Manovra, regioni in rivolta: insostenibile. I sindacati degli statali: tagli scellerati

Manovra, regioni in rivolta: insostenibile. I sindacati degli statali: tagli scellerati
Giovedì 16 Ottobre 2014, 14:45 - Ultimo agg. 17 Marzo, 20:17
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La manovra da 36 miliardi di euro varata ieri dal governo scatena la rivolta delle regioni.

«La manovra è insostenibile per le Regioni, a meno di non incidere sulla spesa sanitaria», ha detto il presidente della Conferenza delle Regioni Sergio Chiamparino, in una conferenza stampa sulla legge di stabilità. (Leggi il testo della manovra)

Il premier Matteo Renzi ieri ha annunciato un calo delle imposte di 18 miliardi per famiglie e imprese, ma anche tagli per altri 15 miliardi che in larga parte incidono sulle regioni e che anche secondo il ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan, potrebbero costringere i governatori ad aumentare l imposte.

«Abbassare le tasse, come tagliare gli sprechi, non è di destra né di sinistra: in Italia è semplicemente giusto», ha scritto oggi il premier su twitter.


«O da questa vicenda si esce tutti insieme o la crisi non avrà vincitori», ha detto poi il presidente del consiglio intervenendo stamani a Milano all'Asia Europe Business Forum. In Europa, con il cambio imminente della Commissione, «i nuovi vertici non dovranno essere semplicemente dei nuovi nomi ma dovranno interpretare una fase nuova», ha aggiunto Renzi. «Faremo di tutto perché il nostro paese sia sempre più attrattivo per investimenti; alla guida del semestre europeo cercheremo di parlare un po' più di crescita, investimenti e futuro. Il futuro ci appartiene e non lo cederemo per nessun motivo», ha proseguito il premier.

Una manovra espansiva dunque studiata con l'obiettivo preciso di abbassare le tasse, arrivate ad un livello che, secondo la definizione di Renzi, è ormai «pazzesco».

La legge di stabilità 2015, nelle intenzioni del governo, vuole far ripartire l'economia italiana, abbattuta da 3 anni di mancata crescita, rilanciare l'occupazione e risollevare famiglie e imprese con un taglio, drastico, della pressione fiscale.

Cottarelli Sul fronte della legge di stabilità «credo che il governo abbia adottato un approccio molto sensato: quello di chiedere un contributo alle Regioni e poi lasciare alle Regioni il modo per trovarlo». Lo ha detto il commissario alla spending review, Carlo Cottarelli, a margine di un incontro all'Università Johns Hopkins di Bologna. A giudizio di Cottarelli, ancora, «si deve lasciare la scelta alle Regioni stesse, poi i cittadini delle Regioni giudicheranno». Quanto ai tagli di spesa, ha sottolineato poi, «ovviamente le Regioni non saranno felici di fare degli efficientamenti di spesa, perchè ci vuole un pò di sforzo, ma credo che si possa fare. Negli ultimi anni - ha concluso - la spesa è stata ridotta sia a livello dello Stato che a livello di enti territoriali: tutti devono fare la loro parte». A giudizio di Cottarelli, ancora, «si deve lasciare la scelta alle Regioni stesse, poi i cittadini delle Regioni giudicheranno». Quanto ai tagli di spesa, ha sottolineato poi, «ovviamente le Regioni non saranno felici di fare degli efficientamenti di spesa, perchè ci vuole un pò di sforzo, ma credo che si possa fare. Negli ultimi anni - ha concluso - la spesa è stata ridotta sia a livello dello Stato che a livello di enti territoriali: tutti devono fare la loro parte».

Ai sindacati però la manvora non piace. «La televendita del Presidente del Consiglio è l'ultima prova dell'incapacità di cambiare». Così Fp-Cgil, Cisl-Fp, Uil-Fpl e Uil-Pa sulla legge di Stabilità, denunciando «tagli lineari scellerati», che «mettono in ginocchio i servizi pubblici»: «il risultato sarà un'altra ondata di tasse locali».

«Dal più giovane dei governi, la più vecchia delle politiche: chi non sa riorganizzare il welfare taglia i servizi pubblici», sottolineano in un comunicato unitario i segretari generali dei sindacati della Pubblica Amministrazione Rossana Dettori (Fp-Cgil), Giovanni Faverin (Cisl-Fp), Giovanni Torluccio (Uil-Fpl) e Benedetto Attili (Uil-Pa). «Uno spot che costerà carissimo agli italiani, un'operazione che scarica i costi della crisi economica soprattutto sugli enti locali - continuano i quattro sindacalisti - colpendo servizi ormai al collasso». E definiscono «una vergogna» il fatto che «non ci siano risorse per rinnovare il contratto dei lavoratori pubblici, ai quali si negherebbe persino l'indennità di vacanza contrattuale fino al 2018». E si interrogano: «Dobbiamo intuire che la contrattazione è bloccata fino a quella data mentre si mantengono scandalosamente in piedi i privilegi dei soliti noti, vedi magistrati, avvocati e procuratori dello Stato, per i quali i soldi si trovano sempre?».

Insomma per le quattro sigle «se si sommano ai 75 miliardi tagliati solo nella scorsa legislatura quelli previsti da questa legge di stabilità si raggiunge il culmine: si taglia sulla pelle degli italiani». Ecco perchè, evidenziano, «la manifestazione nazionale dei lavoratori dei servizi pubblici dell'8 novembre sarà solo il primo passo di una grande mobilitazione per cambiare davvero il sistema di welfare. Così il Governo lo uccide. E uccide il Paese».

Forza Italia attacca. Questa Legge di stabilità «non è una cosa seria, semplicemente perché sono 36 miliardi di sogni senza coperture, 36 miliardi di minori tasse o maggiori spese che saranno pagati tutti con più tasse. Questa è una partita di giro, o direi di raggiro». Così Renato Brunetta, capogruppo di Forza Italia alla Camera su Canale 5. «Siamo certi che questi 36 miliardi verranno spesi, solo che verranno coperti con altri 36 di nuove tasse - aggiunge -. Non solo voteremo contro - ha attaccato, - ma denunceremo questa partita di giro, anzi di raggiro. Non è una cosa seria, non è serio dire 30 miliardi e nell'arco di due ore arrivare a 36, quando erano 22 tre giorni prima, e 15 cinque giorni prima, e quando un mese fa si diceva che non ci sarebbe stata nessuna manovra». Questi «sono dilettanti allo sbaraglio, che mandano allo sbaraglio l'Italia e quello che è successo ieri sui mercati è un segnale gravissimo. Il nostro Paese doveva dare segni di responsabilità, investimenti, efficienza, produttività, riforme, altro che fuochi di paglia», conclude Brunetta.