Tensione sul Mes, maggioranza assente: in commissione Esteri, passa il testo base del Pd. Cosa succede ora

FdI, Lega e Forza Italia disertano il voto in Commissione Esteri. La proposta di ratifica del Meccanismo europeo di Stabilità passa ora all'Aula di Montecitorio

Tensione sul Mes, maggioranza assente: in commissione Esteri, passa il testo base del Pd. Cosa succede ora
di Andrea Bulleri
Giovedì 22 Giugno 2023, 17:42 - Ultimo agg. 24 Giugno, 08:33
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Alla fine si decide di non decidere. Almeno per il momento. Sulla ratifica del Mes, il Meccanismo europeo di stabilità (detto anche Fondo salva-Stati), la maggioranza all'ultimo sceglie di non partecipare al voto in Commissione Esteri. Lasciando così soli Pd e Terzo polo ad approvare il testo base per l'approvazione, con il Movimento 5 stelle che invece si astiene. Tutto rimandato al volere dell'Aula di Montecitorio, insomma, dove il provvedimento - salvo ulteriori slittamenti - dovrebbe approdare a fine mese. 

Una scelta contro cui insorgono dem e centristi, che per primi avevano provato a incalzare il governo sul tema del Mes, tentando di mettere la maggioranza alle strette. «Oltre ogni decenza», attacca il capogruppo in Commissione Esteri del Pd Enzo Amendola. «Prima o poi, la maggioranza dovrà dire sì o no», avverte dal Terzo Polo Ettore Rosato.

Mentre per Benedetto Della Vedova di +Europa, «l'assenza dei partiti di governo è segno di irresponsabilità». Una contrapposizione netta, quella sul Mes. Con la maggioranza contraria alla ratifica del Fondo  salva-Stati perché prima - è la linea di Giorgia Meloni - bisogna discutere dei nuovi meccanismi del Patto europeo di Stabilità. E il Mes, così com'è costruito, rischia di rappresentare uno "stigma" per i Paesi che dovessero farne richiesta. A favore dello strumento si schierano invece Pd e Terzo polo, autori dei provvedimenti approdati oggi in commissione per provare a forzare la mano sulla ratifica. 

Le ragioni dell'assenza

A spiegare il perché dell'assenza di tutto il centrodestra ci pensa invece Giangiacomo Calovini, presidente dei deputati di FdI in Commissione Esteri. «La maggioranza è compatta: oggi non abbiamo partecipato al voto perché le proposte di legge sulla ratifica del Mes presentate non sono, per noi, condivisibili. Coerentemente, abbiamo scelto di non interferire nella scelta di una proposta di legge piuttosto di un'altra, essendo una legittima prerogativa dell'opposizione», spiega Calovini. Come a dire: visto che siamo contrari alla ratifica, non aveva senso partecipare a un voto che aveva in esame proprio l'ok al Meccanismo di stabilità. «Inoltre - aggiunge il deputato di FdI - è del tutto fantasioso dire che il governo Meloni non è credibile a livello internazionale se non viene votato il Mes: se allarghiamo un attimo i nostri orizzonti, ci rendiamo conto che l'esecutivo si è guadagnato una grande credibilità in Europa, fatto che non accadeva da anni». 

La contrarietà di Salvini

In un primo momento, la Lega aveva fatto sapere di essere propensa per l'astensione sul provvedimento: «Sì, penso che ci asterremo», le parole del sottosegretario del Carroccio Alessandro Morelli. Poi il cambio di rotta. Del resto, anche il leader Matteo Salvini (da sempre contrario alla ratifica del Mes) aveva chiarito che non era la Commissione Esteri la sede più adatta per esprimersi sull'argomento: «Deciderà il Parlamento», aveva sentenziato il vicepremier. Relegando a "risposta tecnica" il parere fornito dal capo di gabinetto del ministero dell'Economia, che aveva dato invece il via libera alla ratifica del Fondo innescando un cortocircuito con Palazzo Chigi. «Giorgetti è un politico - la linea di Salvini - come lo sono io, e se il testo sul Mes arriverà in Parlamento lo voteremo in modo politico. In questo momento - ha aggiunto Salvini - preferisco che il debito pubblico italiano sia in mano ai risparmiatori italiani, e non in mano a soggetti esteri che poi possono decidere cosa fare. Quindi - ha concluso 
Salvini - quella è la risposta tecnica, quando arriverà e se arriverà il voto in Parlamento la Lega voterà come ha sempre dichiarato». 

Dunque ora la palla passa all'Aula. Sempre che il provvedimento, in calendario per il 30 giugno, non venga nuovamente spostato in avanti, data la mole considerevole di atti su cui la Camera è chiamata a esprimersi da qui alla fine del mese. 

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