Cancro, la prevenzione è flop: ​così al Sud Italia si muore di più

Cancro, la prevenzione è flop: così al Sud Italia si muore di più
di Ettore Mautone
Venerdì 28 Settembre 2018, 08:51 - Ultimo agg. 16:40
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Aumentano le diagnosi di tumore in Italia: sono 4.300 in più nel 2018 rispetto allo scorso anno. I tumori rappresentano una vera emergenza sanitaria del Paese: sono diagnosticati ogni anno circa 1000 nuovi casi al giorno (esclusi i tumori cutanei), di cui il 54% fra gli uomini e oltre e il 46% fra le donne. La frequenza è in media di circa 7 nuovi casi ogni 1000 uomini ogni anno, un po' più di 5 casi ogni 1000 donne. Più confortanti, invece, i dati generali relativi alle guarigioni, alla sopravvivenza a 5 anni dei pazienti grazie al miglioramento delle cure mediche e chirurgiche e alla diffusione dei nuovi farmaci immunologici che stanno cambiando la storia clinica della malattia. Ma non al Sud dove la mortalità invece, a fronte di una incidenza inferiore, continua ad essere più alta.

L'Italia dell'oncologia, sulla base delle percentuali di sopravvivenza dalla diagnosi, è divisa in due. Il nostro Paese, se valutato nel complesso, presenta un quadro di sopravvivenza pari o superiore alla media europea con il 63% delle donne e il 54% degli uomini sono vivi a 5 anni dalla diagnosi. In Emilia-Romagna e Toscana si sopravvive di più mentre il Sud con Sicilia (52% uomini e 60% donne), Sardegna (49% e 60%) e Campania (50% e 59%) è fanalino di coda. Scarsa adesione agli screening, (che consentono di individuare la malattia in stadio iniziale, quando le possibilità di guarigione sono più alte), stili di vita scorretti, bassi investimenti in prevenzione e più scarso accesso alle cure causano le differenze regionali. «Inoltre, al Sud si registra una maggiore e preoccupante diffusione di fattori di rischio come fumo, sedentarietà ed eccesso di peso», afferma Lucia Mangone, presidente Airtum (Associazione italiana registri tumori) che insieme all'Aiom (associazione italiana oncologia medica) e a Passi (Progressi aziende sanitarie per la Salute in Italia) che hanno condotto lo studio.
 
Il luogo di residenza, dunque, diventa un determinante prognostico importante che indica una disomogeneità nell'accesso a programmi di diagnosi precoce e a cure di alta qualità, sebbene la tendenza sia in miglioramento rispetto al passato. Inoltre nel Sud dice il Rapporto - dove gli screening oncologici sono ancora poco diffusi, non si registra la riduzione della mortalità e dei tumori della mammella, del colon-retto e della cervice uterina, osservata invece nelle altre Regioni in cui l'adesione a questi programmi è più alta. Il fumo di sigaretta (e quindi anche l'inquinamento dell'aria e delle matrici ambientali ndr) rappresentano il principale fattore di rischio. In Italia sono attribuibili a questa pericolosa abitudine ogni anno circa 93 mila morti (il 14% di tutte le persone decedute) e le sigarette costituiscono la prima causa di perdita di anni di vita in buona salute. Il fumo di tabacco è fortemente associato ai tumori del polmone, del cavo orale e gola, esofago, pancreas, colon, vescica, prostata, rene, seno, ovaie e ad alcuni tipi di leucemie.

Le difficoltà della Campania nelle cure oncologiche è nei numeri del punto di partenza, nel 2016, del piano oncologico regionale. Tra il 2013 ed il 2015 per le quattro patologie tumorali prese a riferimento per gli screening (mammella, Colon, retto e utero) si registra una concentrazione dei centri di cura di eccellenza sul territorio napoletano. Un dato strutturale che sarà difficile scardinare. La Regione ora lavora a una delibera ad hoc per fissare obblighi per i piccoli centri chirurgici di piccoli ospedali che saranno obbligati ad indirizzare verso le strutture con le maggiori casistiche i propri pazienti con diagnosi di cancro per migliorare gli esiti. In Campania nel 2015 solo 8 su 99 (8%) centri chirurgici per tumore mammario presentavano un volume di attività superiore ai 50 casi annui, 7 su 95 (7%) centri avevano un volume di attività superiore ai 50 casi annui per ciò che riguarda il tumore del colon, 4su 83 (5%) delle strutture trattavano più di 30 casi annui per il tumore del retto e infine 11 su 77 (14%) trattano più di 15 casi annui per ciò che riguarda il tumore dell'utero. Numeri che in due anni sono cambiati ma di poco a causa di personalismi e resistenze duri a morire. E si lavora a poli oncologici periferici (come quello che si inaugura oggi a Giugliano) destinati a drenare una quota dei pazienti che affollano le grandi aziende ospedaliere provinciali.
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