Banca hackerata a Salerno,
chiesto il processo per sei persone

Banca hackerata a Salerno, chiesto il processo per sei persone
di Nicola Sorrentino
Mercoledì 16 Febbraio 2022, 06:00 - Ultimo agg. 21:42
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È accusato di aver intercettato le comunicazioni tra i clienti di banche, società di investimenti e fondi pensione, per spostare migliaia di euro su propri conti correnti. Un 31enne di Pagani, insieme ad altre 5 persone, rischia di finire a processo al termine di un’indagine della polizia postale di Salerno. La Procura ha chiesto il rinvio a giudizio per sei persone: tra queste c’è M.A. , 31enne di Pagani, considerato hacker di un sistema truffaldino, con la complicità di A.M. , 41 anni, ritenuto complice e impegnato ad aprire conti correnti sui quali far confluire i soldi. Insieme a loro due, rischiano il giudizio altre quattro persone, tra le quali c’è il titolare di una sala scommesse accusato di riciclaggio. Stando alle accuse, avrebbe permesso il deposito di soldi provenienti dalle varie truffe, per impedire di identificarne la provenienza. Lo stesso avrebbero fatto altre tre persone, in ragione del possesso di alcune carte postepay dove sarebbero finiti parte dei soldi legati alle truffe. L’udienza preliminare è fissata per il 9 marzo. Sarà il gip, dopo aver valutato le accuse, a decidere o meno per il processo. 

Sono oltre 30 i capi d’accusa, con reati quali accesso abusivo a sistema informatico, truffa, intercettazione fraudolenta, falsificazione di comunicazione e riciclaggio.

I due principali imputati, l’hacker e complice, avrebbero messo in piedi un meccanismo con il quale il primo violava e alterava i sistemi telematici protetti e i meccanismi di funzionamento delle caselle di posta elettronica certificata di istituti di credito, ma anche di soggetti giuridici di natura privata, coinvolti in transazioni economiche. Lo scopo era «dirottare» i soldi su propri conti correnti, aperti invece da A.M. I fatti vanno dal 2019 ai primi mesi del 2021. La somma accumulata attraverso varie operazioni ammonta a circa 1 milione e 400mila euro. Molti tentativi andarono a vuoto, grazie ai sistemi di sicurezza degli enti colpiti. L’inchiesta ebbe origine dalla denuncia di un gruppo bancario di Verona, che segnalò plurimi accessi mirati a intercettare le comunicazioni intrattenute a mezzo mail con i clienti, di cui veniva alterato il contenuto con riferimento all’Iban su cui inoltrare i pagamenti. In questo modo chi leggeva la mail, credendo fosse la banca, pagava in buona fede. Come avvenne per una donna debitrice di un fondo pensione, che pagò 26mila euro indirizzando i soldi ad un Iban che non era quello dell’ente interessato. C’è poi il caso del Politecnico di Torino: M.A. avrebbe avuto accesso al sistema telematico di una società a capitale interamente pubblico della Regione Piemonte, specializzata in finanziamenti ad imprese ed enti. Reimpostò la password della casella di posta certificata, dalla quale invitò poi l’istituto ad eseguire un bonifico di circa 366mila euro.

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