Il segreto dei Pitagorici, riga e compasso per costruire Nea-Polis

Un preciso disegno dietro l'atto di fondazione della città nuova

Spaccanapoli
Spaccanapoli
Domenica 4 Febbraio 2024, 10:37
6 Minuti di Lettura

«O studianti, studiate le matematiche, e non edificate senza fondamenti» (Leonardo da Vinci).


* * *


Abbiamo visto, alla fine della puntata precedente de L'Uovo di Virgilio, come alla base dell'impianto urbanistico della Napoli greca vi fosse un preciso disegno geometrico di ispirazione "Jonico-Pitagorica". Un modello di "città ideale" che rivivrà, molto tempo dopo, negli studi del grande architetto Vitruvio. Anche il progetto di ampliamento della città voluto da Alfonso d'Aragona, nel periodo rinascimentale, si basava sul modello greco-romano. Quel progetto prevedeva il prolungamento della maglia di cardi e decumani, secondo un modello pitagorico di città sacra che doveva rappresentare la proiezione sulla terra dell'ordine dell'universo. Solo la fine del dominio aragonese ha impedito la realizzazione del piano di ampliamento. Se Vitruvio si ispirò al tracciato della Napoli greco-romana per il suo modello di città ideale è perché Neapolis, a sua volta, rispondeva a un'ideale di perfezione geometrica.

Napoli conserva immutate, da oltre due millenni, le tracce del disegno matematico e filosofico dei suoi antichi urbanisti. Il nucleo originario di Neapolis appare come un palinsesto prezioso, un documento di pietra attraverso cui leggere le tracce di questo disegno. E il tema della «permanenza del disegno» della città greca è al centro di un volume recentemente pubblicato da ArteM, a cura di Alfredo Buccaro, docente di storia dell'architettura presso la Federico II, Alfonso Mele, professore emerito di storia greca presso la Federico II, e Teresa Tauro, architetto, che ha lavorato a lungo nei siti archeologici del Duomo, di Sant'Aniello a Caponapoli, di Santa Chiara e tanti altri, nonché autrice del libro Napoli greca, alla scoperta della città antica (edizioni Intra Moenia) di cui ci siamo già occupati la scorsa settimana.

Una Neapolis (città nuova) distinta da Parthenope (città vecchia) non nasce compiutamente prima degli inizi del V secolo a.C, osserva Alfonso Mele, e non debutta sulla scena internazionale prima del 452 a.C., data dell'arrivo di Diotimo e della flotta ateniese.

La città è quindi urbanisticamente nata avendo alle spalle la geometria e la filosofia della Natura di Talete e dei Presocratici e accanto a sé i suoi più moderni continuatori, Senofane, Pitagora e il primo Pitagorismo. Scrive ancora la Tauro nel suo studio dedicato alla Napoli greca: «Il clima in cui si sono mossi i fondatori di Neapolis è quello della fine del VI e della prima metà del V secolo avanti Cristo, ed è ad esso che bisogna quindi guardare per individuarne le linee guida. In quel secolo Aristofane ci ricorda che non si può mettere mano a un piano urbanistico senza ricorrere a Telete e altresì, più tardi, Hippodamo di Mileto ci ricorda che non si può farlo prescindendo dalle acquisizioni e dalla cosmologia del secondo Pitagorismo». Nello schema della città si possono dunque riconoscere le linee portanti di una visione che, come nella Grecità orientale, così in quella occidentale, vede la vita del mondo unitariamente regolata dagli dei, dal sole, dal vento e dagli astri. «E si propone come fine - prosegue l'autrice - di organizzare e regolare la comunità adeguandola all'ordine divino della Natura».

* * *
Ma le sorprese non finiscono qui. Ancora perfettamente rintracciabile, nel reticolo ortogonale del centro antico di Napoli, è un quadrato centrale di circa 390 metri, con al centro il Tempio dei Dioscuri (Castore e Pollice) localizzato dove ora è la basilica di San Paolo Maggiore in piazza San Gaetano. Questo quadrato, impresso materialmente nella geografia cittadina, è a sua volta inscritto in un cerchio, non solo ideale ma anche reale, dal momento che corrisponde all'antica cinta muraria della città. Cinta di cui restano, sparse qua e là, numerose tracce, come quelle ancora visibili presso le rampe Maria Longo, dietro piazza Cavour: antiche mura sbrecciate che cercano di sopravvivere all'incuria, all'abbandono e all'assalto delle moderne costruzioni.
Del tempio di Castore e Polluce, di età romana, restano solo due colonne visibili sul pronao della chiesa di San Paolo Maggiore, e dell'età greca non resta che una parte del basamento inglobato nelle fondamenta della chiesa, non visibile. Ma chi erano Castore e Polluce? Due gemelli nati dal mito. Si narra che Zeus, in forma di cigno, li avesse generati con Leda, sposa dello spartano Tindaro. «I Dioscuri, il cui nome significa figli di Zeus (Dios Kouroi) nacquero dunque, insieme alla loro sorella Elena, da un Uovo» (Sigfrido Höbel, Misteri Partenopei). Il culto dei Dioscuri - i due fratelli di straordinaria bellezza costretti a vivere e morire a giorni alterni - è tra i più antichi della città. Nata a Sparta, la leggenda dei Divini Gemelli si diffuse rapidamente in tutta la Magna Grecia. Al pari del culto di Apollo e di Demetra Attica, quello di Castore e Polluce fu tra i più diffusi tra gli abitanti di Neapolis, e potrebbe essere legato ai più antichi miti di fondazione della città. Nell'Italia meridionale i due eroi venivano venerati soprattutto come protettori dei naviganti.


* * *


Passeggiando per la Napoli Greca, un luogo più di altri ci permette di viaggiare nel tempo, alla scoperta dei padri fondatori e dei loro riti. È la stazione Duomo del metrò, in piazza Nicola Amore, già definita la stazione-museo più bella del mondo proprio perché offrirà ai passeggeri (quando sarà ultimata) la possibilità di ammirare i tesori del passato ritrovati nel sottosuolo. In età greca qui ci troviamo fuori le mura di Neapolis, sulla fascia costiera sabbiosa che poi a mano a mano, nei secoli successivi, è arretrata. Anche se lo stato della ricerca non consente ancora di dare risposte definitive, gli studiosi sono concordi nell'ipotizzare che qui sorgesse un luogo di culto dedicato a Partenope, più esattamente nel luogo dove si svolgevano le gare più famose della Napoli greca: le corse lampadiche. È lo stesso sito dove l'imperatore Augusto, nel I secolo dopo Cristo, fece edificare un nuovo tempio (romano) che accolse i famosi Giochi Isolimpici.

 

* * *

 

In definitiva, nello schema urbano della città antica sono riconoscibili le linee portanti di una visione filosofico-matematica basata sulle conoscenze degli urbanisti e degli architetti dell'epoca, che spaziavano dalla geometria alla medicina, dall'astronomia alla cosmologia. C'è forse un Dio - si chiedevano i grandi filosofi del passato - che ha dato forma alla materia del mondo secondo concetti matematici? Platone fece scrivere all'ingresso della sua Accademia: «Non entri qui chi non conosce la gometria!». Anche gli urbanisti dell'antica Neapolis erano persuasi che filosofia, astronomia, geometria ed aritmetica dovessero concorrere a edificare le pietre della città. Una città che perfetta non è, e tantomeno "ideale", come pensava Vitruvio, ma che ancora oggi conserva, nelle sue pietre, l'antica sapienza dei filosofi greci. In quelle pietre c'è la nostra memoria, non trattiamole male.

(2/fine. La precedente puntata è stata pubblicata il 28 gennaio)
 

© RIPRODUZIONE RISERVATA