Foodora e il permesso per il cane

Foodora e il permesso per il cane
di Federico Monga
Giovedì 12 Aprile 2018, 10:00 - Ultimo agg. 16 Aprile, 11:34
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I fattorini di Foodora, il colosso tedesco specializzato nella consegna a domicilio del cibo, tutti i giorni tirano la volata per campare. Una volta guadagnavano cinque euro all'ora. Nell'autunno scorso hanno scoperto da un'app sui loro smartphone che la paga era passata al vecchio cottimo: 2,70 a consegna, poi aumentata a 3,60. Alcuni avevano manifestato in piazza e sono stati licenziati. In sei hanno fatto causa e chiesto il reintegro. Ieri il Tribunale del Lavoro di Torino ha respinto il ricorso. Zitti e muti, chi protesta è fuori.

Nell'ottobre scorso, proprio quando i velocisti del piatto sullo zerbino rivendicavano il diritto a non avere una paga da fame, l'Università La Sapienza di Roma concedeva a una sua impiegata amministrativa due giorni di permesso retribuito per prendersi cura del suo cane malato. Premesso che chi svolazza come una mosca non può che adorare gli animali e che il periodo delle vacche grasse per tutti è ormai un bel ricordo, le condizioni agli antipodi dei fattorini di rosa vestiti e dell'impiegata accudita nella sua trattativa dalla Lav fanno sorgere una domanda da girare a tutti i partiti e in particolare alla sinistra in cerca d'autore. Quanto tempo ci vorrà per capire che non si può più rimandare il momento di una redistribuzione dei diritti dei lavoratori tra chi ha addirittura il welfare per il cane e chi fa una vita da cani sul sellino di una bicicletta?

federico.monga@ilmattino.it
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