Renzi neutralizza la fronda dem e apre a Forza Italia sulle riforme

Renzi neutralizza la fronda dem e apre a Forza Italia sulle riforme
di Marco Conti
Giovedì 4 Giugno 2015, 05:59 - Ultimo agg. 09:11
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«La nostra gente non è andata a votare, lì sono finiti i nostri voti». Matteo Renzi ha ripreso a sorridere dopo i dati dell'Istat che confermano la ripresa dell'occupazione ed è deciso ad azzerare il rumore di fondo con il quale i vari Gotor, D'Attorre e Fassina accompagnano ogni riforma proposta dal governo. La presunta uscita di un paio di senatori non lo preoccupa, anche perché da tempo non li conteggiava nella maggioranza.



DITTA

L'appuntamento importante è per lunedì sera quando la direzione del partito esaminerà - malgrado la richiesta di rinvio fatta dalla minoranza - il voto regionale nel bel mezzo della campagna elettorale per i ballottaggi nei comuni. Il premier in questi giorni ha analizzato i flussi elettorali che a suo parere confermano come persino la Paita avrebbe vinto in Liguria se «i nostri elettori fossero andati a votare». Le percentuali sotto le attese di Pastorino e i deludenti risultati di Sel in quasi tutte le regioni, sono per il premier la conferma che l'aggressività della Lega e del M5S hanno ridotto di molto lo spazio esistente a sinistra del Pd. Per Renzi è il motivo principale che impedisce alla frastagliata minoranza del Pd di seguire Civati o immaginare altri percorsi fuori dalla ”ditta”.



Tutto ciò rende per il premier ancor più irrinunciabile un chiarimento interno al partito sulle regole. E' per questo che lunedì sera il presidente del Consiglio andrà giù duro con quella parte del partito che intende il ruolo di minoranza come «azione costante di sabotaggio». La disponibilità a lasciare alla minoranza il ruolo di capogruppo alla Camera, che già fu del bersaniano Speranza, insieme alla possibilità di modifiche alla riforma della scuola e del Senato, sono le carte che il premier intende giocare insieme a quelle che gli arrivano dai posti vacanti nel governo o dal rinnovo delle presidenze delle commissioni.



Preoccupazioni sul fronte dei numeri il presidente del Consiglio non ritiene di averne anche perché gli arrivi non mancano. Anche se non cercati dal capogruppo Luigi Zanda e da Giorgio Tonini. Ciò che invece sta a cuore al premier è l'immagine che il partito sta dando da mesi. Le liti, le polemiche interne, la facilità con la quale è facile sovrapporre una dichiarazione di Fassina contro il governo con quella del capogruppo di FI alla Camera, fanno venire il sangue alla testa al premier che punta a recuperare un pezzo della minoranza interna mettendo però in chiaro che le decisioni prese a maggioranza dal partito vanno sostenute, senza voti in dissenso o assenze strategiche.



La disponibilità a correggere la riforma della scuola o della Rai, non va confusa per Renzi con l'arrendevolezza o il rinvio sine die. All'ala bersaniana del partito, che ieri si è ritrovata a pranzo, intende spiegare che «dissensi sul voto di fiducia non sono ammessi» e che «il continuo sabotaggio» dell'azione del governo», con le relative polemiche e scambio di accuse, è uno dei principali responsabili del cattivo risultato del Pd in Liguria, in Veneto e nelle regioni ”rosse” dove l'elettorato è particolarmente attento e sensibile. Se l'addio di Mario Mauro e di Tito Di Maggio lascia indifferente il governo, con maggiore attenzione si segue a palazzo Chigi il dibattito che si è sviluppato nel centrodestra.



NAZARENI

Renzi è convinto che Forza Italia, rinfrancata dal risultato elettorale, possa essere ancora un interlocutore, in tema di riforme costituzionali, anche dopo l'addio dei fittiani. Il patto del Nazareno lo ritiene archiviato, ma l'obiettivo del premier resta quello di tenere quanto più ampia possibile la maggioranza sulle riforme costituzionali che dovrebbero arrivare nell'aula di palazzo Madama prima dell'estate. Di «modifiche radicali», come chiede la sinistra ex Pci, Renzi non vuole sentir parlare, ma sulle modalità di nomina o elezione dei senatori la disponibilità del premier è nota da tempo. Tenere quanto più ampia possibile la maggioranza sulle riforme, contando quindi anche la pattuglia di senatori che fanno capo a Denis Verdini, serve al premier per sterilizzare il peso della minoranza interna che nel frattempo prepara sulla riforma della scuola il primo campo di battaglia.



Un altro tema di incontro con FI è la riforma dei partiti. Le primarie vengono ormai invocate anche nel centrodestra e Berlusconi, dopo l'iniziale diffidenza, sembra essersi convinto della loro necessità al punto da chiedere ai suoi parlamentari di presentare un disegno di legge che si somma a quello presentato di recente da Guerini, Orfini e Stumpo.