Operazione Posidonia, un'avventura nel mare di Posillipo magica

Una missione nelle acque del mito

Posidonia nelle acque di Posillipo
Posidonia nelle acque di Posillipo
Domenica 9 Luglio 2023, 12:52 - Ultimo agg. 10 Luglio, 09:57
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«Conosco delle barche che restano nel porto per paura
che le correnti le trascinino via con troppa violenza
Conosco delle barche che arrugginiscono in porto
per non aver mai rischiato una vela fuori»
(Jacques Brel)

* * *

Se Napoli è città di miti e leggende, è Pausilypon - con la sua antica dimora imperiale, le sue grotte di tufo spalancate sul mare e i suoi tesori sommersi - la porta d'ingresso nel mito e nella leggenda. La storia di Pausilypon (dal greco antico: tregua dal dolore) con la villa di Vedio Pollione che ha dato il nome all'intera collina, ci riporta indietro ai tempi di Augusto, ma anche alle origini di una leggenda maledetta, che risalirebbe addirittura alla fine del paganesimo, quando tra gli scogli della Gaiola e la baia di Trentaremi esisteva un tempio dedicato ad Afrodite Euplea, protettrice dei naviganti che doppiavano il Capo.

Un angolo di paradiso che i cristiani avrebbero profanato scatenando l'ira della stessa dea, che da allora vieterebbe agli uomini un'esistenza tranquilla. E forse non è un caso che il grande poeta Virgilio abbia scelto proprio questi luoghi, questi scogli, per insegnare le arti magiche ai suoi discepoli.

Ma Pausilypon non è solo terra di miti e leggende. È anche luogo di straordinari fondali marini che, da oltre dieci anni, i biologi dell'Area Marina Protetta della Gaiola continuano a mappare e monitorare per acquisire tutte le informazioni necessarie alla tutela e alla conservazione delle preziose comunità biologiche che popolano la zona.

Uno straordinario mosaico di biodiversità. Grazie agli studi condotti nelle acque dove il perfido Vedio Pollione coltivava le murene (dando loro in pasto, come raccontava Tacito, gli schiavi maldestri del padrone di casa) oggi sappiamo che i fondali della Gaiola ospitano ben 15 differenti "comunità" marine, un vero crogiuolo di forme di vita in appena 42 ettari di mare, che rispecchia l'estrema eterogeneità e complessità di questi fondali dove si passa dai resti sommersi della villa marittima di Pollione, che caratterizzano il paesaggio subacqueo dei primi metri più superficiali, alle profondità del grande banco della Cavallara.
A questo mosaico manca, però, un tassello importante: la Posidonia oceanica.

Ed è proprio con l'obiettivo di riportare la Posidonia sui fondali di Posillipo che è partita nei giorni scorsi la missione più importante tra quelle fin qui intraprese dai biologi marini del Parco Sommerso della Gaiola.

La Posidonia oceanica è una pianta endemica del Mediterraneo, che forma grandi "praterie" sui fondali sabbiosi, rappresentando un habitat prioritario, un vero scrigno di biodiversità in grado di ospitare circa il 20-25% di tutte le specie presenti nel mare nostrum. Oltre all'importanza biologica come vera e propria «area di nursery» per l'ecosistema marino, la Posidonia riveste un ruolo fondamentale anche come polmone del Mediterraneo, perché è in grado di sequestrare grandi quantità di CO2 e produrre circa 20 litri di ossigeno al giorno per metro quadro.

Un tempo questa importante pianta marina ricopriva tutti i fondali sabbiosi di Posillipo fino a circa trenta metri di profondità. Una vasta "prateria" che si estendeva lungo l'intero litorale di Posillipo. Purtroppo negli ultimi decenni questo grande polmone verde ha subito un'enorme rarefazione, fino a scomparire, gradualmente, dalla costa cittadina. All'origine di questo depauperamento vi sono molteplici cause: dalla pesca a strascico sotto costa fino all'aumento smisurato dell'attività diportistica e degli ancoraggi. Ma la causa più rilevante, spiegano i biologi marini del Parco sommerso, è da addebitarsi all'intorbidamento delle acque costiere dei decenni passati. In pratica «l'enorme e caotica espansione urbana degli anni 50-70, non seguita da un adeguato riassetto e regimentazione degli scarichi fognari, ha inciso pesantemente sulla trasparenza e sulla qualità delle acque costiere cittadine, riducendo drasticamente la capacità di penetrazione sui fondali dei raggi solari fondamentali per i vitali processi fotosintetici di queste piante marine».
Basti pensare che fino agli anni 90 venivano immessi in mare, nella zona di Coroglio, a pelo libero, gli scarichi fognari dell'intero settore occidentale della città attraverso la cosiddetta arena Sant'Antonio, un'antica fiumara poi trasformata in collettore fognario con l'espansione urbana nella piana di Fuorigrotta e Bagnoli.

Negli ultimi vent'anni, grazie all'istituzione dell'Area Marina Protetta Parco Sommerso di Gaiola, le cose sono andate decisamente meglio, con la riduzione degli ancoraggi e della pesca a strascico a cui si sono aggiunti alcuni interventi effettuati sulla rete fognaria cittadina, come la realizzazione dell'impianto di sollevamento e trattamento primario delle acque reflue di Coroglio, che, se pur non pienamente risolutivi, hanno radicalmente cambiato le condizioni di limpidezza delle acque lungo la costa.

Così è potuta partire l'operazione Posidonia. Un progetto ambizioso - e visionario - che nasce dopo anni di studi e una lunga mappatura dei fondali. Lunedì scorso è iniziata l'attività sperimentale con l'obiettivo di restaurare l'antica "prateria" di Posidonia oceanica presente sui fondali del Parco e mitigare l'impatto di attività antropiche sulle zone limitrofe della costa flegrea. Il progetto prevede di reimpiantare la Posidonia oceanica, mappe alla mano, nei fondali dove già era presente in passato, prima che la mano dell'uomo stravolgesse l'ecosistema attraverso gli ancoraggi e le reti a strascico. Partner del progetto sarà l'Area marina protetta Regno di Nettuno: qui verranno raccolti i ciuffi di Posidonia da ripiantare alla Gaiola. Oltre all'importanza scientifica ed ecologica, il progetto vede quindi anche realizzarsi una concreta collaborazione tra aree marine protette del Golfo, sempre più necessaria per salvare l'immenso patrimonio biologico e culturale del nostro mare.

Naturalmente, come sottolinea lo stesso direttore del Parco Sommerso di Gaiola, Maurizio Simeone, «si tratta per adesso di un progetto sperimentale volto a verificare su piccole porzioni di fondale, diversificate anche per esposizione e profondità, la tecnica di reimpianto più efficacie in modo da poter avere dei dati scientifici reali e significativi per valutarne la riuscita e la fattibilità a più larga scala. Questo è un passo importante di un sogno iniziato molti anni fa, inutile sottolineare cosa significherebbe in futuro poter rivedere praterie di Posidonia oceanica crescere sui fondali di Posillipo, ma non bisogna lasciarsi andare a prematuri entusiasmi, è necessario continuare ad avere un serio approccio scientifico come fatto finora».

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Ma la strada è tracciata. È importante sottolineare cosa rappresenterebbe un giorno il ritorno della Posidonia oceanica sulle coste cittadine, sia come elemento di vivificazione dell'ecosistema marino, sia come ripopolamento ittico e quindi anche fattore di rilancio della piccola pesca artigianale costiera cittadina. Accanto ai ricercatori del Parco Sommerso di Gaiola, nel progetto di ricerca vi sono gli operatori tecnici subacquei dell'International School for Scientific Diving, coordinati da Stefano Acunto, con una solida esperienza in questa tipologia di attività subacquee già svolte in diverse aree costiere italiane come l'Isola d'Elba e la Sardegna. Mare nostrum ringrazia, nella speranza che la mano dell'uomo non continui a ciaccare quello che la scienza cerca di riparare.

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