Migranti, in Albania centro anti-rivolta. Stanze blindate, struttura circolare e agenti divisi

Pronto il progetto dei Vigili del Fuoco. Limitati all’osso i contatti con la polizia per scongiurare episodi di violenza

Migranti, in Albania centro anti-rivolta. Stanze blindate, struttura circolare e agenti divisi
Migranti, in Albania centro anti-rivolta. Stanze blindate, struttura circolare e agenti divisi
di Francesco Bechis
Lunedì 20 Novembre 2023, 00:09 - Ultimo agg. 13:28
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Al centro, gli spazi abitativi per i migranti detenuti. Intorno anche: un edificio a cerchi concentrici, composto di moduli attrezzati per ospitare centinaia di persone. Ai lati, invece, le strutture dedicate alle forze dell’ordine italiane: Carabinieri, militari, Polizia, personale di sicurezza. Il governo ha un piano pronto per costruire un maxi Centro di permanenza e di rimpatrio (Cpr) in Albania. La prima pietra del patto fra Giorgia Meloni ed Edi Rama che appalterà al Paese balcanico alleato una parte della gestione degli arrivi del Mediterraneo. 

IL PROGETTO

Alla progettazione del centro - una struttura circolare, composta di moduli facili da assemblare e da rimuovere - hanno lavorato gli ingegneri dei Vigili del Fuoco.

Le planimetrie sono pronte e danno da sole l’idea dell’edificio che dovrà servire a trattenere fino a diciotto mesi i migranti senza diritto di asilo arrivati sulle coste albanesi come conseguenza del “patto di Tirana”. Un edificio imponente, a forma di cerchio, composto di più strati. Disegnato e immaginato con un obiettivo preciso: limitare al minimo, lo stretto necessario, qualsiasi forma di contatto tra gli agenti in servizio nella struttura e i migranti ospitati. E dunque prevenire eventuali episodi di violenza all’interno del Cpr albanese, di cui dovrebbero occuparsi esclusivamente le forze dell’ordine e militari italiane. Il dossier è da settimane al Viminale, sulla scrivania del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi.

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E questo perché, in un primo momento, il progetto dei Cpr “a cerchio” era stato scritto e architettato per i centri di raccolta dei migranti in Italia. I venti Cpr, uno per Regione, che il governo ha promesso di costruire la scorsa estate per tamponare l’emergenza sbarchi. Poi le cose sono andate diversamente. A fine settembre l’input della premier Meloni cambia la regia del piano: non più il Viminale, ma il ministero della Difesa e il Genio militare dovranno costruire in tempi record - tra i tre e i sei mesi secondo i pronostici del governo - i centri per il rimpatrio dei migranti illegali. Di qui la decisione, presa durante una riunione di Meloni con i vice e i ministri coinvolti la scorsa settimana, di rispolverare il piano dei Vigili del Fuoco per il Cpr albanese. Come annunciato sorgerà a Gjader, un’area dell’entroterra venti chilometri a Nord della capitale Tirana. 

Vi saranno ospitate, appunta il governo in una nota sul patto albanese, «persone in attesa di rimpatrio dopo l’accertamento dell’assenza dei requisiti per il soggiorno in Italia». Esclusi minori, vulnerabili, donne in gravidanza. La struttura circolare studiata dai Vigili del Fuoco sarà composta di diversi moduli prefabbricati assemblati fra di loro. Stanze e spazi abitativi al loro interno saranno blindati e circondati da pareti in materiale resistente, così prevede il progetto del Viminale ed è facile che qui si concentrino le proteste sonore di opposizioni e ong contro la “carcerizzazione” dei Cpr da parte del governo. 

IL RISCHIO RIVOLTE

Dal ministero rimbalzano le accuse e spiegano che le importanti misure di sicurezza previste nella planimetria serviranno a sventare possibili agitazioni ed episodi di violenza dentro al centro in Albania. Per questo gli spazi dove risiederanno agenti e militari saranno separati e distanziati dall’area destinata ai migranti. 
Così si spiegano anche le strutture rialzate - delle torri di controllo - che permetteranno al personale italiano addetto alla sicurezza di monitorare la situazione all’interno. «Lo abbiamo visto nei Cpr italiani, il rischio di rivolte è concreto», spiega un funzionario che sta seguendo il dossier. Nei Cpr, è il ragionamento, sono spesso ospitati migranti in attesa di espulsione con precedenti penali o risultati recidivi e violenti. Per questo i centri, e quello in Albania non fa eccezione, sorgono in aree isolate, perimetrate da forze di polizia (in questo caso, all’esterno, saranno gli agenti albanesi a garantire la sicurezza). E per lo stesso motivo il governo ha appena inasprito le pene, nel nuovo pacchetto di sicurezza, per chi fomenta o guida una rivolta all’interno dei Cpr. 
Sulla capienza massima del centro a Nord di Tirana dovrà intervenire un decreto attuativo ad hoc. Il protocollo si limita a piantare un paletto: sul territorio albanese, contemporaneamente, non potranno stanziare più di 3mila migranti portati dalle navi italiane. I costi invece sono noti: l’intera operazione, comprensiva del centro per le prime verifiche che sorgerà nel porto di Shengjin, costerà allo Stato italiano 16,5 milioni di euro l’anno, per cinque anni. 
 

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