Giorgia Meloni contro Schlein: «Non ha coraggio». La leader dei dem replica: «Pensi ai poveri»

Il premier alla chiusura di Atreju: useranno ogni mezzo contro di noi

Giorgia Meloni contro Schlein: «Non ha coraggio». La leader dei dem replica: «Pensi ai poveri»
Giorgia Meloni contro Schlein: «Non ha coraggio». La leader dei dem replica: «Pensi ai poveri»
di Francesco Bechis
Domenica 17 Dicembre 2023, 23:51 - Ultimo agg. 19 Dicembre, 08:55
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C’è il sollievo per il ritorno a casa, «dove non mi sento sola». E insieme la promessa di un lungo viaggio: «Fino a quando gli italiani sono al mio fianco non c’è verso di liberarsi di me». Eccola, Giorgia Meloni. Sale sul palco di Atreju, la grande festa di Fratelli d’Italia a Castel Sant’Angelo, è sua l’arringa finale. Settanta minuti su un’altalena emotiva - e menomale che la voce è poca, «ragazzi è tosta» scherza lei tra un sorso d’acqua e l’altro - dagli attacchi alla segretaria del Pd Elly Schlein, «vi difetta il coraggio» e al leader dei Cinque Stelle Giuseppe Conte, senza nominarlo, alle lacrime e gli abbracci fra i volontari di Gioventù nazionale di cui indossa la felpa blu. Si guarda indietro Meloni e ripercorre il primo anno nella stanza dei bottoni con una metafora tolkeniana - l’anello - sul potere che logora e «ti lusinga, cerca di farti perdere il senso della realtà». Una stanchezza che si fa sentire, ammette la premier, «14 mesi sembrano 14 anni» e «per questo sono contenta di stare a casa, perché possiate ricordarmi che non sono sola». Qualcuno scherza: «Altri 20 anni...». E lei: «Ah rega’, e su...». Al popolo di Atreju promette di tirare dritto, «finiremo il lavoro, costi quel che costi». 

Giorgia contro Elly: da Atreju scatta il duello sul ring delle elezioni europee (per Conte non c'è posto)

LO SCONTRO 

Ed è evidente dov’è puntato lo sguardo, alle elezioni Ue di giugno, quando inizia a inanellare la lista dei rivali.

Li sceglie con cura. In cima c’è Elly Schlein. Meloni cerca di continuo la segretaria del Pd, rispolvera Nanni Moretti per canzonare il suo forfait ad Atreju: «Come in Ecce Bombo, mi si nota di più se vengo o resto in disparte?». Il duello con la rivale “rossa” inebria la platea e innesca un durissimo botta e risposta. «Atreju? Uno spettacolino di terz’ordine» infilza la leader dem con una nota alle agenzie che fa sgranare gli occhi a Giovanni Donzelli, gran cerimoniere della manifestazione. È un crescendo: «Mentre fa festa il governo lascia 900mila famiglie in povertà senza nessun tipo di aiuto, fa cassa sui poveri solo per finanziare i suoi condoni fiscali. Cara Giorgia, non continuate a insultare gli italiani», rincara Schlein. E sul discorso ad Atreju: «Se pensate che tutto questo sia normale per chi è a capo del Governo, non lo è. Forse in Ungheria, non certo in una vera democrazia».

È dunque “Elly” l’alter-ego scelta da “Giorgia” per polarizzare lo scontro in vista del voto europeo. Così il campo di battaglia inizia a delinearsi. Di qui il centrodestra che ad Atreju dà prova di compattezza con le rassicurazioni dei vicepremier Antonio Tajani e Matteo Salvini su una campagna elettorale da giocare in fair play. La coalizione è «una quercia che non cade» dice il primo e non «un’alleanza di convenienza», gli fa eco il leader della Lega. Di là c’è invece la sinistra che a Roma come a Bruxelles, accusa Meloni, fa un tifo «anti-italiano». Nel mirino della premier, insieme ai dem, finisce anche il loro (presunto) pantheon intellettuale, dal leader della Cgil Maurizio Landini a Chiara Ferragni e Roberto Saviano, «nessuno scrittore racconta le forze dell’ordine, i camorristi fanno vendere di più». Così come la «stampa militante» che a più riprese viene richiamata dalla titolare di Palazzo Chigi per un «racconto livoroso». Meloni insomma prepara il terreno per la grande sfida elettorale del prossimo anno. E lo fa mettendo le mani avanti, evocando sospetti: «Verremo contrastati con ogni mezzo, anche quelli non proprio legittimi». Un nome invece non risuona mai sotto il tendone allestito da FdI in pieno centro a Roma. La premier non nomina una sola volta Giuseppe Conte, non a caso. Anche se mette nel mirino tante delle battaglie grilline. Come il Superbonus che «ha lasciato una situazione drammatica nei conti pubblici, un buco da 140 miliardi, quanto lo Stato spende in un anno per tutta la sanità». Ed è il simbolo, dice Meloni, di «una politica che regala ciò che non ha indebitando i suoi figli». Ce n’è anche per il Reddito di Cittadinanza, che la leader del governo cancellerebbe «altre mille volte». Parte da qui, dagli affondi all’«assistenzialismo» grillino una riflessione della premier sulla politica e il consenso elettorale. «Non intendo comprare il consenso della gente: quello è un privilegio che lascio ad altre forze politiche», dice. Giustifica così alcune delle «scelte difficili» che il governo ha dovuto fare. Sull’immigrazione ad esempio la premier ammette: «So bene che i risultati non sono quelli che ci si attendeva». Ma poi aggiunge: «Non mi interessano le scorciatoie, sono pronta a pagare un prezzo in termini di consenso immediato per dare una risposta strutturale, definitiva a questo problema». 

IL PROGRAMMA

In un grande blob del primo anno di governo Meloni ripercorre e rivendica tutte le altre scelte. La stretta sui rave illegali e gli sbarchi, le nuove norme sui femminicidi, la battaglia contro la maternità surrogata ora perseguibile come “reato universale” (e le opposizioni l’accusano di doppiopesismo: anche Elon Musk, il super-ospite di Atreju, vi ha fatto ricorso). Mentre le grandi riforme istituzionali, l’autonomia cara ai leghisti e il premierato targato FdI, andranno in porto senza imprevisti, assicura. Mettendo in chiaro ancora una volta che un’eventuale bocciatura della riforma presidenzialista in un referendum non chiuderà la sua esperienza a Palazzo Chigi: niente «Meloni come Renzi», ripete dal palco. 

La platea applaude e la leader non si nega. «Giorgia sei la meglio!» le urlano, «grazie teso», replica in romanesco. Anche gli alleati incassano la standing ovation di Atreju. Salvini quando chiede ai militanti «un pensiero» per la prossima udienza nel processo Open Arms. Tajani si commuove e fa scattare in piedi il pubblico ricordando Silvio Berlusconi: «Ci guarda in streaming da una nuvoletta lassù». Più tiepidi gli applausi quando Meloni richiama il sostegno all’Ucraina, «è in gioco il nostro interesse nazionale, come quello di tutti i liberi popoli europei. Stiamo creando le condizioni per una pace giusta e duratura». Riecco il bivio, il consenso e la fatica delle «scelte difficili». Quella fatica che la leader di Atreju, «a casa» fra le felpe blu dei suoi militanti, per un giorno sembra sentire un po’ meno del solito.

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