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Mes, l’ok del Tesoro: «Non genera rischi». Ma FdI e Lega frenano

Il ministero al Parlamento: nessuna criticità in caso di ratifica

di Francesco Malfetano
Articolo riservato agli abbonati
Mercoledì 21 Giugno 2023, 23:59 - Ultimo agg. : 23 Giugno, 15:41
4 Minuti di Lettura

La ratifica del fondo Salva Stati non incrementa il rischio percepito sui nostri titoli di Stato, anzi «è possibile che la riforma porti ad una migliore valutazione del merito di credito degli Stati membri aderenti, con un effetto più pronunciato per quelli a più elevato debito come l’Italia». A mettere nero su bianco la bontà di un’eventuale approvazione del Mes per i conti nostrani non è la cancelleria di uno qualunque dei ventisei Paesi dell’Unione Europea che lo hanno già ratificato ma il capo di gabinetto dell’italianissimo ministero del Tesoro. 

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Mes, l’ok del Tesoro

Sollecitato dalla Commissione Esteri di Montecitorio (dove ieri bisognava scegliere quale mozione di minoranza tra Pd e Terzo Polo dovesse essere il testo base da portare in Aula per la discussione generale calendarizzata il prossimo 30 giugno) Stefano Varone ha quindi finito con il mandare in tilt la maggioranza, smentendo parte degli argomenti utilizzati da Giorgia Meloni e i suoi ministri per non avallare la ratifica. «Per quanto riguarda gli effetti diretti sulle grandezze di finanza pubblica - si legge, in riferimento alla presunta spinta verso la ristrutturazione del debito che l’adesione comporterebbe - dalla ratifica del suddetto accordo non discendono nuovi o maggiori oneri rispetto a quelli autorizzati in occasione della ratifica del trattato istitutivo del meccanismo europeo di stabilità del 2012». 


IL RINVIO
Una piccola bomba che, una volta acquisita dalla Commissione, ha di fatti costretto Giulio Tremonti (FdI) a rinviare il confronto temendo il fuoco incrociato dei leghisti furiosi e di un’opposizione felicissima. Che dal governo potesse arrivare un tale assist a meno di due settimane dall’ennesima dichiarazione perentoria di Giorgia Meloni («Finché io conto qualcosa, che l’Italia non acceda al Mes lo posso firmare con il sangue») non era proprio stato preso in considerazione da Pd, Terzo polo e M5S, come testimonia la grandinata di dichiarazioni successiva. 


«Il ministero ci dà ragione, il governo lo ratifichi» dice Raffaella Paita, capogruppo di Azione-Iv al Senato. «La maggioranza è nel caos» puntano invece subito il dito sia Elly Schlein che Giuseppe Conte, approfittando anche del ko provocato dalle intemperanze di Claudio Lotito alla Camera sul dl Lavoro.


IL CARROCCIO
Un sostanziale caos che, prima di risolversi in un rinvio di 36 ore concordato da Tremonti con i vertici di FdI e con il governo, ha fatto inviperire le pattuglie leghiste. Forse terrorizzate dall’ipotesi che il parere tecnico di un “loro” ministero finisse con il classificarli dopo anni di battaglie anti-Mes, gli esponenti del Carroccio si sono subito affrettati a chiedere di procedere con il voto in commissione con l’intenzione dichiarata di arrivare ad una bocciatura definitiva del testo. Una responsabilità che però gli altri deputati della maggioranza hanno preferito non prendersi, consapevoli che il costante rinvio della ratifica è un’arma negoziale impugnata da Roma nella partita con Bruxelles per la riforma del patto di Stabilità. 


Tant’è che un fedelissimo salviniano come Davide Crippa puntualizza: «Sul Mes non è successo niente. Abbiamo sempre avuto una posizione e né Giorgetti né la Lega hanno cambiato idea». Da sempre infatti a via Bellerio sostengono che si tratti di una «trappola» per l’Italia e che il Mes sia uno strumento «inutile e dannoso».  Mentre fioccano le ricostruzioni (in gran parte smentite) che vedrebbero Giorgetti e Meloni contrapposti, ora la priorità per la maggioranza è trovare una via d’uscita che permetta di prendere nuovamente tempo e guardare “con serenità” alla fine dell’anno, termine entro cui dovranno essere varate le nuove regole europee. E quindi, se le opposizioni cercheranno di mettere il governo all’angolo insistendo perché esprima il suo parere, ministri e capigruppo sarebbero alla ricerca del giusto escamotage per rimandare a dopo la pausa estiva il voto finale. 

 

© RIPRODUZIONE RISERVATA
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