Coronavirus, lo scenario è cambiato: siamo già alla seconda ondata?

Coronavirus, lo scenario è cambiato: siamo già alla seconda ondata?
di Ettore Mautone
Sabato 29 Agosto 2020, 23:30 - Ultimo agg. 30 Agosto, 08:04
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L’incremento dei contagi che si regista in Italia è da considerare una seconda ondata? O è il frutto delle vacanze? In ogni caso come va gestita questa massa di positivi che trascinerà altri casi infetti verso la data di apertura delle scuole e a fronte dell’autunno in cui si sovrapporrà l’effetto dell’influenza stagionale e raffreddore che si presentano sotto mentite spoglie del Coronavirus? Tutte domande che diventano sempre più pressanti con il passare dei giorni a fronte dei numeri dei nuovi contagi che, sebbene composti in prevalenza da soggetti asintomatici emersi da indagini di screening iniziano a comporre una massa di quell’iceberg che abbiamo imparato a temere nei mesi scorsi perché le punte emergenti sono fatte di casi ospedalizzati, di pazienti in terapia intensiva e purtroppo anche di decessi. Ad aiutarci sono Nino Cartabellotta Medico chirurgo specializzato in Gastroenterologia e in Medicina Interna, fondatore del centro studi sanitari e statistici Gimbe, e Alessandro Perrella dirigente medico del Cardarelli, specialista in Malattie infettive e in Aerobiologia, la branca dell’infettivologia che studia la trasmissione dei microrganismi per via aerea, nonché componente dell’unità di crisi per l’emergenza Coronavirus della Regione Campania. 
 


Siamo nella seconda ondata? 
Il concetto di seconda ondata non può essere definito con certezza perché non è finita neppure la prima. Sono stati fatti molti meno tamponi nella fase della riapertura fino a metà luglio. I test sono stati molto pochi e non sappiamo realmente quali e quanti erano i casi. Se nella seconda metà di luglio avevamo 1400 casi a settimana e più o meno 200 al giorno nelle settimane successive la crescita è stata abbastanza rapida e oggi abbiamo 1400 contagi al giorno.

A cosa è dovuto questo profilo dell’epidemia? 
A due fenomeni: l’incremento dei tamponi e il rapporto tra positivi e casi testati che è aumentato dimostrando che in questo periodo ci sono stati molti più contagi. Il numero dei casi sta aumentando in maniera importante e molto lentamente stanno iniziando a crescere sia i pazienti ospedalizzati sia quelli in terapia intensiva. L’attuale numero di contagi è il frutto di uno screening di massa che ad esempio la Campania ha scelto di attuare a tappeto su tutti i rientri dall’estero. Confinando e tracciando i positivi si minimizzano le conseguenze dei viaggi in zone ad alta endemia e si consente di limitare i datti futuri. Quello che va fatto nella fase di convivenza col virus. 

In cosa differiscono le due fasi dell’epidemia? 
Di fatto dobbiamo considerare l’epidemia a partire dal 3 giugno come un’altra epidemia. Nella prima fase dell’epidemia i numeri erano rappresentati prevalentemente da casi sintomatici e soprattutto ospedalizzati perché quelli asintomatici non li cercavamo, ora invece li stiamo cercando. Il numero dei pazienti ospedalizzati e in terapia intensiva a partire dagli inizi di aprile è stato sempre in discesa fino a quattro settimane fa e da allora ha cominciato lentamente a risalire. Oggi stiamo vedendo quello che non abbiamo visto nei mesi di novembre, dicembre e di gennaio. Oggi cerchiamo attivamente i contagi nella prima fase no. La Campania si sta comportando molto bene scovando molti positivi isolandoli prontamente e continueremo a seguire le tracce del virus con analisi previsionali e azioni mirate. A novembre non c’era nessun confinamento poi c’è stato il lockdown. 

Cosa succederà in autunno? 
Potrebbe esserci una seconda ondata ma a è anche possibile che sia sempre la stessa ondata che però non potrà mai dare gli effetti della prima perché sono cambiate le modalità di screening e anche le cure. Adesso abbiamo conoscenze del virus e armi più affilate per combatterlo. Se useremo queste armi anche individualmente nella maniera giusta non avremo mai una epidemia fuori controllo. 

Come gestire nella prospettiva dell’apertura delle scuole? 
È evidente che se si cerca il rischio zero di contagio le scuole non apriranno mai. Bisogna entrare nell’ottica che le scuole devono riaprire con un rischio accettabile. Fare test sierologici ai ragazzi sarebbe una ulteriore sicurezza. Il protocollo Iss è ineccepibile ma l’applicazione dipende da quanto saranno in grado le scuole di attuarli. Non tutte le Regioni avranno la stessa efficienza.

Cosa dobbiamo  aspettarci? 
Una cosa è tracciare 60-70 o 100 focolai un’altra tracciarne mille, 5mila o diecimila. A inizio pandemia eravamo spostati sul lato ospedaliero e ora sul versante territoriale. Quando il numero dei contagi supera la capacità del servizio sanitario l’epidemia diventa fuori controllo e questo non deve accadere. Vale la massima raccomandazione nel mantenere distanze mascherine e igiene delle mani e bisognerà anche potenziare il sistema dei tamponi perché milioni di persone si presenteranno con la febbre e c’è il rischio di paralisi.
 

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