Terremoto in Irpinia, la città ricostruita ma vuota: 40 anni dopo i giovani preferiscono partire

Terremoto in Irpinia, la città ricostruita ma vuota: 40 anni dopo i giovani preferiscono partire
di Generoso Picone
Sabato 26 Settembre 2020, 21:00 - Ultimo agg. 28 Ottobre, 14:09
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Dove una volta c'era il Bar Corrado, all'inizio di piazza De Sanctis, oggi c'è uno spazio delimitato dalla siepe con il tabellone elettronico del Comune. A Sant'Angelo dei Lombardi è giorno di mercato e tra i banchi e la folla è difficile recuperare dal catalogo del dolore l'immagine di uno dei luoghi profondamente segnati dalla devastazione di 40 anni fa, dalla sera del terremoto del 23 novembre 1980: il Bar Corrado che si trasformò nella tomba della migliore gioventù e del sindaco poco più che trentenne Guglielmo Castellano, Palazzo Japicca, il circolo ricreativo pieno per la partita in tv, il convento di Santa Maria delle Grazie con le suore e gli orfanelli travolti, la caserma dei Carabinieri con il capitano Antonio Pecora. Sant'Angelo dei Lombardi conterà 482 vittime, il prezzo più alto in vite tra tutti i centri colpiti in Campania e in Basilicata.



Il prezzo pagato all'infuriare della natura, ma non soltanto a questo. Perché con le costruzioni in pietra e tufo vennero giù anche i palazzi in cemento o pseudo tale. I magistrati Franco Roberti che diverrà Procuratore nazionale antimafia, cittadino onorario di Sant'Angelo dei Lombardi -, Ernesto Aghina e Carlo Barbuto sottrassero armadietti e fascicoli alle macerie, presero a indagare specie sui 21 morti provocati dalla disintegrazione di Palazzo Panorama, accertando la violazione delle più elementari norme edilizie. Mandarono a giudizio costruttori, tecnici e dirigenti del Genio Civile di Avellino, accusandoli di mancato controllo. Gli imputati furono assolti perché si ritenne che la gravità dell'evento sismico superasse la terminologia è di Roberti «gli esiti di quelle loro condotte».

Oggi piazza De Sanctis conserva la memoria di un tempo, «la memoria di pietra» come in un suo libro scrive Romualdo Marandino, già docente di Lettere e intellettuale impegnato. Quarant'anni dopo, Sant'Angelo dei Lombardi avrà pure perso l'aura di città per tristemente guadagnare l'etichetta di «capitale del terremoto»: ma se nella riedificazione avvenuta ha saputo tutelare i tratti identitari del borgo di un tempo una delle ragioni si trova proprio nella volontà di non rompere il filo della propria storia. Nel primo anniversario del 23 novembre qui Domenico Rea propose, con tutta la forza provocatoria di cui era capace, di abbattere tutto ciò che non era crollato per far sorgere un unico centro urbano in Alta Irpinia. Dalla platea si alzò una protesta a fatica trattenuta. Sant'Angelo aveva già scelto di ricostruirsi dov'era e com'era.

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«Dov'era e com'era»: cioè il motto di Antonio Iannello che divenne il programma amministrativo del Comune. Nella notte tra il 24 e il 25, al posto dello scomparso Castellano, venne eletta sindaco Rosanna Repole. Forte dell'esperienza maturata con il terremoto in Friuli nell'agosto del 1976 e della circostanza di essere la figlia del generale Repole, strinse un intenso rapporto con Giuseppe Zamberletti, commissario per l'emergenza. Potè opporsi alle ruspe dalla Germania che avevano l'ordine di ripulire alla cieca le aree, assieme a Marandino accolse i consigli di Antonio Massarelli, volontario bresciano esperto di restauro. Quando a Sant'Angelo dei Lombardi arrivò Antonio Iannello, architetto e urbanista napoletano animatore di Italia Nostra in Campania, con il responsabile dell'appena nata Soprintendenza ai Beni Architettonici e Artistici di Avellino, Mario Antonio De Cunzo, concordò la scelta di individuare Sant'Angelo come il luogo dove sperimentare il Progetto pilota per «il reinsediamento degli abitanti, delle attività artigiane, commerciali e culturali nel centro storico»: il Comune affidava il piano di recupero alla Soprintendenza con la possibilità già contenuta nella 219 - che i privati delegassero l'amministrazione per la realizzazione delle opere. A titolo gratuito.

Auspice ancora Massarelli, Repole e Marandino presero poi contatti con l'urbanista Leonardo Benevolo che a Brescia aveva operato, pensando di affidare a lui il nuovo piano regolatore. Non vi riuscirono e l'incarico andò a Corrado Beguinot: lo stesso autore dell'intervento a Conza della Campania dagli esiti decisamente opposti a quelli di Sant'Angelo. Possibile? «Sì, per il ruolo svolto dal Comune e per il controllo della popolazione», risponde Repole, sindaco fino al 1990 per ritornare tra il 1999 e il 2013. «Avremmo potuto fare di più. Benevolo ci suggerì grandi idee e soprattutto era svanito, perché ostacolato da certa politica, il progetto di un Villaggio-laboratorio dei Beni culturali al Goleto», il rammarico di Romualdo Marandino.
 

 


Il sindaco attuale è il figlio, Marco, che la notte del 23 novembre nel crollo della casa di via San Rocco fu salvato dal corpo del nonno Ernesto.

Oggi gli abitanti superano di poco i quattromila. Dal 2013 il Tribunale è stato chiuso, smantellati anche gli uffici finanziari, restano l'ospedale, le scuole e il carcere. Allo stabilimento della Ferrero, previsto dal piano di sviluppo della legge 219 nell'area della Porrara, lavorano in più di 400 dall'intera Irpinia. «Ma serve qualcos'altro per dare una prospettiva ai giovani. dice . Altrimenti anche una comunità come la nostra finirà per sfilacciarsi definitivamente e sarà consegnata all'egoismo».

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