Mes, la maggioranza diserta il voto sul salva-Stati: ​«Deciderà il Parlamento»

Salvini: «Non è uno strumento utile al Paese, meglio i Btp»

Mes, il centrodestra sceglie l’Aventino: «Decide il Parlamento». Salvini: «Non è uno strumento utile al Paese»
Mes, il centrodestra sceglie l’Aventino: «Decide il Parlamento». Salvini: «Non è uno strumento utile al Paese»
di Andrea Bulleri
Venerdì 23 Giugno 2023, 00:08 - Ultimo agg. 24 Giugno, 09:50
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Né sì né no. Almeno per il momento. Sul Mes, il Meccanismo europeo di Stabilità che da mesi l’Europa chiede all’Italia di ratificare, il centrodestra sceglie l’Aventino. Ossia decide, per ora, di non decidere, lasciando le opposizioni a sbrigarsela da sole in Commissione Esteri alla Camera. Risultato: al momento del voto, oltre la metà dei banchi che affollano la Sala del Mappamondo al quarto piano di Montecitorio restano vuoti. E la proposta che finisce per essere approvata è quella del Pd, che chiedeva al governo di dire sì alla modifica del Fondo salva Stati varata da Bruxelles. Con l’assenso del Terzo polo e l’astensione dei Cinquestelle. 
Un voto, quello di ieri, che di per sé non produce grosse conseguenze pratiche: significa soltanto che quando l’Aula dovrà esprimersi sul Mes, il Meccanismo pensato dalla Commissione Ue per prestare assistenza finanziaria agli Stati in difficoltà, dovrà farlo adottando come testo base quello approvato ieri in Commissione. Ma il “no show” dei partiti di maggioranza fornisce un assist alle opposizioni per attaccare il governo. «Assente», «irresponsabile», «fantasma», le critiche risuonate ieri all’indirizzo dell’esecutivo di Giorgia Meloni. La quale più volte in passato si è detta contraria a dare il via libera al Fondo salva Stati. Almeno non prima che a Bruxelles vengano definite le nuove regole del Patto di stabilità e crescita. Anche perché il Mes – è la linea della premier – così com’è costruito rischia di rappresentare più che altro uno «stigma» per i Paesi che dovessero farne richiesta: più un problema che una soluzione, insomma. 

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LA TRAPPOLA

Ecco perché FdI, Lega e Forza Italia alla fine hanno preferito sottrarsi alla potenziale trappola tesa dalle opposizioni, disertando il voto in Commissione.

Astenersi, infatti, sarebbe parsa una forma di disapprovazione troppo “soft” (che scontava tra l’altro il muro della Lega, orientata semmai a votare contro). Un voto contrario, invece, avrebbe mandato un segnale troppo netto a Bruxelles, che avrebbe potuto essere male interpretato dalla Commissione: il no italiano al Mes, nell’ottica di Meloni, somiglia infatti più a un “non adesso” che a un “mai”. Dunque, la soluzione che viene scelta è quella di prendere tempo. Rimandare tutto al momento dell’esame in Parlamento. Che per ora è fissato in calendario per il 30 giugno. Ma considerato l’ingorgo di provvedimenti all’attenzione di Montecitorio, non è escluso che la conferenza dei capigruppo possa optare per un rinvio. Magari fino a dopo l’estate. 

Quel che è certo, però, è che il mancato voto di ieri ha riacceso le polemiche. Esplose dopo che due giorni fa il ministero dell’Economia aveva dato parere positivo alla ratifica del Meccanismo, con un parere firmato dal capo di gabinetto di Giancarlo Giorgetti, Stefano Varone. Dal Mef, insomma, è arrivato un invito a valutare bene i pro e i contro, prima di prendere una decisione sul Meccanismo europeo. Un cortocircuito apparente, che Matteo Salvini in serata prova a ridimensionare: «Sul Mes – avverte il leader del Carroccio – decide il Parlamento. È lì che si voterà, quando arriverà la discussione: quella del ministero dell’Economia è un’opinione tecnica». E con Giorgetti, assicura il vicepremier, c’è «perfetta sintonia». Poi, a scanso di equivoci, mette in chiaro: «Continuo a ritenere che il Mes non sia uno strumento utile al Paese. Qualunque sia l’esito della votazione in Parlamento, io da democratico la rispetterò. Ma personalmente ritengo che le strade per finanziare il nostro Paese siano altre». Meglio, aggiunge Salvini, finanziarsi coi Btp, ossia con debito «in mano a risparmiatori italiani». 
Sulla stessa linea l’altro numero due di Meloni, Antonio Tajani: «Noi di Forza Italia – spiega – eravamo favorevoli all’uso del Mes quando c’era la pandemia, poi è arrivato il Recovery e il Mes non è più servito. Ora abbiamo delle riserve sul suo regolamento, perché rischiamo che gli Stati più grandi decidano la strategia. Mentre dovrebbero farlo il Parlamento e la Commissione europea». 

NODO EMENDAMENTI

Intanto, però, la discussione in Commissione Esteri va avanti: mercoledì scade il termine per la presentazione degli emendamenti. Poi la palla passerà alle altre Commissioni interessate, Bilancio e Affari costituzionali in primis, prima dell’approdo in Aula. E se l’ipotesi che pare più plausibile è quella di un rinvio fino a dopo la pausa estiva, già si discute anche di un’altra opzione: quella di un sì «condizionato» ad alcuni paletti, tra cui una modifica – in senso favorevole all’Italia – del patto di Stabilità. 

Da Bruxelles, intanto, fanno sapere di seguire «con attenzione» il dibattito italiano. Mentre l’opposizione va all’attacco. «Prima o poi la maggioranza dovrà dire sì o no», avverte dal Terzo Polo Ettore Rosato. «Governo fantasma», l’affondo di Elly Schlein. Mentre Enrico Borghi di Iv punta i riflettori sull’astensione dei grillini chiamando in causa i dem: «Davvero pensate di costruire un’alleanza di governo su queste basi?». 

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