque vada non risolve i problemi, in secondo luogo perché la verità viene sempre a galla, e allora la gente capisce che la volevi imbrogliare. Tanto vale dire le cose come stanno e prendersi le critiche di chi strumentalizza, di chi non capisce e di chi finge di non capire. Quante volte in famiglia capita che i genitori si ritrovino a fare scelte che i figli non capiscono, e per le quali verranno contestati? Eppure, non ho mai visto un bravo genitore cambiare idea sulla scelta che fa per il bene di suo figlio solo per evitare che lui ci rimanga male. E bada bene, non vedo gli italiani come dei figli, l’approccio paternalistico alla politica lo lascio ad altri. Dico semplicemente che, quando governi e decidi, hai un quadro della situazione che gli altri non sono tenuti ad avere, e questo può portarti a fare scelte che nell’immediato non sono comprensibili».