Covid, Parrella: «Il virus è meno forte ma ai fragili fa danni»

Covid, Parrella: «Il virus è meno forte ma ai fragili fa danni»
di Ettore Mautone
Domenica 30 Ottobre 2022, 09:29 - Ultimo agg. 17:35
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Il quadro epidemiologico del Covid in Campania e nelle altre regioni italiane, è stazionario. Le polmoniti con i classici profili gravi che si vedevano nelle prime ondate sono invece sempre più rare sebbene ancora presenti in alcuni pazienti mai vaccinati. Alessandro Perrella primario di infettivologia del Cotugno, avverte «I casi stanno calando ma la pandemia non è finita. La variante BQ1 e la sua sottovariante BQ1.1 diventeranno i ceppi dominanti da metà novembre all'inizio di dicembre».

È certo che ci sarà una nuova ondata epidemica?
«La presenza di Cerberus in Europa è consolidata e in rapida ascesa.

Scommettere che provocherà una nuova ondata è come giocare ad una corsa di cavalli con un solo quadrupede in gara. Il virus ha gli stessi trend di raddoppio dei casi a cui abbiamo assistito in tutte le ondate precedenti. Diventerà predominante in un mese o poco più. La differenza la fa solo il clima, oggi fa più caldo rispetto agli anni scorsi».

Cosa dobbiamo aspettarci?
«Il virus si presenta meno nocivo e penetra meno nella popolazione in parte per la tipologia di variante in parte per la copertura vaccinale che abbiamo raggiunto con vaccini e infezioni. Ma Cerberus ha anche la tendenza ad aggirare le difese immunitarie».

Chi sono i soggetti a rischio?
«Le persone fragili, gli ammalati, gli anziani, i pazienti con deficit immunitari, gli oncoematologici, trapiantati, dializzati, diabetici, cardiopatici e così via».

Le quarte dosi vanno fatte?
«Si, nei pazienti fragili e negli ultra 50 enni che hanno un inizio di senescenza immunitaria. Nei bambini se hanno patologie croniche oncologiche. Adulti sani possono aspettare».

Si giungerà a una vaccinazione periodica?
«Le attuali varianti non sono un ultimo step del virus, rappresentano una delle possibili evoluzioni. Il virus è dinamico, muta e non è statico. Si evolve per migliorarsi».

Cosa cambia ora che il bollettino della Protezione civile sui casi diventerà settimanale per decisione del governo?
«Da un punto di vista medico statistico cambia poco. Con i modelli matematici siamo in grado di valutare il trend di incidenza e soprattutto l'impatto che sulla rete degli ospedali. Chiaramente della nuova variante sappiamo ancora poco».

E quindi?
«Quindi al di là di ogni considerazione di merito l'utilizzo della mascherina - in alcuni contesti sanitari e quando si soggiorna in ambienti affollati, in particolare in ambiente ospedaliero, a contatto con fragili e malati o con anziani in famiglia - rappresenta ancora uno strumento valido di prevenzione e protezione anche in accordo con le procedure standard dell'Oms per la prevenzione delle malattie aerodiffusibili».

Chi sono i vostri ricoverati?
«Al momento pazienti con quadri complessi da plutipatologie che hanno anche tampone positivo. La prevalenza è per gli ultra75enni con malattia ematologica o oncologica in trattamento e con quadri di immunodepressione primitiva o secondaria. Arrivano dopo diversi giorni di positività a domicilio per il persistere della febbre e tendono ad avere un interessamento maggiore delle vie respiratorie profonde. Dopo una attenta valutazione e terapia rientrano al domicilio. In sintesi fragili e anziani che sono anche quelli a maggior rischio di esito infausto per il coinvolgimento sistemico e talora peggioramento della patologia di base».

Tutti i sanitari non vaccinati rientreranno in servizio: un medico non vaccinato cosa rischia e cosa fa rischiare ai suoi pazienti?
«Rischia di contrarre il virus, se in buona salute di essere asintomatico e pertanto di veicolare l'infezione per molti giorni».

Questo non vale anche per i vaccinati e i guariti?
«Si, ma in misura ridotta: un non vaccinato è più sintomatico e nella fase immediatamente precedente alla malattia conclamata è infettante molto più di un vaccinato o immunizzato. A mio giudizio non si deve abbassare troppo la guardia nella sorveglianza».

Quanto dura l'immunità dei vaccinati e dei guariti?
«In Campania abbiamo fatto uno studio e pubblicato i dati: la massima protezione si ha nel primo mese, dopo 4 di fatto inizia a ridursi la sorveglianza e si riduce la capacità protettiva. Lo scudo da malattia grave si mantiene più a lungo, per circa un anno».

Le cure attuali della malattia?
«Antivirali, monoclonali di ultima generazione, antinfiammatori non steroidei utilizzabili anche a domicilio. La carbocisteina inibisce l'attivatore della proteina Spike e il cortisone in ambiente ospedaliero nelle gravi infiammazioni. Utile anche la valutazione dei pazienti guariti affetti da tombofilia genetica a rischio di trombosi».

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