Vaccini Covid, effetto obbligo: la copertura vola al 95%

Vaccini Covid, effetto obbligo: la copertura vola al 95%
di Erminia Voccia
Lunedì 13 Settembre 2021, 07:00 - Ultimo agg. 14 Settembre, 09:14
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Le coperture sono l'indicatore per eccellenza delle strategie vaccinali, perché permettono di collezionare informazioni in merito alla loro reale implementazione sul territorio e all'efficienza del sistema vaccinale. Con le modifiche introdotte dalla legge 119 del 31 luglio 2017, di conversione del cosiddetto decreto Lorenzin, per i bambini e ragazzi di età compresa tra 0 e 16 anni sono state previste 6 vaccinazioni obbligatorie in via permanente e 4 vaccinazioni obbligatorie soggette a periodica valutazione ministeriale. Il decreto vaccini ha così portato il numero di vaccinazioni obbligatorie nell'infanzia e nell'adolescenza in Italia da 4 a 10. Le prime 6 sono: anti-poliomielitica, anti-difterica, anti-tetanica, anti-epatite B, anti-pertosse, anti-Haemophilus influenzae tipo b. Le altre 4 vaccinazioni obbligatorie invece sono: anti-morbillo, anti-rosolia, anti-parotite e anti-varicella. Lo scopo del decreto e successivamente della legge era contrastare il progressivo calo delle vaccinazioni, sia obbligatorie che raccomandate, registrato a partire dal 2013. Un calo che aveva abbassato la copertura vaccinale media nel nostro Paese per queste malattie al di sotto del 95%, la soglia indicata dall'Organizzazione mondiale della sanità per garantire l'obiettivo, ormai noto, dell'immunità di gregge. Ossia, la soglia necessaria a proteggere indirettamente anche coloro che, per motivi di salute, non possono sottoporsi alla vaccinazione.

In base alla legge, il rispetto degli obblighi vaccinali è un requisito per l'ammissione all'asilo nido e alle scuole dell'infanzia (per i bambini tra 0 e 6 anni).

I bambini più grandi e i ragazzi possono accedere comunque alla scuola primaria e dare gli esami, ma, qualora non siano stati rispettati gli obblighi vaccinali, viene attivato dalla Asl un percorso di recupero della vaccinazione ed è possibile incorrere in sanzioni amministrative, che vanno da 100 a 500 euro. Sono considerati esonerati dall'obbligo i bambini e i ragazzi già immunizzati per aver contratto la malattia in modo naturale, e i bambini con condizioni cliniche specifiche per i quali esiste una controindicazione permanente, o anche temporanea, alle vaccinazioni.

Gli ultimi dati ufficiali disponibili, quelli del 2019, relativi al 2018 e diffusi dal Ministero della Salute, mostrano risultati positivi. La copertura nazionale a 24 mesi (vale a dire per i bambini nati nel 2016) nei confronti della polio raggiunge il 95%, guadagnando un +0,48% rispetto al 2017, con 14 regioni che superano il 95% e 3 che vi si avvicinano. L'aumento è ancora più evidente nel caso della copertura per la prima dose di vaccino contro il morbillo, che supera il 93%, con un +1,38% rispetto all'anno precedente, con 9 regioni che superano il 94% e solo una con una copertura vaccinale inferiore al 90%. Per la vaccinazione anti-tetanica la media italiana raggiunge il 95% di copertura; per la anti-difterica si sfiora il 95%; per l'anti-epatite B si arriva al 94%; per la anti-varicella si supera il 90% e per l'anti-rosolia si va oltre il 94. L'andamento positivo vale anche per coperture vaccinali a 48 mesi (ovvero per i bambini nati nell'anno 2014) perché l'anti-polio passa da 93,33% (il dato a 24 mesi rilevato al 31 dicembre 2016) a 96,01%; e l'antimorbillo passa da 87,26% a 94,93%, con un aumento, rispettivamente, di 2,68 e di 7,67 punti percentuali;

Roberto Burioni ad agosto aveva citato proprio i dati relativi alla copertura della vaccinazione anti-morbillo a 24 mesi, percentuali che in alcune regioni del centro e del nord d'Italia raggiungono cifre tra il 95 e il 100%, per mostrare l'efficacia dei vaccini obbligatori. «Prendiamo coscienza - proseguiva Burioni - che con un virus così contagioso (il Sars-CoV-2) bisogna (come minimo) superare il 90% di copertura. Come riuscirci è problema nostro, al virus non interessa». 

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Visti questi precedenti, viene da chiedersi: è il caso di fare lo stesso con il vaccino anti Covid? «Assolutamente sì», risponde al Mattino Fabrizio Pregliasco, virologo e direttore sanitario dell'Istituto Galeazzi di Milano. «Per quanto concerne i vaccini infantili, - spiega il professor Pregliasco - c'è stato qualche borbottio nel momento dell'applicazione della legge anche tra chi voleva vaccinare i propri figli ma non aveva i certificati in ordine. Nonostante qualche iniziale problematica, i risultati poi sono davvero arrivati. È chiaro che questi risultati riguardano i nati negli ultimi anni e dunque una platea meno vasta e meno impegnativa numericamente rispetto al totale della popolazione. I vaccini anti-Covid hanno dimostrato un'ottima efficacia e un profilo di sicurezza più che adeguato. Ciò induce a usarli tanto e a usarli velocemente. Prima arriveremo a livelli di copertura sempre più alti prima riusciremo a normalizzare la vita. Non a caso, il Regno Unito e Stati Uniti hanno iniziato con anticipo a fare le vaccinazioni. Non possiamo restare in una torre d'avorio e lasciare che il virus faccia da sé, come già è accaduto con la variante Delta. Per interesse nostro e per evitare nuove varianti, è fondamentale che l'approccio vaccinale sia il più universalistico possibile».

Pregliasco insiste inoltre sul punto dei costi sanitari: «Più si usano i vaccini, meno costi si hanno. Per lo Stato, una vaccinazione efficace, dimostrata e sicura consente anche di tagliare le spese sanitarie. Un giorno in terapia intensiva costa da 1.500 a 4.500 euro. Lo Stato ha interesse a mettere quei posti a disposizione dei pazienti affetti da altre patologie. Ha anche un interesse a recuperare l'economia, a riaprire alla vita». 

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